mercoledì 4 marzo 2015

Il panno nero, se lo conosci lo eviti.

Consiglio: per poter apprezzare appieno questo post è necessario aver prima letto Tenere botta e Auguri Alberta


Alle 5 di sabato 28 febbraio io e Farnedi eravamo seduti al tavolo della cucina davanti a una tazza di camomilla e un pacco di biscotti; la cosa in sé non è poi così sorprendente se è uno di quei giorni in cui avete il cervello talmente sovraccarico che, appena riprende coscienza anche solo per un attimo, parte in quarta e inizia ad arrovellarsi sulle cose da fare, le persone da contattare, i problemi da risolvere. In queste condizioni, dormire è proprio fuori questione.
Inizialmente avevo proposto a Rico di fare due passi prima di pranzo per rilassarci un po' ma, con tutto quello che c'era da fare, l'ora di pranzo è arrivata e passata senza che avessimo il tempo di mangiare e alle 14.30 ho salutato Farnedi che con la macchina stracarica di strumenti partiva digiuno verso la Vecchia Stazione.
Mentre mangiavo qualcosa al volo e controllavo la pagina di Auguri Alberta per assicurarmi che non ci fossero messaggi o richieste di informazioni, mi è arrivato un messaggio dalla Piraccini:
MAURO DICE DI AVERE PROBABILMENTE LASCIATO UN PANNO NERO DI SOTTO. SE GLIELO PORTI CHE GLI SERVE PER SUONARE.
Smadonnando profusamente sono scesa in cantina, dove i musici ieri avevano provato tutto il giorno, e mi sono guardata intorno ma di panni neri neppure l'ombra. Ho notato un fagotto scuro dentro la grancassa e, essendo Mauro il batterista, mi è venuto il dubbio che intendesse quello; dato che il cellulare in cantina non prende, sono risalita fino al salotto (due piani sopra) e ho risposto che qua da me, di teli neri, neanche l'ombra, però c'era un robo scuro dentro la grancassa.
Tempo dieci minuti è arrivato un secondo sms:
DOVREBBE ESSERE RIPIEGATO IN ZONA BATTERIA, CREDO SIA QUELLO.
Ok, allora sono scesa di nuovo di sotto e ho tentato di togliere il telo dalla grancassa. Peccato che il buco della grancassa non sia molto grande e il fagotto in questione non fosse un semplice telo ma una corposa giacca di velluto. Dopo l'ennesima profusione di madonne sono finalmente riuscita a estrarre il dannato robo.
Ho rifatto i due piani di scale e comunicato che trattavasi non di telo, bensì di giacca.
Nuovo sms.
MAURO DICE CHE È UN PANNO PIEGATO IN ZONA BATTERIA O NEL MOBILETTO ALL'ENTRATA...O IN MACCHINA DA LUI. IO SONO INNOCENTE STRUMENTO DI QUESTO DELIRIO.
Il primo pensiero è stato ma non poteva dirmelo prima che sto maledetto straccio poteva essere nel mobiletto dell'ingresso? Poi il cervello è entrato a pieno regime: nella sua macchina? Prima di farmi fare le scale millemila volte non si è scomodato a controllare se l'aveva semplicemente lasciato in macchina?! Lo ammazzo!
Alla fine, più per scrupolo che per altro sono scesa a controllare il mobile dell'ingresso che naturalmente conteneva di tutto ma panni neri, ciccia.
Onde risparmiare alla Piraccini l'ingrato compito di mediare tra me e Gazzoni, tornata di sopra ho mandato un sms direttamente a Farnedi che supponevo essere nei dintorni di Mauro.
UNICO TESSUTO NERO VICINO A BATTERIA È STUPIDA GIACCA DENTRO GRANCASSA, NELL'INGRESSO NON C'È NULLA.
In risposta ho ricevuto un sms non da Rico ma ancora dalla Piraccini.
CE L'AVEVA IN MACCHINA...A DOPO

Avevo già la schiuma alla bocca e non ero ancora neppure a Forlì. La serata si preannunciava interessante.
Continua...



P.S. Questo articolo è stato scritto per la mia rubrica L'angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Express

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