Alzo lo sguardo verso la cima della collina e vedo mia mamma e mia nipote che stanno risalendo faticosamente il sentiero. Mia nipote protesta e non posso darle torto: mio babbo, in testa al gruppo, ha dichiarato per l'ennesima volta che la salita è finita, incontrando ovviamente lo scetticismo della famiglia.
Mi cade l'occhio sull'ometto di pietra che segnala il percorso: anche per lui è stato impossibile mantenersi in piedi con questa pendenza, si vede chiaramente che ha tentato il suicidio.
Come diavolo siamo finiti in questa situazione?
Tutto è cominciato lo scorso Natale, quando i nipoti hanno regalato al nonno (appassionato di montagna, ex presidente CAI, ecc, ecc) un buono per un'escursione in Appennino:
A pensarci bene la colpa è tutta loro, appena li raggiungo, li butto giù dal dirupo.
Questa mattina era iniziata all'insegna della tranquillità, mi avevano anche dato un paio di bastoncini che si suppone ti aiutino nella camminata, chiaro che lo fanno se sai come usarli, nel mio caso era maggiore il rischio di inciamparci o infilarli in un occhio a qualcuno. L'alternativa era fare come mio babbo che li tiene entrambi in una mano come se fossero una rivista e si dimentica della loro esistenza, tanto lui va su comunque.
La prima parte della camminata è stata piacevole, faceva fresco e quindi anche i tratti al sole si affrontavano senza problemi; il primo nodo è venuto al pettine quando ci siamo trovati di fronte a una salita impegnativa. Mio babbo, che conduceva il gruppo, si è avviato su per il sentiero e, una volta arrivato in cima, ha proferito le seguenti parole: dai che la salita è finita!
Ora, alle orecchie dell'ingenuo giovine che si affaccia alla vita (leggi i nipoti), queste parole suonano come musica celestiale; quando invece le ascolta qualcuno che conosce i suoi polli, l'effetto è molto diverso, l'esperienza (potremmo anche chiamarla trauma), insegna.
I miei genitori hanno iniziato a portare me e mia sorella in montagna quando io facevo la prima elementare e non c'è voluto molto per capire che quando si è tra i monti mio babbo con la verità adotta un approccio...diciamo laterale.
Da una parte non vuole darti un dolore, dicendoti che quella che hai davanti è solo la prima di una serie di salite che ti faranno avere visioni mistiche di tutti i santi del calendario, dall'altra non può rischiare un ammutinamento, con gente che si lascia cadere a terra e rifiuta di andare avanti, quindi opta per un temporaneo insabbiamento della realtà: nel caso specifico di questa camminata, se analizzate la frase pronunciata dal nostro, vedrete che lui non vi dice che le salite sono finite ma che la salita è finita, SOLO QUELLA.
Ovvio che questo tipo di approccio è molto a breve termine, può funzionare solo una volta, poi tu mangi la foglia e da quel momento qualsiasi dichiarazione dell'uomo viene accolta con pesante sarcasmo, come nel caso odierno; però anche quello fa parte della tradizione familiare: fatica sì, ma con diritto di protesta.
Quattro ore dopo siamo tornati alla partenza, stanchi e accaldati ma contenti e, proprio lì vicino, ci aspettava un meritato premio: in un attimo ci siamo liberati degli scarponi e abbiamo tuffato i piedi nell'acqua freschissima del fiume.
Il paradiso non è poi così lontano.
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