martedì 18 giugno 2013

Gli dei sorridono sulla Notturna di San Giovanni, io meno.

Questo è un post assolutamente e innegabilmente sportivo, una novità per il mio blog dove siffatto argomento non è molto comune. A volte però succede l'inaspettato, come ad esempio che io decida di partecipare a una corsa. Mi riferisco alla celeberrima (perlomeno dalle mie parti) Notturna di San Giovanni, evento che si tiene in quel di Cesena da tempi immemorabili (nel senso che io non ho idea di quando sia iniziato).
La data dell'evento è quantomeno curiosa se si pensa che il giorno di San Giovanni, santo patrono della città, è il 24 giugno, mentre la Notturna si tiene il sabato precedente; però, a ben pensarci, con la fiumana di gente che cala sul centro cittadino il giorno del patrono, l'unica possibilità per i corridori sarebbe dotarsi di scimitarra e farsi largo menando fendenti e non oso immaginare poi la spesa per lavare via tutto il sangue dal porfido.
Per amor di precisione ci tengo a specificare che non ho partecipato alla temutissima corsa competitiva, quella a cui prendono parte cyborg, alieni in sembianze umane e tutta una gamma di Terminator di nuova generazione che a guardali sembrerebbero proprio persone, bensì alla camminata non competitiva da 10 e rotti chilometri. Inizialmente ero un po' dubbiosa ma, avendo comprovato nelle ultime settimane che riuscivo a correre 10-11 km senza infarti, ingenuamente mi sono detta che si poteva fare, senza minimamente considerare che io vivo sì a Zezena, ma trovomi nella parte piatta, quella lato mare, mentre la corsa ovviamente si infilava su per la collina. NON è la stessa cosa.
Alle ore 18.30 la Checca è passata a prendermi e, caricato in macchina il mio zaino invicta delle superiori (noi ormai si va verso il vintage) con i vestiti di ricambio, siamo partite verso il centro. Ovviamente fino a due minuti prima del suo arrivo io giravo per casa agitando le estremità come una bambina al suo primo giorno di scuola (devo portarmi un fazzoletto? Mi metto gli occhiali da sole? Il cappellino servirà?)
La corsa iniziava alle 20 ma già alle 18.50 Piazza Almerici straripava di podisti, umani e non; facendoci largo tra la folla abbiamo raggiunto lo stand dell'associazione Simone Grassi e individuato immediatamente Davide e gli altri ragazzi volontari che si occupavano dell'iscrizione. Poco a poco sono arrivati amici e parenti, tra cui Riccardo, anche lui votato alla 10 km, gli antenati, questa volta in veste di pubblico, e il clan Farnedi che optava invece per la camminata breve. A fare la competitiva con la Checca c'era anche l'Enrica che incontravo per la prima volta extra-facebook, in carne e ossa; ho anche scoperto che lei e Paolo sono lettori di questo blog e devo ammettere che è una gran soddisfazione quando qualcuno mi dice che si fa due risate leggendo quello che scrivo. Paolo mi ha anche stupito dicendomi che mi immaginava più piccola ed è stato buffo pensare che, pur con i miei piedoni, scrivo petite.
Tra una chiacchiera e una foto, l'ora della partenza era ormai giunta e io mi guardavo intorno alla ricerca della Claudia (da non confondere con la Clodia), l'unica del parentado oltre a me e Riccardo a correre la 10 km senza il turbo. Niente da fare, siamo partiti noi due soletti in un fiume multicolore lungo la strada che va verso
il teatro Bonci e che non ho idea di come si chiami (in fondo vivo qui solo da quando sono nata).
A questo punto è iniziato il dramma, la tragedia che potrei riassumere in una sola parola: falsopiano. Mi avevano avvertito che c'erano da affrontare due salite molto ripide, raccomandandosi di non correre su per la salita (non mi aveva neanche sfiorato il pensiero), però nessuno mi aveva avvertito che il percorso che collegava le due massacranti salite non era pianeggiante, era, come mi ha specificato DOPO mia sorella, un falsopiano. Falso...intendo il piano, perché se lo fai in macchina sarà anche piano, ma se la strada la fai di corsa è una di quelle salitine bastarde, lievi e costanti che nessuno ha