Partendo dal basso iniziamo a setacciare il paese alla ricerca del gruppo in questione ma la fortuna ci irride: ci sono tre band che suonano in tre punti diversi ma di quella che cerchiamo noi neppure l’ombra. Continuiamo a salire sempre più in alto e io inizio a preoccuparmi, tra un po’ il paese finisce, resta solo il cielo. Fortunatamente la Ste conosce il mondo e, mentre sostiamo perplesse di fronte al terzo palco, incontra degli amici da cui scopriamo che quelli che cerchiamo suoneranno a fine serata, verso le 23.45, lasciando poi il palco per la conclusione a un altro gruppo. Il concerto si terrà all’interno di un edificio proprio in cima al paese. ALL’INTERNO? MA CI SONO 35 GRADI!!
Decidiamo di raggiungere l’edificio nella speranza di trovarvi il gruppo e riuscire a parlare con sta benedetta cantante, per poi ovviamente tagliare la corda. E invece anche qui picche, la frontwoman (che pare sia influenzata) si è rintanata in camerino e non ha nessuna intenzione di uscire prima dello spettacolo, almeno stando a quello che ci dicono. Tutto sembra cospirare per costringerci a rimanere fino alla fine (non so se sarà la fine del concerto o la nostra). Mi consolo con una coca ghiacciata e inganniamo l’attesa facendo due chiacchiere con un paio di amici; quando entriamo in sala, il concerto è già iniziato ed è pieno di gente, il caldo ve lo potete immaginare. Individuo due sedie libere a metà sala e non ho dubbi: mi siedo dicendo alla Ste che lei vada pure davanti, io sono stanca morta e tanto il concerto di questo gruppo l’ho già visto, meglio dare un po’ di respiro alla schiena (che vecchiaia). L’Albertini avanza verso le prime file, salvo poi tornare a sedersi di fianco a me, non so se per farmi compagnia o perché anche lei accusa stanchezza. Guardandoci intorno notiamo un altro paio di sedie più avanti e ci buttiamo. Adesso siamo a due metri dai musicisti e spostandoci un po’ lateralmente riusciamo a vedere quasi tutto; o almeno ci riesco io, la Ste infatti è ostacolata da una tipa in piedi che ostruisce il campo e oltretutto balla totalmente fuori tempo rispetto alla musica, se la fissi troppo a lungo ti sbalestra. Mi fa quasi rimpiangere il gigino in maglietta rossa che era alla Rocca a Cesena, anche lui verticale ma perlomeno statico (vedi Il mio regno per il figlio di un vetraio). Ormai il concerto è in pieno svolgimento e, compresse tra queste quattro pareti, le urla della cantante fanno francamente paura; è a questo punto, proprio a questo punto, che parte la macchina del fumo. La macchina del fumo in uno stanzone dove si fa già fatica a respirare. MA SIAMO IMPAZZITI!!!! Mentre sono lì che m’indigno contro quella macchina di morte, l’occhio mi cade su una tizia che con la massima tranquillità si sta rullando una sigaretta, sigaretta che poi si accenderà, sempre senza fare una piega. E non è mica l’unica! Le fa compagnia un nutrito numero di soggetti che infestano l’area. OOOOOOOO!!!! Sarà che con l’aumento dell’altitudine si rarefanno anche i neuroni. Oppure da queste parti offrono incentivi per la lobotomia.
