L'Ale passa a prenderci puntuale come sempre e dopo mille dubbi (sarà caldo? Sarà freddo? Sarà umido? Avranno la cocacola?) saliamo in macchina e si parte in direzione Ravenna.
La performance si tiene all'Arena Palma d'Oro in quel di Castiglione di Cervia, un'amena località che dista circa mezzora da casa nostra; durante il tragitto in macchina scopriamo un mondo a noi sconosciuto, vecchie case, vie con macchine parcheggiate ovunque causa locale festa dell'Unità ma, soprattutto, strade così strette e remote da farci temere che finissero nella famosa cascata alla fine del mondo.
Ma non hanno uno straccio di navigatore? - vi domanderete voi; il navigatore ci sarebbe anche ma, qualcuno, quando ho chiesto se dovevo prenderlo su, ha scosso la testa con l'ormai famosa frase "no, che fin lì ci arriviamo", salvo poi andarsi a sedere sul sedile di dietro e lasciare me (no, dico, me) a far da navigatore.
Ovviamente alla fine il posto l'abbiamo trovato ma, chissà come mai, al ritorno ci abbiamo messo moolto meno...
Purtroppo avevamo già mangiato, quindi non abbiamo potuto testare gli strozzapreti o le tagliatelle al ragù, e neppure l'ottima piadina che una signora stava tirando con il matterello proprio davanti ai miei occhi, ma per un paio di porzioni di patatine fritte il posto lo si trova sempre; arraffati cibo e beveraggi, siamo scesi nell'arena e ci siamo accaparrati un tavolo in posizione centrale.
Mentre si chiacchierava sorseggiando (io) l'immancabile cocacola, da dietro le quinte del palco è uscito un giovine reggendo un ampio cartellone con cui tentava, senza grande successo, di occultare alla nostra vista quella che era a tutti gli effetti una mummia; la bendata figura (almeno cinque rotoli di carta igienica) si è rapidamente infilata in un parallelepipedo-scatola stile sarcofago, scomparendo ai nostri occhi.
Anche se le trombe sono ufficialmente squillate più tardi, per me è stato quello l'inizio dello spettacolo.
La mummia ha fatto la sua comparsa a spettacolo già inoltrato e dall'alto della mia lievissima claustrofobia sarei curiosa di chiedere, all'eroe celato sotto le bende, come sia stato trovarsi completamente bendati, chiusi in uno scatolone e impossibilitati a uscire. Solo a pensarci, l'ansia scorre a fiumi.
Lo spettacolo in questione è uno spettacolo di cabaret, surreale e gioiosamente sgangherato, con momenti di musica e teatro alternati, sovrapposti, o come si dice dalle mie parti invrucchiati (attorcigliati). Le scenografie e i costumi sono poveri, fatti di carta, cartone e oggetti improbabili ma perfettamente in linea con lo spirito nonsense della performance.
Il faraone in questione, oltre a essere allergico ai latticini (stando alle analisi appena ritirate) si rivela anche un uomo forzutissimo, riuscendo a uscire illeso dall'agguato tesogli da Johnny & Mongo, costretti a toglierlo di mezzo onde spazzare via la maledizione scagliata su di loro dalla mummia di Sethi I, faraone precedentemente ucciso da quello attualmente in carica (la trama in effetti ricorda un po' Biutiful).
Il faraone e la mummia lottano senza esclusione di colpi e alla fine, quando ormai l'ammasso tessile sembra sconfitto, la mano del destino si abbatte senza pietà sul faraone: incautamente cibatosi di una salsa allo yogurt, il pur nerboruto dio tira le cuoia causa overdose di fermenti lattici.
A quel punto si pone il problema di trasportare fuori scena il corpo del faraone ed ecco ricomparire il carretto frondoso e gli schiavi; sfortunatamente, proprio sul più bello un posizionamento non proprio impeccabile del corpo ha fatto impennare il carretto come un cavallo imbizzarrito. Comunque alla fine ce l'hanno fatta (chissà quanti regali lividi saranno spuntati il mattino dopo).
Ovviamente, trattandosi di una performance di un certo livello, non sono mancati gli attimi di romanticismo struggente, cito ad esempio la vetta di tenerosità toccata dall'espressione "Amore ti spezierò" all'interno del componimento "Amore ho fatto il sugo rosso" che non ha mancato di strappare qualche lacrima al pubblico.
Segnalo alcuni dei miei momenti preferiti tra quelli ormai considerati parte irrinunciabile di qualsiasi performance J&M che si rispetti: la lotta con il coccodrillo gonfiabile (in questo caso è il dio coccodrillo che i due sono costretti a venerare) e l'inno a Gozer, il Distruggitore (a lato trovate un video, in questo caso vale veramente mille parole); in questa performance il Gozeriano è il nuovo dio incontrato dai due eroi dopo quarant'anni di peregrinazioni nel deserto.
Di pregevole fattura il cartellone con su scritto "40 anni dopo".
Come già accaduto con l'ingresso e l'uscita del faraone, la performance non si limitava al palco, estendendosi invece anche alle zone limitrofe, come ad esempio quando Mongo ha deciso di salire su un albero per scrutare l'orizzonte ed è saltato giù dal palco, dirigendosi verso una palma ubicata sulla nostra destra. Io pensavo facesse finta e invece quest'uomo scalzo, a mani nude, i fianchi cinti da un gonnellino, si è arrampicato fino in cima alla palma, roba che neanche l'Uomo Ragno... Mentre lo fissavo incredula, il dubbio che fosse in realtà un alieno fatto di gomma mi è venuto, lo confesso.
Mi rendo conto che potrei continuare ancora per parecchio, mano a mano che ci penso mi vengono in mente altre cose ma, essendo che ho una lavatrice di panni da stendere, mi congedo con un'ultima raccomandazione: date un'occhiata alla loro pagina facebook e, se dovessero venire dalle vostre parti, non fatevi sfuggire l'occasione.
P.S. Per quelli geograficamente svantaggiati, qui sotto trovate un video con alcuni spezzoni tratti da diversi spettacoli (segnalo la lotta col coccodrillo gonfiabile a fine video); lo spettacolo di cui parlo qui non c'è ma un'idea ve la fate di sicuro. Buon divertimento.
P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press
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