Stavo riguardando le foto sulla mia pagina Instagram e mi sono resa conto di un dettaglio importante: c'è un tema che si ripete a distanza di tempo e, riflettendoci meglio, sono giunta a conclusioni inquietanti che non posso continuare a nascondervi. Tutti devono sapere.
Gli alieni sono tra noi.
La prima evidenza oggettiva di quanto dico è la foto qui a lato, scattata sul mio balcone una mattina, subito dopo aver fatto colazione. Qui evidentemente la tecnologia aliena, sempre celata ai nostri occhi umani, ha avuto un guasto, palesandosi in tutta la sua spaventosa potenza.
Mi pare evidente però che gli studi non si limitano alla semplice osservazione di noi umani, come nel caso qui sopra; gli alieni sembrano prediligere infatti un esame più particolareggiato del soggetto, come dimostrano i tanti rapimenti nei quali mi sono imbattuta per puro caso nel corso del tempo.
Il primo rapimento di cui ho avuto notizia si è verificato nei dintorni di casa mia ma in quel momento non ho dato importanza alla cosa, attribuendo la presenza di quelle scarpe abbandonate fuori dal cassonetto alla pigrizia di qualche vicino buzzurro.
Poi le cose si sono complicate quando, durante la mia abituale corsa vicino allo stadio, ne ho scoperto un altro in una zona non molto trafficata, se non dai tifosi nei giorni delle partite.
Che volessero studiare un Ultrà?
In questo caso, quello che ha attirato la mia attenzione sono quelle scarpe disposte in modo così preciso, come se il proprietario se le fosse tolte con cura prima di andarsene.
A una rapida occhiata, i soggetti esaminati dagli alieni sembrano essere estremamente diversi tra loro, perlomeno a giudicare dalle scarpe rinvenute sui luoghi dei rapimenti, si passa dalle Clark ai mocassini, fino ad arrivare alle scarpe portate senza lacci dal dandy di turno; il poveretto probabilmente non immaginava che la sua scelta di stile avrebbe avuto implicazioni così drammatiche.
La foto che osservate qui a lato rappresenta una importante evoluzione nel percorso dei rapimenti; fino a questo momento infatti erano stati rapiti solo singoli individui, probabilmente sorpresi in un momento di solitudine, invece qui gli alieni tentano di fare le cose in grande con il rapimento simultaneo di una coppia di persone, probabilmente appena uscite dal supermercato, a giudicare dalla busta di carta rinvenuta a lato delle loro scarpe.
Data la situazione, la tentazione di considerare Cesena come una potenziale nuova Roswell è forte ma le evidenze che ho raccolto sembrerebbero portare in tutt'altra direzione.
La foto che vedete qui a fianco è stata scattata dalla sottoscritta a Venezia, a riprova del fatto che i rapimenti di cui ci stiamo occupando non conoscono limiti geografici, il problema è nazionale.
Resta l'interrogativo di quella piuma abbandonata vicino alle scarpe, quasi a voler suggerire che nel corso del rapimento i Visitatori abbiano pensato di prelevare anche lo sfortunato piccione che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Si saranno certamente pentiti nei giorni successivi; me li immagino che vagano per l'astronave, pulendo cacche di piccione un po' ovunque e smadonnando in alieno.
Ovviamente uno studio degno di questo nome deve analizzare l'umanità considerando entrambi i generi e, infatti, qui vediamo un altro caso di rapimento di un soggetto chiaramente femminile. Tuttavia in questo caso sembra che la loro tecnologia abbia fatto fiasco, destrutturando le scarpe e lasciandone a terra solo la parte interna.
L'impressione è che in quel periodo i Visitatori si siano accorti per la prima volta di quegli oggetti che restavano abbandonati a terra e abbiano deciso di studiare meglio il fenomeno scarpe.
Anche quest'ultima foto sembra sostenere l'ipotesi di un tentativo alieno di estendere lo studio degli umani anche alle loro calzature, studio sempre un po' ostacolato dagli evidenti problemi tecnici che ha ancora la tecnologia aliena e che hanno probabilmente causato la perdita dei calzini.
Questa foto in particolare ci fornisce nuovi indizi, non meno preoccupanti: l'ho scattata lo scorso anno a Londra e dimostra quello che già da un po' venivo sospettando: gli alieni sono ormai in tutto il mondo, l'invasione è già cominciata.
Beware! They are coming!
venerdì 31 agosto 2018
Diffondete il messaggio! Tutti devono sapere!
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sabato 25 agosto 2018
Dai che la salita è finita!
Alzo lo sguardo verso la cima della collina e vedo mia mamma e mia nipote che stanno risalendo faticosamente il sentiero. Mia nipote protesta e non posso darle torto: mio babbo, in testa al gruppo, ha dichiarato per l'ennesima volta che la salita è finita, incontrando ovviamente lo scetticismo della famiglia.
Mi cade l'occhio sull'ometto di pietra che segnala il percorso: anche per lui è stato impossibile mantenersi in piedi con questa pendenza, si vede chiaramente che ha tentato il suicidio.
Come diavolo siamo finiti in questa situazione?
Tutto è cominciato lo scorso Natale, quando i nipoti hanno regalato al nonno (appassionato di montagna, ex presidente CAI, ecc, ecc) un buono per un'escursione in Appennino:
A pensarci bene la colpa è tutta loro, appena li raggiungo, li butto giù dal dirupo.
