Stavolta mi hanno chiamato per un lavoro di traduzione simultanea di cinque giorni e ovviamente di questi tempi un lavoro così lungo è un'ottima notizia, poi però scopro che per risparmiare:
- non ci sarà la cabina insonorizzata,
- non ci sarà neppure il sistema audio per la simultanea,
- la nostra postazione sarà un tavolo in sala in mezzo al casino del pubblico,
- dovremo indossare un vestito da pollo,
- ascolteremo tutto tramite un misero auricolare (almeno di quello ce ne sarà uno a testa, il microfono invece lo divideremo, che altrimenti ci montiamo la testa).
- una delle precedenti voci è falsa, scegliete voi.
Vabbè, mi dico, sarà molto faticoso ma l'abbiamo già fatto e sopravviveremo, poi però scopro che l'orario di lavoro è di 9 ore (8.30-18.30 più due ore di viaggio) e vorrei tanto essere una dipendente e poter chiamare un qualche sindacato perché, per il cervello, 9 ore di traduzione simultanea in quelle condizioni sono come 9 ore in miniera.
A quel punto mi appare l'immagine della prossima bolletta di Hera che chiude la discussione spazzando via qualsiasi mi, mo, ma. Mi sfugge solo un lugubre lamento quando realizzo che è il giorno prima dell'evento e l'unico materiale che si sono degnati di mandare è il programma.
Cinque giorni di lavoro con oltre trenta interventi programmati e non abbiamo neanche un testo, o almeno due slide. Che li possino....
Una volta arrivate in ditta scopriamo di non avere ancora toccato il fondo: quelle simpatiche trenta presentazioni non saranno semplici relazioni bensì momenti interattivi in cui i relatori si confronteranno costantemente con i partecipanti, peccato che ci sia un solo microfono collegato al nostro peraltro stitico auricolare e quindi, quando parlano tutti gli altri, noi dovremo ascoltare l'audio che si sente in sala, come se fossimo sedute tra il pubblico. Verrà benissimo!
Non abbiamo neanche iniziato e li odio già tutti; le cose non migliorano con il passare dei giorni, principalmente perché il meeting è in inglese e le poche persone che non lo parlano sono le uniche che si ricordano di noi (perché gli serviamo, mica per altro), tutti gli altri spesso e volentieri dimenticano la nostra presenza e si lanciano in commenti/accuse/domande senza microfono, quando non cambiano lingua a metà della frase (es. we have to react perché il mercato ce lo chiede). Il tutto con un inglese che nella maggior parte dei casi somiglia a quello di Totò.
Ci tengo a precisare che, nonostante le difficoltà tecniche del lavoro, abbiamo però goduto di alcuni momenti di altissimo livello e francamente indimenticabili, per esempio quando il supercapo ha tenuto a precisare che quando sentite queste cose vi deve venire duro, ovviamente rivolgendosi a una platea mista; in quella frazione di secondo che avevo a disposizione per pensare avrei voluto fare un paio di domandine al nostro eroe:
- Ma non le vedi quelle donne tra il pubblico? Perché io le vedo.
- E fare un corso di aggiornamento sulla gestione delle risorse umane e le tecniche di comunicazione nel nuovo millennio?
poi mi sono messa l'animo in pace, ho asfaltato l'espressione sotto una tonnellata di meritato oblio e via verso la successiva assurdità.
Generalmente, quando riesamino una situazione a freddo, a distanza di tempo, le cose si ridimensionano (il fatto di scriverci sopra mi aiuta a elaborare il trauma) e riesco a riderci sopra,
E stavolta?
P.S. Avrei di gran lunga preferito vestirmi da pollo.