Quanto vado a raccontare ha avuto il suo inizio parecchi mesi fa in quel di Imola: arriva mia sorella con la notizia che George Michael farà un tour e terrà dei concerti anche in Italia. Io non sono proprio un’appassionata ma, avendo diviso per tanti anni la camera con lei che è invece una fan coi fiocchi, conosco molte delle sue prime canzoni e anche parecchie delle successive. La Checca (vedi sorella) mi dice che le piacerebbe andarci e la cosa in effetti non dispiace neanche a me; le possibilità sono due, Verona o Firenze (Napoli e Milano anche no, grazie). Alla fine optiamo per Verona non so bene perché, forse solo perché ci ispira di più (e poi io non sono mai stata all’arena e sono curiosa). Possiamo scegliere tra varie tipologie di biglietti:
Poltronissima gold: 126,50 euri (per finanziamenti rivolgersi alla cassa, Taeg 10%)
Poltrona: 97,75 euri
Tribuna numerata: 74,75 euri
Gradinata non numerata: 46,00 euri
Quale scegliere? Rifletto un secondo e concludo che non è che si vada a vedere concerti così tutti i giorni, quindi possiamo allargarci e comprare i posti in tribuna numerata; anche perché, io magari sarò la principessa sul pisello, ma l’idea di guidare per due ore e mezza e poi dover lottare col coltello tra i denti per un posto a sedere non mi sorride particolarmente. Sono ad alto mantenimento ma, essendo che mi mantengo io, non vedo il problema.
Il gruppo-concerto si compone di: la Checca, Cristiana (amica della Checca), la Ste e moi. Dei biglietti se ne occupa la Checca e quindi siamo in una botte di ferro; per il resto, mancano ancora più di tre mesi, quindi abbiamo tutto il tempo per organizzare la logistica, non c’è fretta. Qualche settimana dopo però scopro che il corso di formazione in cui sto lavorando a Modena prevede una seconda parte. Indovinate quando? Dal 13 al 15 settembre. Ovviamente, ho solo tre impegni in tutto il mese e uno di quelli deve proprio essere il 13. Ma porc… Per fortuna Modena è sulla strada per Verona, quindi ci diamo l’appuntamento all’uscita di Modena Nord.
Arriva il fatidico giorno e tutto sembra andare per il meglio, il lavoro è duro ma finiamo addirittura qualche minuto prima, quindi ho il tempo di passare dall’albergo e farmi una doccia. L’unico dubbio ancora irrisolto è dove trovarci esattamente: all’inizio avevo proposto il parcheggio di Modena Nord ma, quando sono arrivata da Cesena, non ho fatto in tempo a vedere molto perché c’era un traffico mostruoso, camion ovunque e non vedevo l’ora di arrivare all’albergo.
Decido quindi di partire subito e approfittare del tempo rimasto per verificare se il posto va bene. Arrivo in prossimità dell’autostrada ma nell’unico spiazzo libero che trovo sembra di essere sul set di Mad Max: blocchi di cemento con scritte spray del tipo “niente auto”, catene per impedire l’ingresso, insomma, se vedessi due che scuoiano una bestia non mi stupirei più di tanto. Io lì non voglio rimanere. Sì, va bene, ma dove vado? Chiamo i rinforzi che sono in arrivo da Imola e mi suggeriscono di andare ad aspettarle all’ingresso dell’autostrada, il parcheggio lo cercheremo insieme. Peccato che una volta arrivata al casello questo si riveli un robone enorme a ventimila corsie, e non puoi certo attraversarle per andare dall’altra parte! Vista la situazione, accosto vicino a un carabiniere e, facendo la voce da povera piccola fiammiferaia, gli dico che temo di aver fatto una cazzata e che non devo prendere l’autostrada, cosa posso fare? Evidentemente le domande come la mia sono all’ordine del giorno perché il baldo tutore dell’ordine non fa una piega e mi indica uno stradello che mi riporterà sulla strada principale. Ringrazio e parto anche se non so bene verso dove. Non ho più voglia di pensare, getto la spugna e torno al parcheggio dei tagliagole in attesa che arrivino le altre, loro sapranno cosa fare.
