venerdì 31 agosto 2012

Un animale tipo topo ma più lungo

E' sabato, sono le 20 e fa veramente un caldo boia, però stasera c'è una festa in spiaggia: tutto sommato poteva andare peggio. 
L'evento su facebook sostiene che il concerto di apertura della serata inizia alle 22 ma l'Ale, che di ste feste se ne intende, è categorica: prima delle 23 non si farà veder nessuno, quindi l'appuntamento slitta di un'ora.
L'arrivo è ovviamente su due ruote (provate voi a trovare parcheggio a Cesenatico in agosto, io preferisco vivere), dopo aver evitato per un soffio di stirare un ciclista adolescente che pedalava allegramente contromano, sistemo lo scooter negli appositi spazi e via verso Bagno Universale; L'Ale mi aspetta davanti all'ingresso e, mentre ce ne stiamo lì a far delle chiacchiere, arrivano Paolo e Mohuro con i quali per un po' ammazziamo il tempo guardando il passeggio sul lungomare che offre sempre spunti stilistici a dir poco interessanti (ancora niente ghette di jeans ma non perdo la speranza).
Essendosi fatte le 23.30 decidiamo di raggiungere l'Albertini che questa sera è presente in veste di cassiera; ci spostiamo sul retro dello stabilimento e solo allora ci rendiamo conto che sulla spiaggia c’è già parecchia gente e il concerto è in pieno svolgimento. Come ci sia stato possibile chiacchierare per venti minuti senza accorgercene rimane un mistero.
L'artista in onda è HUBERT THE STOMPER e in effetti l'uomo stompa come se non ci fosse un domani; trattasi di una one-man-band, o meglio, qualcuno ha detto che sulla locandina era pubblicizzato anche uno special guest ma noi non se n'è vista traccia, forse ce lo siamo persi mentre giocavamo a Ma come ti vesti? sul lungomare.
Nonostante lo avessi davanti, ammetto che c'è voluto parecchio prima che mi rendessi conto che Hubert the Stomper indossava una maschera; ci tengo a precisare che stavo bevendo una semplice cocacola, non ero offuscata dall'alcol ma quella specie di taglio a caschetto che aveva gli copriva parte della faccia e le luci facevano il resto.
E' chiaro però che, una volta assodata la cosa, le domande son fiorite come tulipani: V for Vendetta? Venerdì 13? Il silenzio degli innocenti? 
Lo ammetto, la curiosità mi rodeva, cosa diavolo ci faceva un uomo mascherato a stompare in spiaggia? Anche la Ste, interrogata tra uno scontrino e l'altro, non aveva risposte da offrire; però mi ha rivelato che nel corso del concerto l'artista aveva menzionato spesso le pantegane, sottolineando che a volte te le ritrovi dentro casa (viene da chiedersi dove viva esattamente quest'uomo). Alla fine della conversazione avevo ancora più domande di prima; ho anche notato che pur parlando di luridi, schifosi ratti, la nostra cassiera non faceva una piega ma in fondo la cosa era facilmente spiegabile: per l'Albertini una volta assodato che non è un gatto, va bene anche Alien. 
Come la pantegana si collegasse alla maschera non era però ancora chiaro, non avevo altra scelta che calare l'asso: ho individuato Ale Monogawa (il deus ex machina della serata) in avvicinamento e gli ho girato la domanda. Ho così appreso che la maschera in questione era una maschera da lontra e che Hubert l'aveva fatta da solo. Le pantegane erano state quindi un balzo dell'immaginazione albertinesca, troppo presa da scontrini e resti per prestare più che un briciolo di attenzione al concerto. 
Quando sono tornata a riferire l'esito delle mie ricerche al gruppo s'è presentata un'altra difficoltà: Paul, che è forestiero, voleva sapere cosa fosse una lontra e mi son resa conto che, a parte non sapere come si dice lontra in forestiero, non ho un'idea precisa di come sia fatta una lontra, l'unica definizione che mi veniva in mente era un animale tipo topo ma più lungo, e ciò non era di grande aiuto. Mi tocca anche ammettere che, se qualcuno di noi si fosse sprecato a dare un'occhiata agli articoli online che pubblicizzavano la serata, la nostra vita sarebbe stata molto più facile; sarebbe bastato leggere il riferimento a Hubert e al suo otter boogie e il mondo ci avrebbe nuovamente sorriso. Branco di poltroni.
Alla fine della fiera però non ho trovato risposta al mio primo e più bruciante interrogativo: why? Perché?

