Eccovi una sommaria cronaca della serata: il trio Estrema-Clodia-Paul è arrivato senza contrattempi in zona macello, peccato che poi ci sia toccato girare un po’ per trovare parcheggio e che l’abbiamo trovato parecchio lontano, con grande sconforto di coloro tra noi (non faccio nomi) che erano vestiti cool ma un po’ leggerini. Io, pur avendo meno problemi col freddo, essendomi imbottita come un panino di Poldo, non avevo un look proprio scicchissimo, lo stile ricordava piuttosto da vicino quello del mio benzinaio. Son scelte.
All’ingresso abbiamo dovuto fare la tessera dell’associazione 360 per il 2012, e mi sono scoperta a compilare la scheda con grande cura, facendo attenzione a scrivere tutto in modo che fosse leggibilissimo; sospetto che la cosa avesse a che vedere con quelle 90 schede che mi era recentemente capitato di dover mettere su file per l’associazione culturale MicaPoco (di fronte a calligrafie che parevano encefalogrammi o codici criptati, le maledizioni tagliavano l’aria, la mia personale foresta dei pugnali volanti).
Appena messo piede nel locale abbiamo puntato decisi sul bar per confortarci con un primo giro di beveraggi; purtroppo le cose non sono andate proprio come previsto.
“Per me una cocacola”
“Mi dispiace, non la teniamo” la frase mi ha causato un pauroso flashback marchiato Pepsi (vedi Austin Powers, Mastrolindo e l’effetto Cecca), da cui mi sono ripresa solo quando la barista ha aggiunto “Se vuoi abbiamo una cola equosolidale, la UBUNTU”; mi sono fatta forza e sono entrata (sia pur con qualche titubanza) nell’UBUNTU mondo. Nonostante il nome da pozione vudù, a un primo timido assaggio la bevanda risulta un po’ meno zuccherosa della cocacola e quindi decisamente più gradevole. A volte il coraggio paga.
Il locale era già affollato e ho notato con una certa sopresa che davanti al palco c’erano parecchie file di sedie; avendo già visto un concerto di questo gruppo, mi era rimasta l’impressione di una band molto vivace, di quelle che ti mettono l’adrenalina in corpo, mentre la sedia per sua natura l’adrenalina la prende a badilate e la riduce al silenzio, insomma un connubio non proprio ideale. Vabbè, così stavano le cose, ce ne siamo fatti una ragione e ci siamo messi alla ricerca di tre posti, solo per scoprire che gli unici tre posti disponibili erano in prima fila, in bocca al palco e soprattutto proprio sotto le casse. Evviva.
Dentro il locale faceva un po’ freddo quindi ho tenuto addosso il giubbotto e devo dire che nel corso del concerto non mi è mai capitato di pensare che avevo troppo caldo e sarebbe stato meglio togliermelo: evidentemente i frequentatori del 360 sono gente temprata e virilissima che spezza lastre di ghiaccio coi denti per fare la granita. Immaginate la sorpresa quando ho visto il gruppo salire sul palco e mi sono resa conto che erano tutti in maniche corte, il batterista aveva addirittura i bermuda! In realtà non era un’idea così sballata, almeno per quanto riguarda il cantante e il batterista che si muovevano continuamente, l’unico dubbio mi è rimasto per il tastierista le cui possibilità di movimento/riscaldamento erano fortemente limitate dall’ancora della tastiera. Spero avesse la canottiera di lana.
Già dopo i primi pezzi il cantante è apparso ai miei occhi come una creatura ultraterrena, un essere mitologico capace di fare un intero concerto indossando una camicia bianca sottilissima, senza la minima traccia di ascella pezzata, cosa che aveva dell’incredibile, considerata l’energia che metteva nella performance. Qualcuno ha ipotizzato che avesse applicato all’interno della camicia dei salva ascelle (vedi foto esplicativa a destra) ma mi sento di escluderlo con fermezza, la camicia era talmente sottile che un’assorbente ascellare sarebbe stato visibilissimo. Torno quindi alla mia prima ipotesi, l’uomo in questione non è di questo mondo.
notare la maglia zebrata sulla parete a destra del cantante |
Sfortunatamente, la mia posizione mi garantiva un’ottima visuale su cantante e tastierista ma non sul batterista, la cui faccia era completamente nascosta da un piatto della batteria; dico sfortunatamente perché il batterista suonava con una foga e un entusiasmo pazzeschi e mi sarebbe piaciuto molto poter vedere che espressioni si accompagnavano a quelle performance.
Dopo qualche pezzo il cantante si è rinfrancato bevendo da un bicchiere di plastica pieno di un liquido scuro e ovviamente il mio primo pensiero è stato “Toh, anche lui beve UBUNTU”. Altrettando ovviamente l’ho visto appoggiare il bicchiere a terra e proprio di fianco a una bottiglia di vino rosso. Rassegnamoci, vivo in un mondo a parte.
Preciso che il concerto nel suo complesso mi è piaciuto molto, anche se non è mancato qualche isolato contrattempo, come ad esempio il classico problema tecnico che costringe il fonico a correre sul palco per sistemare le cose; in quel caso specifico, il mio piede è venuto a trovarsi sulla traiettoria dello zelante professionista il quale, in preda all’ansia, non si è minimamente accorto del massacro delle mie falangi. Per fortuna la mia mise da benzinaio si accompagnava a un paio di scarpe basse e chiuse, non voglio immaginare il trauma se avessi indossato un paio di quelle scarpine con la punta aperta che vanno tanto di moda adesso.
Del tutto inaspettatamente, a metà del concerto abbiamo assistito a una performance estemporanea: una danzatrice si è avvicinata al palco e ha iniziato a muoversi, immagino lasciandosi ispirare dalle canzoni del gruppo. Vorrei poter dire qualcosa al riguardo ma io di danza non ne ho un’idea, la mia grazia e leggiadria sono paragonabili a quelle dell’ippopotamo della Lines; però devo ammettere che il nesso tra quella musica e quella danza a me è proprio sfuggito. Fortunatamente dispongo di un breve video che posto qui sotto; se guardandolo riuscite a scoprire una qualche affinità e vi va di condividerla vi ringrazio, così mi togliete dal buio dell’ignoranza. Per il video in questione esprimo tutta la mia gratitudine alla Rinaldi e al suo telefono supertecnologico che fanno cose precluse ai più (cioè a me).
Per me la sorpresa è arrivata invece la mattina dopo quando, aprendo il frigorifero per prendere il latte, ho visto sul ripiano di mezzo un sacchetto cuki gelo pieno di cappelletti al ragù che Farnedi mi aveva portato in regalo. Anche queste son soddisfazioni.
P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica l'Angolo dell'Estrema Riluttanza su stonehand.it: http://www.stonehand.it/wordpress/?cat=271
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