venerdì 27 gennaio 2012

Lotta senza quartiere contro Marte e la Freccia Lenta

Guardando indietro vorrei poter dire che è stata tutta una concatenazione di eventi sfavorevoli, che gli dei non mi sorridevano, che avevo il Sole in opposizione, ma la cruda realtà dei fatti è che sono invornita e, in alcune occasioni, questo fatto emerge in maniera inequivocabile. Giudicate voi.

Devo andare a Firenze per un lavoro all’ultimo minuto, quindi mi tocca far tutto un po’ di corsa; prenoto i treni un paio di giorni prima (boia Trenitalia e l’invenzione dei frecciarossa, argento, zinco e chissà cos’altro, che devi sempre prenotare prima) e, dovendo essere al convegno entro le 9 di mattina, mi tocca prendere il treno delle 6.21, il che impone una levataccia, sveglia ore 5.20.
Esco di casa alle 5.55 e il paesaggio è da lupi: freddo boia, buio assoluto e giusto tre macchine di disperati in giro. Se non altro arrivo in stazione in un batter d’occhio e trovo parcheggio praticamente davanti all’ingresso. Scendo dalla macchina bardata come un omino Michelin (le previsioni su Firenze ieri sera davano coperto e 2-3 gradi) e arrivo sul binario in netto anticipo sul regionale. Fortuna vuole che proprio davanti a me si fermi una carrozza di prima classe declassata a seconda, il che mi regala un viaggio morbidoso su uno dei sedili scicchissimi della prima classe. Contrariamente alle mie aspettative, durante il viaggio non passa la hostess con il flute con lo sciampagn come si vede nelle pubblicità, forse a quell’ora del mattino non è il caso, però due salatini non ci avrebbero mica fatto schifo!
Scendo a Bologna con la massima calma, tanto il treno c’è tra venti minuti. Devo prendere il Freccia Qualcosa che va a Roma; controllo sul tabellone delle partenze per vedere che arrivi a Firenze alle 8.25 come previsto e, in quel momento, solo in quel momento, mi rendo conto che il treno ferma sì a Firenze ma a Campo di Marte e non a Santa Maria Novella come credevo io.
Aritmia.
Mi riprendo in fretta pensando che c’è sempre un treno che da Campo di Marte ti porta a Santa Maria Novella quindi al massimo impiegherò dieci minuti in più e, sommandoli ai dieci minuti che servono per raggiungere Palazzo Vecchio, sede del convegno, avrò comunque un quarto d’ora di margine. Bene, ma che strada faccio? Perché io la mappa per arrivarci non l’ho mica stampata! Tonta! Potrei forse usare le mappe sul cellulare ma non so gli indirizzi della stazione e del palazzo, potrei cercarli su internet, peccato che da Bologna a Firenze sia tutta una galleria quindi si è più isolati che in un bunker antiatomico. Nel frattempo, il Freccia Qualcosa è in ritardo di quindici minuti. Allegria.
Alla fine opto per il tradizionale sistema a base di “Scusi, per andare a Palazzo Vecchio vado bene di qua?” e, grazie a vari passanti gentilissimi incontrati lungo il percorso, arrivo a destinazione alle 9.05. Salgo le scale verso la sala dei duecento con una certa rapidità, pur sapendo che Ilaria, la mia collega, è già in cabina e il convegno non inizierà prima delle 9.15-9.30. La saluto, mi siedo in cabina e finalmente mi rilasso.
Il convegno in sè non si discosta dalla normale tipologia convegnistica, salvo per alcuni piccoli particolari:
1)    TUTTI, ripeto, TUTTI i relatori hanno delle presentazioni, in power point o acrobat o chi per lui, ma NESSUNO, ripeto, NESSUNO ce ne ha fatta avere una copia. Gli venisse un pizzichino.
2)    L’acqua per noi e per i relatori viene servita in brocche di vetro ed è chiaramente identificata come acqua dell’acquedotto. Tanto di cappello al comune di Firenze che, almeno a Palazzo Vecchio (non so altrove), ha smesso di comprare inutili bottiglie di vetro (o peggio plastica) e usa l’acqua pubblica. Ci tengo a precisare che alla fine della giornata nessuno ha riportato diarrea, vomito o mutazioni genetiche, pur avendo bevuto la pericolosissima acqua di rubinetto che, a sentire certa gente, farebbe più vittime del gas nervino.
3)    Nella sala faceva parecchio freddo, tanto che mi son dovuta mettere la sciarpa persino dentro la cabina di traduzione dove di solito il clima è tropicale. E quella era la sala più calda del palazzo! Nella sala dove servivano il pranzo, di riscaldamento non c’era neanche l’ombra, abbiamo mangiato con il cappotto e la sciarpa. E non parliamo della toilette! Però almeno i bagni si liberavano in fretta.
Dopo pranzo siamo uscite un momento a prendere una boccata d’aria sotto un cielo turchino e un bel sole caldo. Evidentemente quello delle previsioni aveva fumato della roba buona.
Il convegno è terminato alle 17.30 con la consueta mezz’ora di ritardo ma la cosa non mi ha turbato affatto, avendo prenotato un posto sul treno delle 18.35. Ho salutato Ilaria e mi sono diretta con passo tranquillo verso la stazione. Sono arrivata verso le 18 e mi sono seduta in sala d’aspetto, dato che il mio treno ancora non era sul tabellone. Dopo aver risposto a un paio di telefonate ho riguardato il tabellone e non vedendo ancora il treno indicato mi sono diretta verso i banchetti freccia rossa per chiedere chiarimenti, estraendo contemporaneamente il biglietto per mostrarlo a chi di dovere. Nel farlo mi è caduto l’occhio su una scritta che mi ha fatto gelare il sangue: Campo-di-Marte. Anche il treno del viaggio di ritorno partiva da là. Peccato che non ci fosse più tempo per prendere il treno di collegamento e ovviamente il mio biglietto, essendo una tariffa scontata, non era modificabile.
A quel punto avevo due opzioni:

1)    buttarmi in ginocchio urlando e strapparmi i capelli dandomi della deficiente.
2)    andare alla biglietteria e comprare un altro biglietto a prezzo pieno per il primo treno in partenza, sperando che arrivasse in tempo per prendere il regionale che da Bologna mi avrebbe portato a casa.

Sono orgogliosa di affermare che, mentre qualche anno fa sarei precipitata inesorabilmente verso l’opzione 1, con concomitante agitazione di estremità, questa volta ho scelto l’opzione 2 senza un attimo di esitazione, ho pagato i miei 25 euri e sono corsa al binario sei, sperando di non perdere almeno quel treno lì.
Superato quest’ultimo scoglio le cose sono proseguite senza ulteriori incidenti e, se escludiamo l’aroma ricco di etile che aveva il mio vicino di posto, il viaggio fino a casa è stato piuttosto tranquillo.
Tutto è bene ciò che finisce bene.
Da domani, giuro, pesce azzurro tutti i giorni.

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