Passiamo a un tasto dolente: il cibo. Ammetto onestamente che non
abbiamo provato praticamente niente di indigeno, contrariamente al
solito. Il motivo è presto detto: di giorno il tempo era splendido e
quindi mangiavamo sempre nei parchi comprando panini, yogurt, paste
ecc, mentre la sera vicino al nostro ostello c’era un ristorante di
sushi che spaccava e quindi tre cene su quattro le abbiamo consumate
lì. La quarta è stata una cena purificante a base di insalata verde,
pane ai mille cereali e gorgonzola (vedi commento sulla
colazione nel primo post svedese) consumata nella sala da pranzo dell’ostello. Siamo dei
turisti degeneri ma ci piace così.
Torniamo alla città (escludendo
il centro storico): pur essendo piena di casermoni brutti brutti,
hanno talmente tanto verde (parchi, giardinetti tra gli edifici ecc)
che riescono a ingentilire anche quegli orridi mostrazzi. In più i
balconi e le finestre sono spesso decorati e traboccano di piante. I
parchi sono pieni di minuscole casette tipo Hansel e Gretel, circondate
dalla tipica staccionata di legno, sono le case per il fine settimana e
ce ne sono una marea sparse nelle aree verdi della città, ognuna
decorata e verniciata secondo il gusto dei proprietari.
Verso
sera frotte di podisti invadono i parchi armati di i-pod; la mattina e
il pomeriggio è invece pieno di bambini: ci sono quelli dell’asilo con
il loro giubbotti ad alta visibilità e quelli nel passeggino spinti dai
genitori/nonni (qui è pieno di uomini in giro coi figli piccoli col
passeggino e senza l’ombra delle mamme, ne abbiamo visti di ogni etnia e
gestivano anche quattro bambini da soli, ma quanto sono avanti?!)
Il
viaggio di ritorno è stato un po’ più movimentato. Inizio col dire che
la Ryanair a Rimini non è molto fiscale in fatto di bagaglio a mano, a
Stoccolma lo è invece molto di più e il personale fermava tutti
facendo mettere eventuali altre borse nel trolley per poi controllarne
il peso. Io avevo messo nel trolley le scarpe pesanti perché facevano
caldo ed erano un po’ scomode, senza pensare che avevo anche comprato
tre libri piuttosto pesanti, quindi ovviamente superavo il peso e mi
sono dovuta infilare in tasca macchina fotografica, guida ecc. facendo
la solita figura da italiana. Rico invece è stato fermato ai controlli
di sicurezza perché non capivano cosa fosse il sapone da barba nella
valigia, credevano fosse un grosso rossetto e quando ha detto che la
valigia era la sua l’hanno guardato un po’ perplessi.
Sull’aereo
abbiamo assistito a un paio di scene memorabili. Un ragazzino seduto nel
sedile in mezzo aveva bisogno di andare in bagno ma, dato che la
signora di fianco a lui dormiva , quel genio di suo padre (suppongo),
seduto nella fila davanti, ha tentato di sollevarlo di peso e farlo
passare da sopra i sedili, fallendo miseramente dato che il ragazzino in
questione non aveva certo le dimensioni di Cicciobello. La cosa si è
comunque risolta quando, durante l’ennesimo tentativo del padre, il
ragazzino ha mollato un calcio alla signora (speriamo per sbaglio).
Il
supposto padre si è nuovamente distinto al momento dell’atterraggio:
non avevamo ancora tutte le ruote appoggiate a terra e questo si era già
alzato e aveva aperto la cappelliera per prendere il giubbotto. La
hostess al microfono era parecchio incazzata ma da brava hostess tentava
di mascherarlo. Alla fine, dopo che tutti i suoi compari l’hanno
infamato intimandogli di sedersi, lui, seppur controvoglia, ha ceduto,
salvo poi alzarsi di nuovo per infilarsi il giaccone mentre l’aereo
ancora si muoveva. Preciso che ci saranno stati 25 gradi in cabina
quindi lo sa il Signore a cosa gli servisse il giaccone.
Alla fine
siamo riusciti a scendere dall’aereo per poi essere costreti a salire
sul tram per fare i cinquanta metri che ci separavano dall’ingresso del
terminal; ovviamente il mezzo ha aspettato che scendessimo tutti ma
proprio tutti e, inspiegabilmente, ha continuato ad aspettare anche
dopo. Noi ci si guardava intorno perplessi finché dall’aereo è uscita
una hostess seguita…dal nostro ineffabile uomo con giaccone e dal
figlio: erano ancora dentro l’aereo.
Va là che un mese in miniera a quei due...
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