martedì 9 agosto 2011

Gli spifferi ai tempi del Muto

Da alcuni giorni nella nostra ridente Cesena era in corso la manifestazione “Piazze di Cinema” e, quali orgogliosi cittadini, abbiamo deciso di dare il nostro contributo ingrossando le file degli spettatori. 

Il venerdì sera in Piazza del Popolo era prevista alle 21.30 la proiezione di un film muto, “La caduta della casa Usher”, un horror degli anni venti con accompagnamento musicale live dei Massimo Volume, quindi con un giro di sms ci siamo dati appuntamento in piazza alle 21.

Parto con il mio solito ritardo ma recupero qualcosa bruciando l’asfalto sullo scooter, una scelta praticamente obbligata se consideriamo che parcheggiare l’auto in centro a Cesena il venerdì sera rischia di toglierti quei due-tre anni di vita e io ormai ho parecchie lune, quelle che restano me le tengo strette.
Al mio arrivo in piazza trovo già una certa folla (anche se sospetto sia più per l’apertura serale dei negozi che per il film muto horror anni venti) ma dei miei compagni di serata neanche l’ombra: chiamo la Clodia e scopro che, visto il mio ritardo sono andati a prendersi un gelato bio. Mi chiedono di tenere tre posti fino al loro arrivo e, trovandomi dalla parte del torto, non mi resta che accettare.
A me questa cosa di tenere i posti mi mette sempre un po’ d’ansia, probabilmente perché ricordo perfettamente i casini che montava mio babbo quando si arrivava al cinema e c’era qualcuno che aveva sparso il proprio guardaroba nel tentativo di occupare quattro o cinque poltrone; ancora adesso quando mi capita di dover tenere più di un paio di posti ho il terrore che sbuchi il genitore da dietro una fila e me ne dica quattro
Non avendo alcuna esperienza di cinema di quel periodo, ero un po’ preoccupata perché io i film horror non posso guardarli, altrimenti non dormo più (mai più); in realtà sarebbe bastato riflettere sul fatto che, se proiettano un film in piazza alle nove di sera, è altamente improbabile che detto film sia spaventoso, ma in questi giorni fa un caldo africano e io non funziono bene oltre i 28 gradi.

Devo ammettere che la mia totale ignoranza sull’argomento cinema francese degli anni venti, non mi ha permesso di assaporare l’opera d’arte in tutta la sua pienezza. Del film conservo alcuni ricordi di cui farei volentieri a meno: ore e ore di occhi pallati e sguardi allucinati, chilometri di tende che svolazzano ovunque, causa vento imperversante, altri chilometri di velo bianco che seguono lo stesso copione, sopracciglia inquietanti, uomo sordo con cornetto acustico lungo quanto un avambraccio. Senza dimenticare che gli unici testi a fare capolino nel corso del film, quelli a cui ti saresti aggrappato come un naufrago a una scialuppa, erano in francese. Evidentemente il pubblico doveva essere cinefilo e francofono. 
E poi, va bene la sospensione dell’incredulità ma, dopo mezz’ora di bora è possibile che a nessuno venga in mente di chiudere almeno una finestra?
A ben pensarci, però, il cinema muto presenta alcuni vantaggi non trascurabili, uno su tutti il fatto che quando durante il film ti capita di condividere con i vicini di posto alcuni dubbi cinematografici che ti attanagliano (ma quante matite per occhi avranno consumato? Che lei si stia lasciando morire per sfuggire all’orrore di quella pettinatura?), la cinefila della fila davanti non può apostrofarti con parole pungenti sostenendo di non riuscire a sentire i dialoghi ma deve limitarsi a uno sguardo bieco.

Una volta terminata la proiezione, il desiderio di affogare i ricordi di cui sopra in una cocacola gelata si fa pressante, quindi attraversiamo il centro, passando dalla piazza a fianco dove sta iniziando Senso di Luchino Visconti e puntiamo verso il NeroSuBianco dove perlomeno si può star sicuri che la cocacola c’è e non ti rifilano della pepsi calda.
Propongo di sederci a uno dei pochi tavolini liberi ma la Clodia preferisce il muretto (per ulteriori evidenze della sua mania per le superfici in muratura, vedi la mia nota In fondo Bob è Bob). Una volta trovato posto sul famoso muretto e con il fresco beveraggio stretto in mano, mi capita di ripensare al film appena visto: non posso proprio affermare di averlo apprezzato, non potendo cogliere gli elementi rivoluzionari dell’opera che, mi assicurano alcuni più esperti, ha precorso i tempi. Però una cosa mi sento di dirla: a differenza di alcune recenti opere cinematografiche, celebrate come capolavori da critica e festival, se durante la proiezione avessero invertito primo e secondo tempo, ce ne saremmo accorti. E, coi tempi che corrono, non mi pare poco.



N.B. Si sconsiglia la visione di questo video a chi soffre di otite.

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