giovedì 25 aprile 2013

Violata: questa sì che sarebbe una liberazione!

Questo post è uno di quelli che ti escono proprio dalle dita, che basta mettersi davanti al computer, ripensare a quello che hai visto e i polpastrelli fan tutto da soli.
Il commento di oggi riguarda un'opera d'arte recentemente salita agli onori della cronaca, mi riferisco alla statua (la vedete nell'immagine qui a fianco) che la commissione per le pari opportunità del comune di Ancona ha collocato in città e che, a sentir loro, dovrebbe essere un monumento universale contro la violenza nei confronti delle donne. 
Quando ho visto la statua per la prima volta la mia prima reazione è stata piuttosto neutra, mi pareva un brutto coso ma l'ho semplicemente catalogato come una delle tante opere d'arte che vedi in giro e che ti auguri di non dover più vedere, nient'altro (oddio, nella tua ignoranza artistica il pensiero quell'obrobrio l'han pagato con le mie tasse, da domani si fa tutto in nero, ti viene, poi però subentra la rassegnazione, sospiri e tiri dritto). 

Qualche secondo dopo aver visto la foto della statua ho letto il titolo dell'opera e la  forza della mia reazione mi ha colto totalmente alla sprovvista.
Violata si chiama, quella statua. 
L'ho letto ed è stato come se qualcuno mi stampasse in faccia uno di quegli schiaffi dati a mano aperta, quelli che dopo la faccia ti brucia.

In molti hanno già spiegato con estrema chiarezza i motivi per cui questa statua manda un messaggio distorto, fuorviante, addirittura contrario a quello che sarebbe il dichiarato intento dell'artista e dei committenti; rimane comunque un interrogativo: cosa pensavano quelli che l'hanno scelta?
Non considero l'artista che l'ha creata perché sappiamo già che la scultura era nata con un altro titolo: donna con borsa, ma vorrei capire quelli che hanno guardato la statua e hanno detto sì. 
Voglio partire dal presupposto che la decisione di scegliere questa statua sia stata presa in buona fede, che queste persone credessero davvero di fare qualcosa di buono. Ma allora, come si spiega? Tento una lettura, ovviamente mia, della situazione, pur sapendo che essendo personale sarà inevitabilmente parziale e limitata.
Quello della violenza non è un argomento facile da affrontare, per nessuno. Fa paura. E allora, magari inconsciamente, si sceglie la via più facile, quella che non ci costringe a metterci in discussione, ad affrontare verità scomode. In questo caso la via più facile è ricorrere all'immagine di una donna vittima di una violenza sessuale avvenuta per strada (ad opera ovviamente di uno sconosciuto), così possiamo andare a dormire tranquilli e fingere che le cose stiano così, nonostante i dati ci dicano chiaramente che la stragrande maggioranza delle violenze (fisiche, psicologiche,sessuali ecc) contro le donne avviene tra le mura di casa e gli uomini che usano violenza sono spesso mariti, padri, fratelli. Ma come fai a guardarti intorno e pensare che forse qualcuno tra i tuoi parenti, amici, colleghi, questa sera andrà a casa e picchierà sua moglie, la sua compagna o magari sua figlia? 
Meglio far finta di niente.
E così la statua diventa la statua di una donna fisicamente perfetta, senza alcun segno di sofferenza fisica, neanche un livido, come se in fondo non fosse niente di così grave, ma solo un incidente di percorso, qualcosa che ti lasci dietro le spalle e non ci pensi più. E ancora, quella donna ha uno sguardo fiero, indomabile, il portamento eretto, è una che si rialza e va avanti; in questo modo siamo tutti a posto, perché in fondo quella donna lì non ha mica bisogno del tuo aiuto, e allora puoi continuare tranquillamente a guardare dall'altra parte, a farti i fatti tuoi, fingendo che non sia successo nulla, metti una bella statuina e sei a posto. E poi il tocco finale, quel colore assurdo, irreale, che ce la fa sentire distante, quasi un'aliena. Quella lì non ha niente a che fare con me.
Anche il titolo, Violata, dà quella bella patina di romanzato che offusca la realtà e rende tutto più accettabile. Pensate come sarebbe diverso se chiamassimo le cose col loro nome, ma allora il nome della statua sarebbe Stuprata, non Violata. Troppo diretto, troppo vero. Troppo dolore.



P.S. Premetto che quest'ultimo commento non è una provocazione fine a se stessa, è solo un tentativo di far arrivare lo stesso messaggio in un altro modo: provate a pensare a come reagireste se in una delle piazze della vostra città mettessero la statua in bronzo di un uomo seminudo, coi vestiti brandelli ma con le spalle dritte e un'espressione fiera, e poi sotto ci scrivessero: Sodomizzato.

