sabato 4 dicembre 2010

Forse in miniera è peggio....forse

Qualche giorno fa mi chiamano per un lavoro: un'azienda ha bisogno di due interpreti per un meeting in una vicina città di mare. Fin qui niente di strano.  Dopo qualche ora scopro che il lavoro inizia alle 8 di mattina quindi dobbiamo essere là alle 7.30. Vabbè, una levataccia alle 5 ogni tanto non ti uccide. Peccato però che si lavori dalle 8 alle 19 con solo un'ora di pausa (dieci ore). Allora no, non voglio morire di sfinimento quindi chiedo la camera per la sera prima. Risposta, non c'è problema però dato che non possono spendere per l'attrezzatura per la simultanea (leggi pagare un tecnico) useranno un altro sistema ma senza la cabina per la traduzione.
Lo so che come introduzione è pallosa ma credetemi, serve.
In sostanza saremo sedute a un tavolino con un microfono in mano in una sala piena di gente e tradurremo per gli ospiti stranieri che ci sentiranno con le cuffie. Loro, perché noi col cavolo che abbiamo le cuffie, noi saremo in sala in mezzo al popolo bove.
Non so se avete presente cosa fa la gente alle conferenze: chiacchiera, legge il giornale, risponde al cellulare, starnutisce, tossisce ecc. E noi dovremmo cercare di capire cosa dicono dei tizi sul podio che spesso sono incomprensibili anche quando sei chiusa ermeticamente nel silenzio della tua cabina.
Vabbè, il lavoro è lavoro, forza e coraggio. Andremo io e Isabella.
Sono previsti 20 interventi e ovviamente chiediamo che mandino copia delle presentazioni che useranno; al momento della partenza verso la famosa cittadina, alle 20.30 di venerdì, ne abbiamo ricevuti ben 4. Allegria.
L'avventura parte bene, strada libera, tempo buono. Arrivo sul lungomare con la massima tranquillità, tanto chi vuoi che ci sia da queste parti in novembre? Una bolgia infernale. E' vero che è venerdì sera, ma cosa diavolo ci fa tutta sta gente qua? Lo scopro poco dopo; sono tutti diretti al mio albergo.
All'ingresso dell’hotel c'è uno che ha tutta l'aria del buttafuori; mi squadra e mi fa "Ciao, entra pure". Ora, non è che io me la tiri però mi chiedo:
a) chi diavolo è sto tizio?
b) cosa fa un buttafuori con tanto di auricolare davanti al mio albergo?
c) il buon vecchio Buonasera che fine ha fatto?
Entro e faccio il check in e, guardandomi intorno, mi rendo conto che dentro all'hotel deve esserci un ristorante o roba del genere, perché arrivano continuamente gruppi di gente tirata a balestra (oro e lustrini ovunque).
Mi danno la chiave e salgo in camera. Chiudo la porta e finalmente mi rilasso. Do un’occhiata in giro e niente da dire, la camera è grande, con un bel bagno. Il problema si pone al momento di dormire, quando spengo la tv: nel silenzio si sente una musica che pompa che non lascia dubbi, da qualche parte qui dentro c'è un locale notturno che fa un curioso casino.
Provo a spegnere la luce per vedere se la stanchezza ha la meglio; combatto per un'oretta ma non ho fatto i conti con il freddo polare della camera e il velo di copriletto a mia disposizione. Apro l'armadio per prendere la coperta. Non c’è'. La coperta non c'è! Un po’ come dire che si è seccato il mare, che la Nutella è blu e le Big Babol verdi. La coperta in hotel è una delle certezze della vita, di questo passo dove andremo a finire?!
Distrutta dalla stanchezza mi butto addosso il telo della doccia e, visto che il cuscino è un'ostia, prendo quello del letto di fianco e glielo metto sopra.
Adesso devo dormire, la sveglia suona alle 6.15 e sarà ormai l'una, dovrò dormire almeno qualche ora!!!
Spengo la luce e appoggio la testa sul cuscino che mi accoglie con uno spuntone non meglio identificato; allungo una mano e dopo aver tastato in qua e in là mi tocca ammettere l'incredibile: in questo cuscino c'è una molla di metallo. Perché? Chi mette una molla in un cuscino? Accendo la luce e lo esamino ma è cucito. Chi cuce una molla in un cuscino? Perché?
Non so bene quando ma a un certo punto crollo. Mi sveglio che è ancora buio, accendo il cellulare e scopro che sono le 5.36. Ma porc...adesso figurati se mi riaddormento. Dopo qualche tentativo poco convinto, accendo la luce e leggo.
Fortunatamente un libro l'ho portato, è "Orgoglio e pregiudizio e zombie" e francamente mi ci identifico abbastanza.