Questa mattina era iniziata all'insegna della tranquillità, mi avevano anche dato un paio di bastoncini che si suppone ti aiutino nella camminata, chiaro che lo fanno se sai come usarli, nel mio caso era maggiore il rischio di inciamparci o infilarli in un occhio a qualcuno. L'alternativa era fare come mio babbo che li tiene entrambi in una mano come se fossero una rivista e si dimentica della loro esistenza, tanto lui va su comunque.
La prima parte della camminata è stata piacevole, faceva fresco e quindi anche i tratti al sole si affrontavano senza problemi; il primo nodo è venuto al pettine quando ci siamo trovati di fronte a una salita impegnativa. Mio babbo, che conduceva il gruppo, si è avviato su per il sentiero e, una volta arrivato in cima, ha proferito le seguenti parole: dai che la salita è finita!
Ora, alle orecchie dell'ingenuo giovine che si affaccia alla vita (leggi i nipoti), queste parole suonano come musica celestiale; quando invece le ascolta qualcuno che conosce i suoi polli, l'effetto è molto diverso, l'esperienza (potremmo anche chiamarla trauma), insegna.
I miei genitori hanno iniziato a portare me e mia sorella in montagna quando io facevo la prima elementare e non c'è voluto molto per capire che quando si è tra i monti mio babbo con la verità adotta un approccio...diciamo laterale.
Da una parte non vuole darti un dolore, dicendoti che quella che hai davanti è solo la prima di una serie di salite che ti faranno avere visioni mistiche di tutti i santi del calendario, dall'altra non può rischiare un ammutinamento, con gente che si lascia cadere a terra e rifiuta di andare avanti, quindi opta per un temporaneo insabbiamento della realtà: nel caso specifico di questa camminata, se analizzate la frase pronunciata dal nostro, vedrete che lui non vi dice che le salite sono finite ma che la salita è finita, SOLO QUELLA.
Ovvio che questo tipo di approccio è molto a breve termine, può funzionare solo una volta, poi tu mangi la foglia e da quel momento qualsiasi dichiarazione dell'uomo viene accolta con pesante sarcasmo, come nel caso odierno; però anche quello fa parte della tradizione familiare: fatica sì, ma con diritto di protesta.
Quattro ore dopo siamo tornati alla partenza, stanchi e accaldati ma contenti e, proprio lì vicino, ci aspettava un meritato premio: in un attimo ci siamo liberati degli scarponi e abbiamo tuffato i piedi nell'acqua freschissima del fiume.
Il paradiso non è poi così lontano.
Mi cade l'occhio sull'ometto di pietra che segnala il percorso: anche per lui è stato impossibile mantenersi in piedi con questa pendenza, si vede chiaramente che ha tentato il suicidio.
Come diavolo siamo finiti in questa situazione?
Tutto è cominciato lo scorso Natale, quando i nipoti hanno regalato al nonno (appassionato di montagna, ex presidente CAI, ecc, ecc) un buono per un'escursione in Appennino:
A pensarci bene la colpa è tutta loro, appena li raggiungo, li butto giù dal dirupo.
Questa mattina era iniziata all'insegna della tranquillità, mi avevano anche dato un paio di bastoncini che si suppone ti aiutino nella camminata, chiaro che lo fanno se sai come usarli, nel mio caso era maggiore il rischio di inciamparci o infilarli in un occhio a qualcuno. L'alternativa era fare come mio babbo che li tiene entrambi in una mano come se fossero una rivista e si dimentica della loro esistenza, tanto lui va su comunque.
La prima parte della camminata è stata piacevole, faceva fresco e quindi anche i tratti al sole si affrontavano senza problemi; il primo nodo è venuto al pettine quando ci siamo trovati di fronte a una salita impegnativa. Mio babbo, che conduceva il gruppo, si è avviato su per il sentiero e, una volta arrivato in cima, ha proferito le seguenti parole: dai che la salita è finita!
Ora, alle orecchie dell'ingenuo giovine che si affaccia alla vita (leggi i nipoti), queste parole suonano come musica celestiale; quando invece le ascolta qualcuno che conosce i suoi polli, l'effetto è molto diverso, l'esperienza (potremmo anche chiamarla trauma), insegna.
I miei genitori hanno iniziato a portare me e mia sorella in montagna quando io facevo la prima elementare e non c'è voluto molto per capire che quando si è tra i monti mio babbo con la verità adotta un approccio...diciamo laterale.
Da una parte non vuole darti un dolore, dicendoti che quella che hai davanti è solo la prima di una serie di salite che ti faranno avere visioni mistiche di tutti i santi del calendario, dall'altra non può rischiare un ammutinamento, con gente che si lascia cadere a terra e rifiuta di andare avanti, quindi opta per un temporaneo insabbiamento della realtà: nel caso specifico di questa camminata, se analizzate la frase pronunciata dal nostro, vedrete che lui non vi dice che le salite sono finite ma che la salita è finita, SOLO QUELLA.
Ovvio che questo tipo di approccio è molto a breve termine, può funzionare solo una volta, poi tu mangi la foglia e da quel momento qualsiasi dichiarazione dell'uomo viene accolta con pesante sarcasmo, come nel caso odierno; però anche quello fa parte della tradizione familiare: fatica sì, ma con diritto di protesta.
Quattro ore dopo siamo tornati alla partenza, stanchi e accaldati ma contenti e, proprio lì vicino, ci aspettava un meritato premio: in un attimo ci siamo liberati degli scarponi e abbiamo tuffato i piedi nell'acqua freschissima del fiume.
Il paradiso non è poi così lontano.
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