sabato 4 agosto 2012

A volte ritornano

Lo so, lo so, a prima vista può sembrare che mi accanisca sempre contro le stesse pubblicazioni; ci tengo però a precisare che trattasi di pura coincidenza, sono semplicemente quelle che mi capita di sfogliare più spesso, temo che se ne esaminassi delle altre, la situazione non cambierebbe di molto. Alla fine siam sempre da quel pero e da quel fico.
Nel caso di oggi, il pero è Glamour, guarda caso lo stesso numero in cui ho avuto la fortuna di trovare l'oroscopo profetico (vedi C'è profezia e profezia). Poche pagine più avanti iniziano i servizi fotografici e dopo aver sfogliato il primo (titolo: Disco Diva, collari, borchie e compagnia bella), mi areno su quello intitolato The beach.
Potete vedere qui a lato la prima immagine del servizio e, se osservate da vicino come ho fatto io, probabilmente vi chiederete cos'è quel robo bianco che pare essere caduto sul piede della modella, potrebbe sembrare un pezzo del vestito che si è staccato, o magari sono dei pantaloncini (scusate, shorts) che indossava sotto il vestito, chissà.
Ovviamente voi, non avendo sotto mano la rivista, non potete placare la vostra curiosità, ma io sì: leggendo la didascalia ho scoperto che la modella indossa un coat in denim (che ovviamente on the beach è un must) e un paio di GHETTE. Tutto, cappotto e ghette, by Marques' Almeida. Sì, ho scritto ghette e sì, sulla rivista c'era proprio scritto ghette.
Pensandoci, non riesco a ricordare quando sia stata l'ultima volta che ho sentito qualcuno pronunciare la parola ghette in una conversazione, l'unico barlume di memoria che affiora è di quel malavitoso che inseguiva Jack Lemmon e Tony Curtis in "A qualcuno piace caldo".
A guardarle meglio (compaiono anche in un'altra foto del servizio che per il momento vi risparmio), queste ghette paiono delle estremità di jeans tagliate; chissà, forse qualche ditta produttrice di abbigliamento, dato che adesso vanno di moda i microjeans, avrà pensato di riciclare dei pantaloni vecchi semplicemente tagliandoli e, trovandosi poi tra le mani un sacco di gambe di jeans, ne sarà uscita brillantemente spacciandoli per delle ghette.
M'inchino al genio, farne dei portaombrelli sarebbe stato indubbiamente più complicato.

Tento una ricerca su internet perché confesso che mi piacerebbe molto scoprire a quanti euri vengono via le ghette del marchese. Purtroppo la fortuna non mi assiste, trovo un sito dell'azienda (due stilisti portoghesi, da cui il nome), la pagina facebook, ma di prezzi neanche l'ombra. In compenso trovo ottimi consigli su come riciclare le gambe dei vecchi jeans ora divenuti trendissimi shorts; per esempio, puoi cucire il fondo della gamba che hai tagliato, riempirlo di riso, cucirne la sommità e creare un comodo cuscino che potrai poi riscaldare nel microonde per scaldarti il letto senza rischiare la folgorazione da cortocircuito della coperta elettrica, oppure appoggiarti sul collo per lenire gli acciacchi dell'età. Tutto molto verde, ecologico e sostenibile.
Non vorrei preoccupare nessuno ma per il prossimo Natale vedo nubi nere oscurare l'orizzonte; in questi tempi di crisi il riciclo prende sempre più piede ed è diventato scicchissimo, la nuova tendenza, quindi preparatevi a dei cadeau di Natale potenzialmente devastanti. E pregate che siano scaldaletto di riso che si usano in casa perché se vi arriva l'amica trendissima con le ghette del marchese poi vi tocca pure mettervele. In pubblico.
Auguri.



P.S. Mi accorgo che in questo post dilaga il corsivo, me ne dolgo e prometto solennemente di limitarmi, in futuro.


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