Una volta riunite decidiamo di tentare con la zona dall’altra parte della strada dove c’è un ristorante con parcheggio annesso che pare abbastanza tranquillo. Dopo aver parcheggiato ed essere salita sulla macchina della Ste, il tutto un po’ trafelata, noto una catena appoggiata a terra in un angolo (come sarà che qui a Modena ci sono delle gran catene dappertutto? Capisco là nel parcheggio dei tagliagole, ma anche di qua? Boh); mentre prendiamo l’autostrada, mi lascio sfuggire che spero non la usino davvero altrimenti rischio di rimanere bloccata lì. Ovviamente da quel momento in avanti le battute sulla mia macchina incatenata al parcheggio si sprecheranno per tutta la sera.
Comunque perlomeno siamo partite. Dopo circa un’ora ci fermiamo in autogrill per fare una sosta e mettere qualcosa sotto i denti; alla cassa mi dicono che c’è una strepitosa offerta per cui, se ordini panino e bibita (come ho appena fatto io), con solo un euro in più puoi avere un sorbetto al caffè oppure dei dolcetti. Quando chiedo “che tipo di dolcetti?” mi indicano tre bomboloncini e, per chissà quale ragione, li prendo, pur sapendo che non c’è nessuna possibilità che riesca a mangiarli, avendo appena ordinato una baguette con prosciutto crudo lunga quanto il mio piede (n° 40). Forse è solo che stasera sono contenta e ho voglia di festeggiare. Chiedo un sacchetto e li infilo in borsa, li mangerò al concerto.
Mentre l’Albertini-car sfreccia sull’autostrada dribblando auto e camion con la scioltezza di sempre, sulla sinistra fa capolino, in un cielo terso come pochi, una luna piena e inaspettatamente rossiccia. Guardo mia sorella e non riesco a trattenere un
Luna rossa, attacco di Vega! Per fortuna, avendo più o meno tutte la stessa età, la dichiarazione causa qualche risata ma nessuno sguardo attonito della serie
Eh?, di quelli che ti deprimi perché ti dicono sostanzialmente che sei vecchia, un po’ come è successo qualche anno fa quando ho detto
resta di stucco è un barbatrucco di fronte a delle teenager che mi hanno guardato come se mi si fosse fuso il cervello. Devo dire che all’arena di Verona si sono organizzati bene: seguendo gli appositi cartelli troviamo un parcheggio che alla modica cifra di tre euri offre pure la navetta gratuita per l’arena. Sono le 20.05 e siamo decisamente euforiche, non avremmo mai sperato di arrivare così presto. Non possiamo sapere che la navetta parte una volta ogni morte di papa e che quindi dovremo aspettare fino alle 20.20 prima che l’autista si dia una mossa. Però abbiamo trovato da sederci, ci siamo rifocillate e i posti sono numerati quindi siamo in pace col mondo. Provo a offrire i miei bomboloncini ma il popolo è ancora pieno causa cena paninosa e fa il difficile. Nel frattempo il numero di persone va poco a poco aumentando e non posso fare a meno di notare che la fascia 30-50 (la nostra, per intenderci) è quella più rappresentata, ne concludo che sarà un concerto di mezz’età. Vabbè.
L’arena by night è un vero spettacolo, la zona intorno brulica di gente e mentre ci avviciniamo mi preparo psicologicamente a una fila chilometrica per entrare ma, anche in questo caso, l’organizzazione è impeccabile: ci sono tantissimi ingressi diversi tutt’intorno all’arena e praticamente nessuna fila. Entriamo e si parte subito alla ricerca dei nostri posti, i quali nostri posti si rivelano essere quanto di meglio potessimo sperare: sono quelli più in basso del nostro settore, quelli che davanti non hanno nessuno per tre metri e sono pure centrali, il palco si vede perfettamente. Di fronte a tutto ciò, ci gettiamo ai suoi piedi rendendo onore alla Checca, inarrivabile procacciatrice di biglietti. Dal canto mio, non avendo fiori o gioielli con cui omaggiarla, le offro in dono i miei famosi bomboloncini ma, inspiegabilmente, lei declina.
