Da programma ci si trovava con un manipolo di amici (noti come gli Stanzonisti) all'ora di pranzo a Casalborsetti per un barbecue, per poi spostarsi la sera a Cotignola per vedere un concerto con Enrico Farnedi e Riccardo Lolli all'Arena delle Balle di Paglia.
Il viaggio è stato sorprendentemente privo di imprevisti e traffico (la domenica mattina sulla riviera romagnola, praticamente un miracolo), quindi abbiamo raggiunto la prima destinazione della giornata in perfetto orario; trattavasi del Bar Lamone a Casalborsetti ove, per la modica cifra di 2,50 euri a cranio, ti mettono a disposizione postazioni, legna e griglie e tu puoi trastullarti per qualche ora carbonizzando della ciccia.
Non so voi ma io associo la parola barbecue all'idea dell'uomo con grembiule e forchettone, quello che assume il comando della situazione con il piglio di chi affronta belve a mani nude anche quando sta semplicemente grigliando dei wurstel di tacchino, quindi davo per scontato di trovare in loco dei virili maschioni che si sarebbero incaricati di domare le fiamme e nutrire il popolo.
Immaginatevi la delusione quando al nostro arrivo abbiamo scoperto che erano ancora tutti allegramente in spiaggia mentre la nostra postazione barbecue se ne stava lì sola e abbandonata.
Fortunatamente noi si arrivava forniti di un corposo sacchetto di patatine che in quel frangente si sono rivelate molto utili per zittire la fame, essendo che il fuoco era ancora da accendere e quindi aspettare la ciccia era un po' come aspettare Godot.
La situazione l'ha salvata il marito della Carlotta che ha deciso di immolarsi per la causa e ha iniziato con mani esperte a comporre la capannina di legna che poi, poco a poco ha trasformato un un robusto fuoco.
A questo punto lasciatemi dire che chiunque accetti di stare in bocca alle fiamme a sgardellare ciccia quando ci sono trenta gradi è un eroe assoluto, io mi sono limitata a bucare le salsicce sul fuoco per fare uscire il grasso e già così mi sembrava di essere all'inferno, forse anche a causa dell'unica forchetta disponibile (di plastica) che dovevo usare con estrema attenzione onde evitare che fondesse.
Il resto del tempo l'ho passato a ripetere come un mantra "La prossima volta insalata di patate!"
Ovviamente a fine grigliata odoravo pesantemente di salsiccia ma un bel bagno in mare (grazie Marzia per il bikini) mi ha dato una prima sgrassata, completata poi da una toilette completa grazie alla Valentina che ci ha offerto casa sua e, nello specifico, la sua doccia.
Prima di entrare in casa sua siamo stati avvertiti della presenza del suo gatto che, in quanto felino, forse non avrebbe gradito l'intrusione nei suoi possedimenti (per esperienze simili vedi E un giorno ti svegli e sei il Gatto con gli Stivali); in realtà quel micione rosso che risponde all'azzeccatissimo nome di Gatto, ci ha annusato e leccato persino le dita.
Porto questo dettaglio a ulteriore conferma del fatto che eravamo completamente rivestite di grasso animale, Gatto ha visibilmente apprezzato.
Oltre a darmi asilo, la Valentina mi ha anche generosamente vestito perché, da quel genio che sono, mi ero dimenticato a casa le scarpe e, obiettivamente, i sandali bianchi da spiaggia col calzino nero non potevo proprio metterli, mi avrebbero tolto la cittadinanza.
L'Arena delle Balle di Paglia di Cotignola è stata una vera rivelazione; ci si arriva dopo 15 minuti di cammino nel silenzio dei campi e si attraversano le scenografie più diverse, dalla casa di campagna alla barca in mezzo al fiume, fino ad arrivare all'arena vera e propria, un'enorme spazio verde trasformato in arena da un numero spropositato di balle di paglia, appositamente collocate da un gruppo di eroici volontari.
Il concerto è iniziato di lì a poco e, nonostante la folla, siamo riusciti a trovare balle sufficienti per accomodarci tutti e dieci. Ammetto che per i primi dieci minuti non sono riuscita ad ascoltare davvero, ero troppo distratta dal pensiero di quelle enormi rotoballe artisticamente impilate proprio dietro il palco che immaginavo sarebbero franate da un momento all'altro sugli ignari musicisti, i quali musicisti però non sembravano minimamente turbati dal pensiero di quella bionda montagna che incombeva su di loro. Si vede proprio che siamo diversi.
La serata era dedicata all'etichetta Brutture Moderne e a tutti i suoi artisti, il nostro gruppo però si trovava lì per due motivi ben precisi: volevamo sentire il concerto di Farnedi e anche la performance di Riccardo Lolli che avrebbe cantato un brano scritto da Eloisa Atti, Scilla e Cariddi, una delle dieci canzoni dedicate al mito di Ulisse e riunite nel cd Penelope.
Dopo una prima performance prettamente strumentale su musiche di Francesco Giampaoli, siamo passati a Eloisa Atti e al suo Penelope: ironico, tragico, malinconico, hai l'impressione che ti trasporti in mille direzioni diverse ma poi torni sempre a casa. E, finalmente, è arrivato il momento di Riccardo Lolli e di Scilla e Cariddi.
Protagonista della canzone è un babbo nelle cui figlie si sono reincarnati i due mostri mitologici del titolo e, cosa volete che vi dica, a me è piaciuta un sacco; mi è piaciuta anche molto l'interpretazione di Lolli che navigava tranquillo in quel mare di note facendolo sembrare semplice (bambini, non provate a farlo a casa).
Cameo coristico di Giulio, figlio di Lolli, e Giulia, figlia del chitarrista Marco Bovi.
A chiudere la serata di Brutture Moderne ci ha pensato Farnedi con un suo mini concerto; in questo caso vorrei concentrarmi su quell'ultimo pezzo, Quanto piangere, che ha riunito sul palco tutti i protagonisti della serata. Non so bene come spiegare questa cosa ma, le emozioni che mi ha dato quel la canzone mi hanno colto totalmente di sorpresa; avendola sentita uno stramilione di volte, non me l'aspettavo e la cosa mi ha dato da pensare . La canzone era sempre la stessa, col suo velo di malinconia, quindi cosa c'era stato di diverso?
A corrermi in soccorso è stata la tecnologia di Riccardo Lolli, il quale ha video-documentato tutta la serata. Se osservate il video di quest'ultima canzone vedrete che tutte le persone che stanno suonando di tanto in tanto si guardano, sorridono, c'è della felicità nell'aria e, secondo me, sono stati proprio quella felicità e quell'entusiasmo che i musicisti sul palco sono riusciti a trasmettere anche a noi che eravamo dall'altra parte del fossato.
La felicità evidentemente è contagiosa, come la varicella ma senza le crosticine.
P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press
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