Incontro Isabella a colazione e poco dopo partiamo. La nebbia è fittissima e il paesaggio a dir poco spettrale, sarà un segno?Arrivate a destinazione scopriamo che, nonostante l'avessimo precisato, il tavolo per noi non è previsto; secondo loro dobbiamo stare sedute tra il pubblico in ultima fila con i computer sulle ginocchia. Va là che non è vero! Ci facciamo portare il tavolino ma pare sia troppo vicino al palco, il nostro sussurrare li disturba. Ma se noi sussurriamo e loro parlano col microfono! Misteri.
Mentre tentiamo di posizionare il tavolo in modo da vedere palco e schermo, arriva una tipa con tailleur inamidatissimo che, vedendoci lì sedute al tavolino fa una faccia come se avesse mangiato un limone e sbotta: “Ma io mi aspettavo che assumendo degli interpreti professionisti ci sarebbe stata anche la cabina! Alzo la testa e le rifilo un’occhiataccia delle mie, ribattendo gelida:” Francamente anch’io”
Iniziamo a lavorare sedute al dannato tavolino ma le proteste aumentano e a un certo punto mentre sto lavorando, Isabella mi fa capire che ci spostiamo in una stanza lì vicino. O almeno è quello che capisce quel decimo di cervello che può dedicarle attenzione. Invece quando vado di là scopro che ci hanno messo a lavorare al tavolo della reception! Non è una stanza ma l'ingresso dell'azienda! L'audio arriva da un televisore appeso al muro e quindi è strepitoso. Aggiungo che, nonostante il sabato l’azienda sia chiusa, passa puntualmente gente che sbatte porte, risponde al cellulare, accende la macchina del caffè, insomma, a parte i sacrifici umani, capita di tutto.
Passiamo buona parte del tempo a zittire quelli che passano di lì, lanciando occhiatacce a destra e a manca. Mi sento molto la signorina Rottermeier.
Dopo l’ennesima mezzora di lavoro, passo il testimone a Isabella e mi rifugio in bagno ma non sono al sicuro neppure lì; m’imbatto in una delle organizzatrici che mi comunica con la massima disinvoltura che può darsi che ci siano dei ritardi e lavoriamo più a lungo ma che ci pagheranno l’albergo per un’altra notte. Il solo pensiero di un’altra notte in quella ghiacciaia mi fa venire la pelle d’oca e le faccio capire senza mezzi termini che devono finire all’orario concordato perché più di dieci ore non si può lavorare, specialmente in quelle condizioni.
Ovviamente tutti i relatori arrivano con le loro belle presentazioni in power point piene di tabelle e grafici lillipuziani che, sul televisore della reception a cinque metri da noi, sembrano tante strane formichine.
Quando finalmente si fa ora di pranzo, siamo praticamente alla frutta. Raggiungiamo per tempo il buffet e riusciamo a vedere il tavolo prima che le cavallette lo spoglino. Ce n’è di ogni: coda di rospo, salmone, tagliolini allo scoglio, ravioli, carpaccio, pesci al forno, ecc ecc. Impossibile non chiedersi come sarebbero andate le cose se invece di spendere uno stramilione di euro nel super buffet pescioso, avessero optato per qualcosa di più semplice (e digeribile) e dirottato parte dei fondi verso il noleggio della cabina+tecnico. Non lo sapremo mai, in compenso mi trovo a sperare in un’intossicazione alimentare che metta fine alle mie sofferenze.
Il pomeriggio prosegue più o meno sulla falsariga della mattina, con solo qualche momento degno di nota:
a) nonostante ci avessero assicurato che l’azienda era chiusa, a un certo punto compare un ragazzo che ha tutta l’aria del corriere e, vedendoci al tavolo della reception, viene verso di noi parlandoci ad alta voce. Mi sbraccio come una forsennata e quello mi squadra come se mi avesse dato di volta il cervello ma almeno smette di parlare; lo trascino fuori e gli spiego la situazione. La faccia è un po’ dubbiosa ma almeno si avvia verso la cabina del custode (lui la cabina ce l’ha) e non lo vediamo più.
b) nel corso del pomeriggio mi levo la soddisfazione di zittire la tipa inamidata della mattina (aspettavo l’occasione da ore) e, per rilassarmi, nei momenti liberi inizio a scrivere questo resoconto, tra un’occhiataccia e un “shhhh!!!!!”

La ciliegina sulla torta arriva nel tardo pomeriggio: uno dei partecipanti esce dalla sala, si appoggia al nostro tavolo e viene colto da una crisi di tosse. Intere frasi che volano fuori dalla finestra. Evvai.
La frase più bella di tutta la giornata?

“E con questo abbiamo concluso”


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