Avviso ai naviganti: è in arrivo un’altra cronaca di una seratina borderline. Tenetevi leggeri.
La macchina passa a prendermi subito dopo cena; appena salita in macchina indago sulla destinazione prescelta e la Ste (dopo approfondite indagini sul faccione) ci presenta due opzioni: un gruppo rockabilly al Bar degli Artisti a Cesenatico, oppure una tribute band di Bob Marley a Rimini. Essendo che guida Paolo e che lui propende per Bob Marley, dopo un breve dibattito facciamo vela per Rimini.
Non voglio essere crudele quindi spenderò solo poche parole per descrivere la ricerca del posto, con Paolo che “magari andiamo di là” e la Ste che “ma va là, gira di qua”; diciamo solo che dopo un’eternità di vane perlustrazioni io mi sono vista di fermarmi in un bar, chiedere una cocacola e passare la serata in macchina sorseggiando caffeina e ascoltando CD. Ovviamente, nel disperato tentativo di far sembrare più breve la ricerca (hai voglia!) lungo il percorso si è chiacchierato piacevolmente di vari argomenti tra cui (essendo noi diretti a sentire Bob Marley) il mai risolto mistero dei dreadlock: cosa c’è dentro? È un dato di fatto che se qualcosa entra in quel groviglio, addio e tanti saluti, un po’ la versione rasta del triangolo delle Bermuda; di bello però c’è che anche eventuali bidocchi (leggi bidocchi capisci pidocchi) non riuscirebbero a uscire dal dedalo, quindi chiunque si accompagni a un dreadlockaro sta in una botte di ferro. Mi chiedo se nei corsi di formazione per giovani pidocchi non ci sia una mezza giornata intitolata Attenti al trappolone del dreadlock.
Rileggendo quanto scritto finora e tornando con la memoria ai post precedenti è difficile non chiedersi se siamo noi che ci andiamo a scegliere sempre dei locali che sono a casa di dio, o se siamo proprio invorniti e quindi meglio rassegnarsi all’inevitabile.
Fatto sta che alla fine sto posto lo troviamo; entriamo tutti belli e pimpanti e il cameriere ci fa sedere a una specie di bancone sbilenco largo appena venti centimetri che gira tutto intorno al palco. Per un po’ siamo tutti presi dall’ordinazione e alla fine la Clodia che deve ancora cenare decide di ordinare una pizza squacquerone e rucola. A quel punto le suggerisco di spostarci in un tavolo (ce ne sono vari liberi) per mangiare più comodamente, lei però rifiuta sostenendo che non c’è bisogno, che il bancone va benissimo. Arriva il cameriere e si procede con l’ordine; quando sente che la Clo vuole la pizza ci propone di spostarci in un tavolo. Secondo secco rifiuto della Rinaldi (la Clodia). Io ordino una coca e delle patatine e ovviamente il cameriere precisa che loro hanno solo la pepsi (anche qui?! Ma li mortacci….) per cui vai di petrolio. A questo punto la Ste, dal fondo del bancone, chiede alla Rini se ha ordinato e sentendo che prende una pizza suggerisce di sederci a un tavolo. Guardo la Rini temendo che ci mandi a morì ammazzati tutti (o peggio) ma lei mantiene la calma e scuote la testa, si nota solo un leggero tremore all’angolo del labbro.
Una volta sistemata la faccenda vettovaglie possiamo finalmente concentrarci sul gruppo che sta iniziando a suonare. Una rapida occhiata rivela che di dreadlock neanche l’ombra, strano – penso io - di solito la tribute band il look lo cura ossessivamente. Poi arriva il cantante: pantaloni neri stretti, giacchina e cappelluccio; se questo è Bob Marley io sono Hulk Hogan. A chiudere la partita ci pensa l’armonica a bocca. E qui partono una serie di commenti sarcastici nei confronti dell’Albertini (la Ste); l’ipotesi più accreditata è che abbia letto l’annuncio del concerto mentre le passava accanto un sanone e quindi, non capendo più niente causa ormoni in subbuglio, abbia trasformato Bob Dylan in Bob Marley. La tapina tenta un’ultima disperata difesa sostenendo che in fondo Bob è Bob ma viene messa a tacere da una valanga d’infamate.
Nel frattempo tutti hanno ricevuto le loro bevande tranne la sottoscritta e di lì a poco arrivano pizza e patatine. Di pepsi però nemmeno l’ombra (che abbiano finalmente messo al bando il disgustoso intruglio?). Indago presso un cameriere il quale torna dicendomi che a loro non risulta che sia mai stata ordinata (si vede che il cameriere era troppo preso dal dilemma della Rini e della pizza sul bancone sbilenco) ma perlomeno ha in mano un bicchiere pieno e, anche se trattasi del solito petrolio tiepido, a quel punto mi basta che ci sia del liquido, dopo tutto il sale delle patatine berrei anche la bottiglia di lavavetri.
E la Rini cosa sta facendo? – vi chiederete voi. Mossa da una fame ormai piuttosto nerboruta, si è avventata sulla pizza, o meglio avrebbe voluto avventarsi sulla pizza ma, essendo che la deve tenere in bilico sul bancone sbilenco perché del tavolo non c’era assolutamente bisogno, è costretta a frenare l’irruenza e a organizzarsi. Sì, perché per tagliare a fette la pizza servono due mani ma poi sul bancone sbilenco (il tavolo continua a non servire) ne serve una terza per tenere fermo il piatto ed evitarne la rovinosa caduta a terra. La terza mano in questione la fornisco io e, a parte un paio di momenti tesi (mi sono distratta e ho allentato la presa), il lavoro di equipe dà i suoi frutti.
Finito il concerto (adesso non chiedetemi la recensione del concerto che eravamo occupati a sopravvivere), riprendiamo la macchina e sul sedile di dietro si comincia ad avvertire una certa stanchezza (sarà tutto quel reggere di piatti o forse tutto quel Bob Dylan). La Rini si è praticamente addormentata con la faccia sul finestrino ma la cosa non scalfisce minimamente guidatore e navigatrice i quali, forti del fatto di avere il volante in mano, propongono una puntatina al bar degli artisti. Noi di dietro ci guardiamo in faccia (la Clo sì è risvegliata dalla trance) e acconsentiamo pensando vabbè, stiamo una mezzoretta e poi a casa. In realtà quello sarà solo l’inizio della seconda parte della serata che vedrà un’Albertini chiaramente tarantolata e posseduta dal demone Duracell, trascinarci in giro per una Cesenatico invasa da orde di adolescenti inzampate in mise in bilico tra l’incredibile e il ridicolo e rallegrata dalle performance artistiche di ballerine che ballano su panche delle danze lente che vorrebbero essere sensuali ma che non vanno oltre il surreale, accompagnate come sono dalla musica unz unz dei locali intorno.
Concludo con un’ultima chicca: ci siamo ritrovati davanti alla famosa ballerina di cui sopra, cullati dalla musica che pompa e l’unica cosa che volevamo era andare a casa nostra e riposare le stanche membra ma quel genio dell’Albertini se n’era improvvisamente schizzata via con un torno subito. L’abbiamo vista da lontano che parlava con quella che abbiamo ipotizzato fosse un’amica che non vedeva da tempo e quindi ci siamo rassegnati ad aspettare. Dopo un’eternità (lustro più lustro meno) la gigina è tornata e ci ha informato con gran soddisfazione di essere riuscita a concordare con la sua estetista il prossimo appuntamento per la ceretta.
No, ditemi voi se una badilata non ci stava bene.
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