venerdì 7 settembre 2012

Zeppa, zeppa delle mie brame

L'altra sera ho deciso di vivere pericolosamente e mi son messa le zeppe. Badate, non un paio di zeppe da qualche centimetro, stavolta ho calato l'asso di briscola con un paio di zeppe da 10 cm, per giunta rosse.
Tutto è nato da una battuta di Rico sul fatto che ho la scarpiera piena di zeppe altissime che non metto praticamente mai da cui si evince che a me le zeppe piace solo guardarle; devo ammettere che la scarpa in sè mi attrae per cui la compro (solo e rigorosamente zeppa, il tacco a spillo non lo prendo neanche in considerazione), poi però misteriosamente non trovo mai occasione per metterla e la poverina si ritrova sola e abbandonata nella scarpiera, dove l'unica consolazione le deriva dalla compagnia di altre zeppe nella stessa, tristissima situazione.
Il fatto è che, per dire pane al pane e vino al vino, i tacchi sono maledettamente scomodi (quelle che sostengono il contrario sono le stesse secondo cui il perizoma - notoriamente un filo in mezzo alle chiappe - è molto comodo), per cui trovo sempre un paio di sandali alternativi che, guarda caso, vanno a pennello con quello che indosso.
Quella sera avevamo in programma una mangiata di pizza in collina e, potendo prevedere che un 80% del tempo l'avrei passato seduta, ho chiuso gli occhi e mi sono buttata.
La mia cautela nell'utilizzo di queste protesi è dovuta a un trauma giovanile, un matrimonio di tanti anni fa per il quale commisi l'errore madornale di indossare delle scarpe con un tacco stellare, nonostante dovessi stare fuori tutto il giorno. Era ormai sera inoltrata, c'era musica molto bella e tutti ballavano divertendosi da matti, tutti tranne la sottoscritta i cui piedi, dopo ore e ore sulle punte, versavano in condizioni disperate. Ricordo perfettamente la frustrazione (e il male ai piedi); da quel momento ho deciso che non mi sarei più auto-sabotata, riservando gli infernali trampoli alle uscite superbrevi.

Una volta calzati i grattacieli (fortunatamente tengo le scarpe in garage, stesso piano della  macchina) ho controllato di non aver dimenticato nulla (chiavi, portafogli ecc, di sopra con quei cosi non si poteva tornare) e sono uscita. Inevitabilmente, una volta aperta la portiera e sbattuti sul sedile borsa e maglia, mi è tornato in mente il fumetto di Orgoglio e pregiudizio che la Clodia mi aveva prestato e che da DUE mesi mi ripromettevo di restituirle. Senso di colpa a valanghe, dovevo tornare a prenderlo. Mi sono girata per correre a recuperarlo, ricordandomi appena in tempo della zeppatura e optando quindi per una serie di passi timidi timidi fino al piano di sopra. L'andata si è conclusa senza incidenti, il vero scoglio è stato la discesa dal primo piano. Il ricordo/trauma della mia recente caduta dalle scale era ancora fresco (un roba brutta, livido lì di dietro per più di due settimane, per fortuna svanito prima della scadenza dell'IMU, altrimenti rischiavo di dover pagare qualcosa), per cui sono scesa tenendomi fermamente al corrimano; il look era un po' da ottuagenaria con protesi all'anca, però sono arrivata giù intera che è quello che conta.
Altro problema non da poco è stato guidare con un piede rialzato di dieci cm: non hai le misure quindi o dai di gas come quelli di Hazzard, oppure la macchina sobbalza un po' e rischia di spegnersi. Mi mancava solo la P sul lunotto posteriore, che due balle.
Ovviamente, il mio look ha destato un certo qual numero di commenti, commenti che si sono fermati a un passo dal popolare la s'è cavèda d'int i straz e solo perché ho degli amici compassionevoli.
Conclusa la cena, mentre la Clodia e Paul (d'ora in poi Tommasoni) tornavano a casa con la nipote cinquenne che aveva sonno, la macchina contenente Mohuro, l'Ale, l'Elisa e Lorenzo ha proposto di andare a bere qualcosa al chiosco; il primo pensiero è stato dovrò parcheggiare a casa di dio e poi farmela a piedi su sti cosi! Seguito a ruota da Vabbè, ho fatto trenta, facciamo trentuno.
In realtà è andata meglio del previsto e in cinque minuti di cammino ero già a destinazione; una volta al chiosco siamo riusciti ad accaparrarci un tavolo e sederci a riposare le stanche membra (podo-gioia); di lì in poi, adottando qualche semplice precauzione (niente cambi bruschi di direzione, mai stare in equilibrio su un piede solo, ecc.) sono riuscita a concludere la serata rimanendo verticale.

L'esperienza è stata un po' stressante ma anche divertente (l'altitudine fa strani scherzi) e mi ha fatto riflettere; mi sono tornate in mente quelle donne tailandesi che si adornano il collo di spirali di metallo per farlo diventare più lungo, le cosiddette donne-giraffa. Ovviamente i tour operator organizzano delle escursioni per visitare i villaggi e fotografare queste donne e ricordo di aver letto commenti feroci da parte di chi sosteneva che non si doveva incoraggiare con il turismo quest'usanza barbara che metteva a rischio la salute delle donne.
Inevitabile il paragone con il racconto di una signora di mia conoscenza che anni fa prese appuntamento con l'ortopedico il quale, dopo averla visitata (non ricordo se il problema era il menisco o l'alluce valgo) commentò: "Ne ha portati di tacchi, vero?"
Paese che vai, usanze che trovi.
Mi è anche venuto il dubbio che forse avevamo ragione io e mia sorella quando alle elementari giocando con Barbie ci rendemmo conto che i suoi piedi non entravano mai bene nelle scarpine che compravamo e, dopo vari tentativi infruttuosi, optammo per una soluzione definitiva tagliandole le dita dei piedi. Magari non erano un gran bel vedere ma le scarpe calzavano che era un piacere! A distanza di qualche decennio, plaudo alla nostra lungimiranza, ho sentito che ci sono donne che si fanno accorciare le dita dei piedi perché così stanno meglio in sandali.

Qualche settimana fa ho letto un'intervista a un noto stilista di scarpe il quale sosteneva che agli uomini piacciono le donne sui tacchi perché danno la sensazione di essere sempre sul punto di cadere, sembrano incerte, insicure e questo scatena nel maschio l'istinto di protezione.  In effetti l'altra sera, mentre camminavo verso il chiosco, non ho potuto fare a meno di pensare che se in quella via poco illuminata qualcuno avesse deciso di rapinarmi/scipparmi ecc, con quei robi ai piedi non sarei mai riuscita a corrergli dietro, sarei rimasta lì come una pipiloca senza poter far nulla; la cosa mi ha fatto sentire indifesa e devo dire che non è stata una bella sensazione.
Mi rendo perfettamente conto del fatto che, con un po' di allenamento (come mi suggerì alle superiori una mia compagna di scuola drogata di tacchi) s'imparano a gestire anche i tacchi più assurdi; però, tutto considerato, dato che fortunatamente agli scaffali alti io ci arrivo, sapete cosa vi dico?
L'istinto di protezione ve lo potete tenere e tanti saluti.

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