P.P.S Per chi vuole firmare la petizione online per chiedere la ricollocazione della statua.



lunedì 22 aprile 2013

La calata dei Mori è comunque un pareggio

Arriva il venerdì sera e, incredibilmente, abbiamo già dei programmi: stasera la meta è l'Ex-Macello di Gambettola dove l'associazione TreeSessanta ha organizzato un concerto del Moro (inspiegabilmente I Mori sulla locandina dell'evento).
Il concerto inizia come sempre in modo un po' burrascoso: la Clodia per documentare l'evento mi fotografa col flash da venti cm di distanza bruciandoti la retina, l'Ale controlla Facebook, chatta e commenta ogni tre per due, insomma come fai a non distrarti? Dopo un po' le cose si tranquillizzano, fortunatamente prima che Farnedi decida di alzarsi e fare una strage. Chi segue la sua rubrica su Stonehand non si sorprenderà scoprendo che il Moro, da vero lord qual è, non dà segno di notare la baraonda sotto il palco. Italia-Regno Unito: 0-1.
Noto che sul palco c'è un gran via vai di bassi, prima il Moro cambia la chitarra col basso, poi tocca a Gasperoni, passo passo se lo passano tutti, praticamente sto basso arancione dilaga. Peccato quel colore che fa un po' a pugni con quello degli altri strumenti, chissà se si può riverniciare come le macchine?

Osservando il Moro che suona noto qualcosa che mi getta nello sconforto, come si fa a suonare in un gruppo se non puoi fidarti completamente dei suoi membri? Qualche buontempone deve aver riempito di roba la chitarra del Moro, basta guardarlo e si vede benissimo, il buco è pieno! Saranno scherzi da fare? Ovvio che è opera di uno del gruppo, chi altro può ravanare intorno agli strumenti senza destare sospetti? Ma possibile che nessuno dica niente? Se me ne sono accorta io...
Farnedi è lontano quindi non posso contattarlo, provo a chiedere alla Piraccini se secondo lei è il caso di avvisare il Moro che gli han riempito la chitarra e, quando lei mi risponde di no, non ci vuole molto a dedurre che la bravata è opera di quel chitarrista di Gasperoni e che lei da brava moglie non vuole smascherarlo. L'abilità del Moro è resa ancora più evidente dal fatto che, seppur ignaro del colpo gobbo realizzato ai suoi danni , il nostro riesce comunque a suonare la chitarra imbottita senza fare una piega.
A fine concerto mi avvicino a Gasperoni e gli ripeto la domanda già fatta a sua moglie, nel chiaro tentativo di smascherarlo, ma lui si limita a spalancare gli occhi e farsi una risata, un sangue freddo che mi fa pensare che non sia la prima volta che gioca tiri del genere.

Verso metà concerto la natura chiama e mi tocca andare in bagno; noto con sorpresa (nei bagni di certi locali devi entrare col coltello tra i denti e il napalm) che il bagno è estremamente pulito e pure fenestrato. L'unico problema è che la citata  finestra è spalancata e, come ho già accennato in passato, io in certe occasioni ho bisogno di privacy (vedi E un giorno ti svegli e sei il Gatto con gli Stivali). Provo a chiuderla ma la maledetta ha uno di quei vecchi chiavistelli che ovviamente fa una gran fatica a scorrere per cui devo fare parecchio forza ma alla fine con uno scatto secco si chiude. Una volta espletate le prevedibili formalità, tento di riaprire la finestra ed è solo una volta trionfato che mi cade l'occhio sulla mano e noto che sanguina. Curioso. Mi sono graffiata la mano e pare anche parecchio perché il rosso è in aumento. Che fare? Non essendo solita portare cerotti in tasca mi tocca fare con quello che c'è: afferro una salvietta di quelle grigie per asciugarsi le mani e me la avvolgo intorno al dito. Problema risolto. Torno al mio posto facendo finta di niente ma il mio dito, avvolto in quel lenzuolo grigio, pare uno di quei wurstel tedeschi un po' bianchini che ogni tanto trovi alla Coop quando c'è il mese Oktoberfest. Per fortuna stasera indosso una maglia grigia, quindi riesco a mantenere comunque una certa coerenza stilistica.

Una volta concluso il concerto i presenti poco a poco si dileguano mentre noi chiacchieriamo; nel mezzo del vociare si sentono chiaramente la Clodia e Tommasoni dichiarare:"Noi andiamo!" ed è a partire da quel momento che ha inizio una mezz'ora degna delle migliori farse, trenta allegri minuti in cui a turno ciascuno di noi pronuncerà la medesima frase senza però arrivare mai a varcare la soglia; a un certo punto eravamo finalmente tutti pronti a uscire ma contandoci abbiamo scoperto che mancava  Tommasoni (quello che, da forestiero inglese, si lamenta sempre che voi italiani dite:"Io vado!" e poi non vi schiodate per almeno due ore!)
Una rapida perlustrazione della sala ci ha permesso di individuarlo in vivace conversazione e senza un pensiero al mondo. Ovvio che la cosa avrà degli strascichi e per molto tempo a venire; non dico che sarà inciso sulla sua lapide.ma...quasi.
Bilancio complessivo della serata:
Italia-Regno Unito 1 - 1.