Esamino le pareti alla ricerca di un allarme antincendio, sarebbe il massimo che scattasse e arrivassero i pompieri. Andrebbe bene anche una bella retata, non sono mai stata in una retata. Ma dove diavolo sono finiti quei nuguli di vigili che piombano sulla Rocca ogni volta che c’è un concerto? Saranno mica tutti in ferie! Purtroppo di allarmi antincendio neanche l’ombra e, quando lo faccio presente alla Ste, lei mi fa notare che non sono neppure accesi i segnali per le uscite di sicurezza. Mi viene in mente che, se per caso uno dei fari sopra il palco cade e nel buio fumoso si scatena il panico, rischio di morire calpestata dalla folla impazzita. Urge piano B, mi rifiuto categoricamente di crepare al concerto degli urlatori folli solo per colpa di una manica di cerebrolesi nicotinomani che non possono fare dieci metri per andare a fumare fuori. C’è una finestra aperta proprio dietro al palco, bene, se succede qualcosa io salto sul palco, scavalco la cantante (non è difficile) e mi butto a volo d’angelo dalla finestra. Sottopongo il piano all’Albertini-approvazione ma lei obietta che, per quanto ne possiamo sapere noi, al di là della finestra potrebbe esserci benissimo un baratro o un deposito di vetri. Ed è qui che calo l’asso di briscola: avendo davanti la donna tronco tarantolata, lei non può vedere le tre persone che stanno assistendo al concerto affacciate proprio a quella finestra; tutto sistemato, se cadiamo, cadiamo sul morbido. Vedendomi alquanto turbata, la Ste mi rassicura dicendo che a breve dovrebbero concludere e lasciare il posto all’altro gruppo, si tratta di portare pazienza ancora per un po’. L’avverso destino però non è ancora soddisfatto (sto stronzo) quindi quando finalmente arriva il momento del cambio di gruppo (si nota dal fatto che gli altri musicisti sono già tutti lì in attesa), da sopra il palco non si muove nessuno e la cantante continua imperterrita con le sue urla belluine, senza curarsi minimamente dei colleghi. I quali colleghi, con il passare del tempo, hanno facce sempre più annuvolate. Finalmente qualcosa sembra smuoversi, c’è un cambio alla batteria e il cantante del nuovo gruppo improvvisa un duetto con il batterista del vecchio, peccato però che l’altra cantante sia ancora lì e sembri non avere la minima intenzione di schiodarsi. Si arriva a un momento surreale in cui il tastierista sale sul palco in mezzo a un assolo e inizia a montare i suoi strumenti mentre il pezzo si stiracchia sempre più, perdendo qualsiasi senso. A quel punto dico alla Ste che io non ne posso più, ho bisogno d’aria; lei concorda e ci alziamo. E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Temporeggiamo per un po’ prendendo il “fresco”, poi dei rumori ci illudono e rientriamo convinte che il concerto sia finito. Errore, la cantante è ancora tenacemente ancorata al palco, come una cozza al suo scoglio, e fa degli urli che ti si coagula il sangue. Sopra di lei vedo un cartello al neon, dice ERRARE È UMANO, PERSEVERARE È DA DEFICIENTI. Per una volta ascoltiamo il monito divino e abbandoniamo il campo di battaglia. Per darvi un’idea del mio stato d’animo posso dirvi che, passando di fianco a un chiosco che friggeva dorate e croccantose patatine, non ho avuto neppure un attimo di esitazione, l’ho ignorato puntando a testa bassa verso la macchina.
Sono ormai le due di notte e in piazza il termometro segna 29°, non voglio immaginare la temperatura lassù nel camerone della morte.
All’improvviso casa mia è il posto più bello del mondo.
Questo articolo è stato scritto per la rubrica l'Angolo dell'Estrema Riluttanza su stonehand.it: http://www.stonehand.it/wordpress/?cat=271
Io non avrei voluto essere presente per vedere Estrema Riluttanza che passa davanti alle patatine senza fermarsi...sono scene che preferisco non avere in memoria.
RispondiEliminaEstrema che tira dritto davanti a un chiosco di patatine?? Ci credo solo dietro presentazione di documentazione fotografica autenticata dal notaio!!
RispondiEliminaL'Albertini può testimoniare, chiaramente ero fuori di me. Solo a ripensarci...
RispondiEliminaL'Albertini non è testimone attendibile...con quel che mangia ultimamente... ... ...
RispondiEliminaEstrema Riluttanza... sono assolutamente affascinata e incredula! Sono morta dal ridere leggendo il tuo racconto e ammirata dalla tua eccellente capacità espositiva e di sintesi... un delicato movimento in sospeso fra scrittura e poesia. Complimenti, davvero! In quest'alba in cui non riuscivo a dormire ti ho scoperta per caso cercando immagini sulle stelle... e le stelle mi hanno portata da te, mi sento molto fortunata!
RispondiEliminaGrazie, è sempre bello sapere che qualcuno là fuori combatte l'insonnia a suon di risa e con estrema riluttanza.
RispondiEliminaTorna a trovarmi, qua è sempre aperto!
:)