Arrivo in ditta e la prima cosa che mi dicono è che per girare devi indossare i DPI, anche noti come quelle robe scomode che però, se le metti, almeno non perdi un arto.
Vado dal responsabile che mi chiede il nome e poi mi allunga un casco con occhiale di protezione incorporato; tempo dieci secondi e due tentativi e l’amico casco viene restituito al mittente, perché non c’è modo di abbassare gli occhiali di protezione sopra i miei occhiali, almeno senza causarmi danni permanenti.
Passiamo al camice: chiedo una S ma mi dicono che ci sono solo la S/M o la L/XL. Vabbè, vada per la S/M.
Me la metto ed è enorme, se allungo le braccia vedo solo l’ultima falange, la manica ha inghiottito tutta la mano. E ci tengo a precisare che io non sono fatta in economia, evidentemente qui assumono solo energumeni.
Per le scarpe chiedo una misura 40, confidando di starci comodamente ma, una volta indossata, mi accorgo che il piede ci naviga dentro, questa cosa nei numeri unisex non è una gran bazza.
In fondo però la cosa non mi dispiace, mi basta stringere i lacci fino a interrompere la circolazione e il piede, seppur fermo ha le dita libere. Finché non cadono.
In fondo però la cosa non mi dispiace, mi basta stringere i lacci fino a interrompere la circolazione e il piede, seppur fermo ha le dita libere. Finché non cadono.
I tappi per le orecchie invece non mi hanno ancora dato problemi, ma solo perché lavoro in zone dove non è obbligatorio metterli.
A conti fatti, la mattina e la sera il processo di vestizione in azienda richiede almeno una ventina di minuti, mi sento un po' la Regina Elisabetta: cambio le scarpe, il vestito, metto i guanti e indosso pure un cappello giallo, proprio come piace a lei.
A conti fatti, faccio un lavoro molto regale, no?
A conti fatti, faccio un lavoro molto regale, no?