P.SQuesto articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press

martedì 16 aprile 2013

domenica 7 aprile 2013

Viaggio alla scoperta di TreniTaglia in compagnia di borse Esso e nappine optical

Apprendo con gioia che, anche quest'anno, la  Regione Emilia Romagna ha inflitto a Trenitalia pesanti sanzioni per i millemila disservizi piovuti sugli utenti causa guasti, avverse condizioni meteo, anno bisestile, Marte in Gemelli ecc.
Una parte di queste multe saranno utilizzate per compensare i pendolari, offrendo loro gratuitamente un mese di abbonamento ferroviario. Quando ho letto questa notizia la memoria è immediatamente corsa a un servizio fotografico scoperto su una rivista qualche mese fa e gelosamente conservato in attesa del momento propizio; il servizio in questione porta il seguente sottotitolo:

In viaggio sul Frecciarossa, ad alta velocità, con un look chic e comodo, tra tweed e geometrie. E poi it bag, borse da weekend e accessori da donna d'affari.

(Devo confessare che a me sta cosa delle it bag mi fa molto ridere; la prima volta che ho letto it bag ho pensato borsa esso (deformazione professionale, traduci tutto anche involontariamente) e da quel momento per me it bag è sinonimo di borsa della Esso, quella che ti danno con la raccolta punti. Quando leggo che una borsa Esso costa 6700 euri mi viene spontaneo chiedermi quanti bollini ci vorranno per averla gratis.)

Osservando la prima immagine di questo splendido servizio (vedi sopra) non posso fare a meno di riconoscermi nell'espressione da serial killer della protagonista, è la stessa che indosso io mentre salgo gli ultimi gradini verso il primo binario: per favore, almeno stamattina non fatemi incazzare. Certo, io viaggio un po' più leggera, meno itbag e più libri, acqua e telefono; se mi trovassi a viaggiare come la nostra amica, carica come uno sherpa tibetano, credo che riuscirei ad avere lo stesso sguardo omicida ma senza bisogno del bistrone negli occhi.
Fortunatamente, anche i momenti più difficili hanno fine e la nostra business woman sale finalmente sul treno, dove, una volta sistemate le sue millamila borse Esso, si cambia d'abito indossando la mise da permanenza sul Frecciarossa.
Mi rendo conto che è solo il mio atteggiamento reazionario e conservatore a impedirmi di trovare una logica in un cappotto senza maniche ma noto con una certa soddisfazione che la signora non è nata ieri e indossa un paio di guanti modello polipo che lasciano scoperta solo la zona spalla. Sì perché a volte sali sui treni e ti trovi catapultato in Siberia quindi se hai in programma una riunione d'affari ti conviene coprirti, altrimenti magari a destinazione ci arrivi ma poi ti trovi in una sala piena di uomini e donne d'affari pronti ad affareggiare con te e invece ti tocca correre in bagno. Se vogliamo per forza vederne il lato positivo, sicuramente uscirai dalla toilette più magra.
Il momento dell'arrivo si avvicina, quindi la signora nella foto qui sotto sceglie la mise-discesa dal treno; osservando quel body di pizzo scollato fino all'ombelico, ne deduco che ha scelto l'opzione dimagrire velocemente senza spendere una lira di cui parlavo prima; mi chiedo se Trenitalia abbia mai valutato la possibilità di sfruttare questo elemento per farsi pubblicità: TreniTaglia, passa un paio d'ore con noi e perderai una taglia. Di questi tempi, con l'estate che si avvicina, potrebbe avere successo.
Tornando alla nostra business woman, spero di non trovarmi mai in una situazione del genere: costretta a decidere se indossare il mocassino argento o quello optical con le nappine; e d'altra parte, è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo.

E così, passo passo, siamo arrivati alla fine della storia; purtroppo l'ultima immagine del servizio non ci rassicura circa la vitalità dei neuroni della nostra amica, che persiste nell'indossare capi senza maniche, va bene voler dimagrire ma ricordiamoci che la polmonite è dietro l'angolo e, anche nel caso di un semplice raffreddore forte, ti viene il naso rosso e parli come l'orso Yogi e allora addio al look chic del sottotitolo.
Per coloro che si chiedessero il perché dell'espressione Che cavolo stai dicendo Willis? della signora, la risposta si trova leggendo la didascalia a lato dell'immagine:
Ore 9.30 - Arrivo alla stazione di Milano, in perfetto orario.