il coraggio di chiamarle col loro nome rischiando di farsi dare del pappamolla, allora hanno inventato sta parola falsopiano che te lo dice già da sola che ti stanno prendendo in giro. Fatto sta che, dopo qualche chilometro di falsopiano e maledizioni lanciate a indirizzo ignoti, siamo arrivati alla salita annunciata, una semi-mulattiera che a guardarla la prima cosa che pensi è dov'è Heidi? e poi ti guardi intorno cercando la seggiovia. Quando alla fine realizzi che ti devi inerpicare con le tue gambine, lì hai il primo tracollo psicologico ma tieni duro, almeno fino a tre quarti della salita quando quell'unico neurone che ancora funziona ti fa tornare in mente Marco Masini che canta perché lo fai disperata ragazza? e quello ti dà il colpo di grazia.
Ho liberato il povero Riccardo, che correva praticamente sul posto pur di mantenere il mio passo, e mi sono fermata un paio di minuti a prendere fiato.
E, misteriosamente, da quel momento in poi le cose hanno preso tutta un'altra piega: tornata padrona del mio destino mi sono avviata decisa su per la salita, anche se con un'aria non proprio pimpante. Proprio in quel momento gli dei mi hanno mandato un segno tangibile della loro approvazione: è arrivata una macchina su per la strada e mi ha costretto a fermarmi per almeno un minuto in attesa che passasse (una sofferenza atroce); mentre lamentavo a gran voce questo contrattempo che mi obbligava all'immobilità una ragazzina, ridendo, mi ha offerto le ciliegie del suo albero, ciliegie che ho accettato con gioia, calcolando nel frattempo che il coglierne anche solo una mi avrebbe concesso un altro meraviglioso minuto di riposo. Insomma, il cielo ha approvato senza se e senza ma.
Avevo ormai percorso quasi tre quarti del tragitto quando mi sono sentita chiamare per nome e voltandomi indietro ho visto uno sconosciuto che correva verso di me e indossava una maglia gialla fosforescente, di fianco a lui c'era....la Claudia! Era partita in ritardo e questo sant'uomo (che aveva già concluso la gara) l'aveva aiutata a raggiungermi. Da quel momento in avanti il nostro motivatore ci ha accompagnato per il resto del percorso, incoraggiandoci e spronandoci costantemente (rilassa le braccia che altrimenti domani ti fanno male! va più piano che ti stanchi!). Io dal canto mio ne dicevo di ogni, cosa volete, ognuno reagisce a modo suo. Verso la fine del tragitto, mentre si guadagnava la seconda maledetta salita, abbiamo incorporato nel gruppo un misterioso uomo in azzurro e, una volta usciti incolumi dalla discesa sull'acciottolato davanti all'anagrafe abbiamo tagliato gloriosamente il traguardo. Quando però ci siamo voltati per ringraziare il nostro leader, di questi non v'era più traccia. Dileguossi.
Non ero ancora ferma del tutto che già un omino mi cazziava perché non avevo il dannatissimo tagliandino da
riconsegnare per avere in cambio un altro tagliandino con cui andare a ritirare il pacco regalo. Il lasciapassare A38 non muore mai.
Alla fine della trafila, sto benedetto pacco regalo conteneva mezzo chilo di pasta (che fa sempre comodo), quattro biglietti omaggio per l'ippodromo (l'unica volta che sono andata alle corse facevo le superiori) e una maglietta, termine assolutamente inefficace per descrivere il lenzuolo che mi sono ritrovata tra le mani. Essendo tra gli ultimi a tagliare il traguardo, erano rimaste solo una marea di XL. L'obesità sarà in aumento in Italia ma evidentemente non lo è tra i corridori, neanche quelli della domenica.
Per finire l'avventura secondo il vero stile podista, io e la Checca ci siamo cambiate nel parcheggio vicino alla macchina e, ovviamente, proprio in quel momento ci sono passate di fianco almeno tre auto mentre, in equilibrio su una gamba sola, tentavo di infilarmi i pantaloni senza cadere. Da podista che si rispetti non mi sono lanciata di traverso sui sedili di dietro, me ne sono rimasta lì in mutande, evidentemente su per quelle salite oltre a un polmone avevo perso anche la vergogna.

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