Non mi ricordo esattamente quando, sarà stato qualche settimana fa, leggevo una delle solite riviste da colazione e c'era un simpatico servizio sulle creme da uno stramilione di euri, di quelle con le scaglie d'oro, la polvere di diamanti o gli occhi grattugiati di zibellino. L'autore o autrice dell'articolo sosteneva che, trovandoci in un momento di crisi nera e non potendo investire i pochi risparmi in borsa, visti gli svarioni del mercato, che un giorno sei a mille e il giorno dopo nella Fossa delle Marianne, la cosa migliore era investire in una bella crema per il viso (di quelle che ti tocca pagare a rate, come la macchina) in attesa di tempi migliori, prendendosi cura della propria persona e preparandosi così al meglio per futuri colloqui di lavoro.
Ora, mi sono immaginata la scena del povero o della povera giornalista che si sente dire "Guarda, per la prossima settimana dobbiamo pubblicizzare sti pomatoni che costano un occhio, vedi un po' tu che taglio dare alla cosa".
Improvvisamente mi è sovvenuto un parallelo con una mia personale esperienza di tanti anni fa; mi riferisco a quella volta in cui, al corso di inglese, l'insegnante ci ha proposto un gioco per migliorare le nostre arti oratorie: ci ha fatto estrarre un biglietto da un cappello per assegnare a ciascuno un mestiere, poi ci ha informati che eravamo naufragati su un'isola deserta (stile Biutiful ma senza vestiti stracciati ad arte per coprire le pudenda) ma non avevamo abbastanza viveri per tutti, ragion per cui la comunità avrebbe votato per decidere chi sopprimere per garantire la sopravvivenza degli altri (bel gioco, complimenti prof). Avevamo tre minuti a testa per convincere gli altri a risparmiarci.
Ho aperto il mio foglietto: io ero il barbiere.
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