Kudos per il djset che è seguito (han messo pure blister in the sun che tutte le volte penso sia dei Blur e invece poi risulta che è dei Violent Femmes), peccato che fosse arrivata talmente tanta gente che ballare era praticamente impossibile. 
Ci siamo spostati al riparo di un paio di lettini dove almeno non rischiavamo di essere calpestati dalla mandria assetata che calava sul bar e, mentre mi guardavo intorno, ho avuto una strana sensazione: all'inizio non riuscivo a metterla a fuoco, solo dopo un po’ mi sono resa conto che c’era un sacco di gente parecchio più alta di me, mi guardavano tutti dall'alto in basso, una cosa per me piuttosto insolita (non sarò una vatussa ma mi difendo). Quando l’ho fatto notare agli altri è stata l’Ale, che è oriunda di Cesenatico, a svelare il mistero: pare ci fosse un torneo di beach volley, da cui l’eccedenza di spilungoni. Peccato che lì in spiaggia non tornassero particolarmente utili: non avevamo scaffali alti da aprire né frisbee finiti su rami irraggiungibili, quindi sostanzialmente erano solo di troppo, come le altre tremila persone che si accalcavano ovunque. Almeno, essendo tutti atleti erano magri e quindi prendevano poco spazio dabbasso, dove era importante; ovviamente si allargavano parecchio più in alto ma tanto lassù noi non ci arrivavamo, quindi potevano coprire svariati metri quadrati senza dar fastidio a nessuno.
Devo ammettere che, nonostante la folla un po' soffocante, in spiaggia si stava decisamente bene, il caldo era finalmente calato concedendoci un po' di tregua e lasciandoci soli di fronte a una stellata strepitosa; però si eran già fatte le ore piccole e le mie possibilità di conquistarmi uno spazio sulla pista, circondata com'ero da tutti quei perticoni, oltretutto muscolosissimi, tendeva a zero quindi, da brava anziana, ho preferito ritirarmi quando ancora i ricordi della serata erano tutti positivi (eccetto il mistero della maschera, tutt'ora irrisolto). Dopo un rapido saluto ai presenti ho levato le tende, o piuttosto, ho tentato di levar le tende: avevo lasciato i sandali sotto lo sgabello dell’Albertini, di fianco alla cassa, quindi mi è toccato fendere la folla in fila per il bar e poi chiedere al nerboruto della sicurezza che vegliava sulla Ste di spostarsi per farmi recuperare i sandali.
Onde evitare un cartone sul naso, prima di agire ho chiacchierato un po’ con l’Albertini perché Maciste si rendesse conto che non ero una malintenzionata scippacasse ma avevo semplicemente lasciato i sandali nel posto sbagliato. Per fortuna l’uomo ha afferrato la situazione, mi ha lanciato un’occhiataccia del tipo ti spezzo in due quando voglio ma non una di quelle serie, era piuttosto un’occhiataccia di routine, di quelle che secondo me ormai lancia anche senza volere, un po’ come i ballerini che, dopo anni e anni di danza, camminano sempre con la posa da ballerini. Ricevuta l'occhiataccia di ordinanza, non me ne son rimasta lì a sfidar la sorte, ho afferrato i sandali, salutato la Ste e mi sono dileguata.
L’ultimo meraviglioso momento della serata è stato tornare a casa in scooter lungo quelle vie tra i campi dove anche in agosto fa freddo e ti trovi, incredula, a rabbrividire. 
Di questi tempi è la sensazione più bella del mondo.

P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press

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