Solo una volta trovati i posti e tranquillizzate le mie ansie posso darmi un’occhiata intorno e devo ammettere che lo spettacolo è impressionante, le gradinate sono strapiene di gente, e ne continua a entrare una marea; sapere che è tutto esaurito è una cosa ma vederlo con i tuoi occhi fa tutto un altro effetto.
Dagli altoparlanti ci informano che a breve scatteranno una foto dell’arena dal palco e che questa sarà poi resa disponibile sul sito internet di George; lì per lì sembra una gran bella idea, peccato che dopo un paio di minuti ce ne dimentichiamo completamente e infatti nella famosa foto si vedono giusto un pezzo di faccia della Checca e la mia tempia sinistra.
E poi, finalmente, inizia.
Ripensandoci adesso, il concerto è stato diverso da come mi aspettavo, è stato molto, molto di più. In parte forse anche perché i brani scelti (tra gli altri
My baby just cares for me,,
Brother can you spare a dime,
Kissing a fool), e lo stile in generale, s’inserivano perfettamente nella scenografia dell’arena e in quel cielo stellato in cui spiccava una luna piena e ahimè non più rossa, che però rendeva l’atmosfera fatata.
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per gentile concessione dell'Albertini |
Ma direi che la vera ragione, quella che ha fatto la differenza, è stata la gente: le mie previsioni in fatto di età si erano rivelate abbastanza precise, quindi mi aspettavo un concerto tutto sommato molto tranquillo. Non ero preparata a quella folla esultante, a tutta quella gioia, trascinante e contagiosa. Quando cresci ti disabitui a esprimere la gioia in modo vero, senza tirarti indietro, e quando te la trovi di fronte e ti investe in pieno è difficile non restarne colpiti. Questo
pubblico di mezz’età si è dato tutto al concerto e mi ha emozionato al pari delle canzoni, non posso fare a meno di chiedermi come sia stato trovarsi dall’altra parte, stare su quel palco.
Durante il concerto sono successe molte cose, buffe, irritanti, divertenti; tra queste c’è stato un momento che mi ha davvero emozionato. Era appena finito un pezzo, un pezzo jazz molto elegante e, dopo gli applausi, c’è stato un attimo di vuoto prima dell’inizio del brano successivo. In quell’istante di silenzio si è sentita una voce femminile che gridava: “Bravo Giorgino!” Quella voce ha incrinato la patina di raffinatezza e irraggiungibilità che si era creata intorno a George Michael e ha riportato i nostri pensieri sull’uomo, dimenticando per un attimo l’artista, perché all’uomo e non all’artista era diretto l’affetto che si avvertiva nella frase.
Quando si è concluso anche l’ultimo bis, quando l’accendersi delle luci ha segnato inequivocabilmente la fine del concerto, non sono tornata subito con i piedi per terra, sono stata per un po’ sospesa a mezz’aria, si stava bene da quelle parti.
Avendo l’Albertini alla guida, il viaggio di ritorno è durato un nanosecondo ma è stato abbastanza per farci decidere di portare i famosi bomboloncini in dono alla Clodia, la quale ci aveva messaggiato chiedendo un souvenir. Arrivati a Modena siamo uscite dall’autostrada e abbiamo raggiunto il parcheggio, dove una lucente e robusta catena sbarrava l’ingresso. Mi sono cadute le braccia.
Ma porca miseria!!!!!!! C’era però ancora un’ultima carta da giocare, sono scesa dalla macchina e mi sono avvicinata timidamente…il lucchetto non era chiuso!!!!!!!!!
E così è terminata in gloria una serata veramente meravigliosa, non riesco a scacciare l’impressione che l’universo si sia messo d’accordo per concederci di vivere per qualche ora un momento speciale.
Arrivata in camera ho aperto la borsa per prendere il cellulare e la mano ha toccato qualcosa d’inaspettato: laggiù, dimenticati e schifati da tutti, i miei tre bomboloncini, fedeli compagni di mille avventure, aspettavano pazienti che qualcuno li notasse. Ho mandato una loro foto alla Clodia, in fondo è il pensiero che conta, no?
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