martedì 9 novembre 2010

Cinque giorni tra Amsterdam e Brugge (nove soggetti, un paio di occhiali e un mattone) - prima parte

Questo reportage di viaggio sarà un po’ anomalo nel senso che cercherò di andare in fila, cronologicamente parlando, ma non faccio promesse, ho la memoria anarchica.
Viaggio così suddiviso: Volo bologna-francoforte-amsterdam, arrivo previsto verso le 14; tre notti ad amsterdam, indi partenza con macchine a nolo verso il belgio e brugge per l’ultima notte prima di ripartire con volo bruxelles-monaco-bologna. Tutto organizzato nei minimi dettagli dalla Berti (Santa subito), con la collaborazione della Rini (Santa tra un po’, forse, se impara a mangiare almeno la cipolla).

Ritrovo previsto alle 7.30 al Bevano ma la sera prima ci viene freddo ai piedi e monta l’ansia da partenza quindi arriva un sms che anticipa il tutto di UN’ORA. Avvisiamo Mauro che chiama allucinato dicendo”Ma perché partiamo alle 6.30 se l’aereo c’è alle 12.20?” Peccato che quello fosse l’orario di arrivo a Francoforte.
Comunque il giorno fatidico arriva e alle ore 6.30 il principe passa a prenderci; io esco di casa con il mio trolley, il giaccone e un annaffiatoio pieno d’acqua (non sto a spiegare la mia ossessione verde che ci vorrebbero dei giorni). E comunque l’annaffiatoio rimane a casa quindi il viaggio non lo riguarda.
La carovana di tre macchine e nove persone parte dal Bevano con le migliori intenzioni: Macchina numero 1: Berti, Toda, Mauro
Macchina numero 2: Cecca e Clodia
Macchina numero 3 Principe, Claudio, Rico e io
La Berti che fa strada (è l’unica che conosce l’ubicazione del parcheggio prenotato e non l’ha voluta rivelare a nessuno) decide di andare ai 100 perché ci si gode meglio il panorama e così la Rini viene meno mossa quando si fa l’autoscatto col cellulare; il principe costretto a rallentare scalpita come un cavallo prima del palio di Siena, smoccolando in varie lingue. E ovviamente a un certo punto, nel marasma della tangenziale, le perdiamo. Seguono altri vari moccoli.
Arrivati al parcheggio scarichiamo tutte le nostre cose mentre i tre valorosi autisti vanno a pagare il parcheggio. Arriva la navetta per l’aeroporto e notiamo che Mauro regge in mano un tomo spaventoso (I pilastri della terra di Ken Follett) del peso approssimativo di 4,5 kg. Indagando si scopre che si tratta del libro che la Berti ha portato da leggere, in quanti mesi non si sa. Il mattone in questione diventa immediatamente la mascotte della vacanza e viene fotografato ripetutamente.
Una volta arrivati sani e salvi al Marconi, ci sediamo nella hall  in attesa che inizi il check-in. Poco a poco, tramite gomitate, occhiatine cariche di significato e colpi di tosse, tutto il gruppo si accorge della signora che con l’aiuto dell’amica sta tentando di avvolgere la sua valigia nella pellicola trasparente, un po’ come fanno quei macchinini che ci sono negli aeroporti che t’imballano la valigia come se dovessi mandarla in guerra o nello spazio. Solo che la signora è turista fai da te e sta tentando di avvolgere il trolley usando un rotolo di pellicola da cucina. Niente di male, se non fosse che il trolley è grande e la signora no, quindi la costringe a piegarsi in ogni direzione nel tentativo di avvolgerlo tutto e la nostra eroina per questo suo viaggio ha indossato la tipica tenuta da viaggio: minigonna a pieghe e stivaletti con calze scure velate. Ad ogni piegamento si vede questo sedere che svetta orgoglioso e molto, come dire, nudo. Avrà il perizoma. Speriamo.
Dopo quest’inizio, diciamo insolito, partiamo alla volta del check-in e poi direttamente al controllo bagagli. C’è un po’ di fila, quindi ci separiamo, salvo poi riunirci alla fine del percorso e scoprire che:
come sempre, Farnedi l’hanno perquisito (sarà la faccia da terrorista),
pure Claudio che indossa gli stivali (che chiamano essere tolti),
E,
dico E,
Mauro ha tentato d’imbarcare, nell’ordine:
Una bottiglia di shampoo da 250 ml (a suo dire imbarcabilissima perché mezza vuota)
Una bottiglia d’acqua DA 1,5 LITRI.

Comunque, nonostante i vari tentativi, non hanno arrestato nessuno (anche se secondo alcuni volevano sequestrare i pilastri della terra in quanto arma di distruzione di massa, e che massa!) e siamo arrivati al nostro gate. Ovviamente, appena arrivai di là, le due tossiche del gruppo (leggi Berti e Cecca) sono partite alla ricerca (vana) di un posto dove fumare.

Una volta in aereo ci siamo resi conto che i nostri trolley non stavano da nessuna parte e che dei simpatici buontemponi si erano seduti nei nostri posti. Alla fine uno steward si è deciso a venire a vedere e gli abbiamo dato le valigie mentre, a forza di occhiatacce, gli squatter hanno mollato i nostri posti.
Appena atterrati, tutti sono schizzati in piedi pronti a precipitarsi fuori, peccato che i nostri bagagli fossero ostaggio dell’equipaggio e che l’unico pensile che non si apriva fosse quello contenente il giaccone e la borsa di Mauro.
Una volta arrivati a destinazione, il viaggio fino al centro città è stato tranquillo, i veri problemi sono iniziati all’uscita della stazione, quando il gruppo è entrato in contatto con la città e soprattutto con le sue mille vetrine; ogni due minuti qualcuno si fermava a guardare qualcosa (c’erano decinaia di friggitorie che vendevano delle patatine fritte atomiche, come facevi a non fermarti in religiosa contemplazione?); commento del Principe: “Per me in hotel arriviamo stasera verso le otto”
E invece, nonostante gli erotic shop e le altre amenità varie incontrate lungo la strada, siamo arrivati che era ancora giorno e, dopo aver fatto il check-in con una receptionist incazzata come una biscia (probabilmente le avevano rubato la sua copia dei pilastri della terra e non se ne faceva una ragione), siamo riusciti a mollare le nostre cose e a partire alla scoperta del luogo (e che luogo).
Il resto alla prossima puntata….

Compagno inseparabile
 

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