martedì 18 settembre 2012

Lacrime contemporanee in una residenza d'epoca

Sono appena tornata in camera dopo uno di quei pranzi di rappresentanza che sembrano non finire mai, pare che avrò un paio d'ore d'inattesa pausa e ho intenzione di godermele tutte. Sono in uno di quei posti con arredamento d'epoca e come sempre mi diverte notare le assurdità della decorazione d'interni. Facciamo un esempio: in bagno c'è un cartellino in quattro lingue che ti suggerisce utili accorgimenti x risparmiare acqua (chiudere l'acqua mentre ti lavi i denti, t'insaponi ecc) e il cartello si trova proprio accanto ai rubinetti old style (rigorosamente dorati e separati, senza miscelatore) che ti costringono a sprecare ettolitri d'acqua per trovare una temperatura che ti permetta di farti un bidè senza bollirti le pudenda.
Le cose non si mettono meglio nella doccia che ha un pomello degno del Nautilus (vedi foto) col quale ovviamente l'ustione è inevitabile (non riuscendo a capire quale delle leve aprisse l'acqua e quale fosse quella del caldo/freddo ho girato la prima a caso e mi son beccata una doccia gelata).
Nel caso poi, da vera debosciata, volessi stenderti sul letto e guardare la televisione, questo orrore moderno è astutamente  nascosto in una credenza lignea per non inquinare l'atmosfera old style di cui sopra; peccato che, date le limitazioni spaziali imposte dal mobile, sia una tv bonsai (anche un po' old style, per la verità) che dal tuo letto, laggiù lontano, riesci a vedere soltanto strizzando gli occhi e accelerando quindi la formazione delle zampe di gallina intorno agli occhi, diventando anche tu, a tua volta, un po' più old style.
Ammetto però che, nonostante queste piccole pecche, la camera è bella e spaziosa, il letto comodo ecc ecc. per cui ringrazi il cielo (si son viste cose molto brutte negli anni) e sei felice.
Poi però ti telefona l'Elena che è appena entrata nella sua camera e ti dice che l'hanno messa all'ultimo piano in una camera meravigliosa col soffito con le travi a vista (scopriremo in seguito che trattasi della junior suite); all'inizio la descrizione non ti colpisce più di tanto, sì ha la cabina armadio ma tanto in valigia hai tre vestiti in croce, non è fondamentale, sì c'è la doccia separata dalla vasca e quindi non rischia di scivolare sul pavimento inclinato della vasca mentre fa la doccia ma tanto farai solo un paio di docce, puoi sopravvivere. E' solo quando ti rivela che in camera ha il bollitore, con tazze e selezione di tè diversi, che proprio non riesci a trattenere un singhiozzo e la immagini con invidia mentre sorbisce un tè seduta in poltrona. La cosa diventa ancora più drammatica quando la raggiungi in camera sua e scopri che ha due finestre che danno sul giardino e la puoi quasi vedere, seduta davanti alla finestra con la tazzina in mano e un raggio di sole che la illumina.
Fortunatamente, proprio quando sei sul punto di scopppiare in singhiozzi di fronte alla matrignità della Vita, ti torna in mente quell'albergo di Como in cui sei finita in una sera d'autunno, quello col lettino di metallo da vacanza in colonia e la sopracoperta arancione col buco, quello in cui la porta d'ingresso della stanza era a tutti gli effetti una porta antipanico.
Con quella stanza ancora viva in mente ti guardi intorno e lo devi ammettere: qua è tutto grasso che cola, in fondo anche la Vita potrà avere le sue favorite, no?

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