giovedì 8 marzo 2012

Panico da palcoscenico tra folletti, lattuga e rimozioni per neve

Questo articolo era previsto per la settimana scorsa ma, essendo io prostrata dal maledetto morbo che spaccia giovani (e meno giovani) promesse romagnole con implacabile ferocia, ho mantenuto un profilo basso per qualche giorno girando per casa infagottata in un poncho di lana, scuotendo la testa e gemendo La è brotta la è brotta, citazione della lamentela standard di mio suocero quando è malato. Adesso però, sarà che mi è toccato andare a lavorare questo fine settimana e in condizioni allucinanti, sarà che mi ritrovo un po’ di tempo tra le mani, ho deciso di buttarmi su un nuovo articolo.
Bene, oggi vi chiedo di fare un po’ di ginnastica mentale e tornare indietro con la memoria al 16 febbraio scorso. Non che il 17 o il 25 non fossero ugualmente degni di nota ma, giovedì 16 febbraio, dopo due rinvii nelle settimane precedenti dovuti a bufere di neve forza otto,  è finalmente partita la rassegna di Across the Movies 2012 di cui ho già parlato in passato. Come sempre, l’evento prevedeva un film/documentario, in questo caso sui Pixies e la loro reunion, preceduto da una presentazione del gruppo a opera di Luigi Bertaccini, alcuni video (tra gli altri Caribou) e una performance live (cortesia dei Rock’n’Roll Kamikazes).
Ho mangiato alla velocità della luce e sono partita con largo anticipo temendo di dovermi scavare un parcheggio nella neve con le mie proprie mani,  essendo che in centro c’erano montagne di neve ancora ovunque; invece mi è andata abbastanza bene, probabilmente ho fregato il parcheggio a qualcuno dei residenti che mi avrà mandato quelle due-tremila maledizioni.
Seduti al bar del cinema mi aspettavano la Clodia e Paul, giunti direttamente dal lavoro e decisamente affamati. Di lì a poco è arrivato il barista con i due panini che i nostri avevano ordinato; nonostante gli anni trascorsi in sua compagnia, riesco ancora a farmi prendere alla sprovvista dalle scelte alimentari della Rinaldi, in questo caso il panino con lattuga (solo pane e lattuga, anche il barista era perplesso) che lei ci ha assicurato essere buonissimo (?)
Poco a poco sono arrivati anche gli altri, inclusa l’Albertini che indossava per l’occasione un paio di jeans pieni di strappi, evidentemente ormai promossi nuovo look supertrend neve (per maggiori dettagli vedi Febbraio tra i ghiacci...) A questo punto mettetevi nei miei panni: l’Albertini è quella che tutte le volte che si va da qualche parte è coperta fino al naso e comunque ha freddo, arriva a casa nostra e si avvinghia alla stufa, oppure si lamenta che teniamo il riscaldamento troppo basso, come facevo a far passare il jeans strappato sotto silenzio? Quando gliel’ho fatto notare la gigina ha ribattuto senza scomporsi che in realtà gli strappi si erano allargati in questi giorni causa le montagne di neve ovunque che richiedevano un’ampiezza di movimenti fuori dal comune. Sì, certo, come no!
Alla fine siamo entrati in sala e si sono aperte le danze; dentro c’era una temperatura a dir poco caraibica e ovviamente mi ero dimenticata di comprare l’acqua quindi dopo poco boccheggiavo invocando una finestra aperta; fortunatamente, proprio come predetto dall’Albertini, la temperatura è andata via via calando e alla fine era addirittura un po’ freddo ma ho preferito non dire niente per non fare la figura della maletta. Dopo una decina di minuti, Luigi Bertaccini ha interrotto la presentazione per informare il pubblico che in Corso Cavour c’erano i camion che dovevano portare via le montagne di neve e che avrebbero rimosso le macchine in sosta, invitando caldamente chiunque avesse la macchina lì a correre a spostarla. Io, pur essendo parcheggiata in una via parallela, ho passato tutto il resto della serata con un tarlo nel cervello “E se me la rimuovono? Oddio e se decidono di fare una via in più e la rimuovono? Come ci torno a casa?”  Un’ansia di quelle da manuale.
Nel corso della presentazione abbiamo visto anche alcuni video del gruppo:                                                                                                                                                                     


e mi vedo costretta a confessare che, la prima volta che ho posato gli occhi su Black Francis il dubbio che in realtà si tratasse dell’attore di Little Britain è stato forte (anch’io ho i miei problemi); ho apprezzato molto la performance dal vivo di The Rock’n’Roll Kamikazes che hanno reso perfettamente l’energia e la potenza dei Pixies, pur essendo solo in due e non vedendo praticamente una cippa, causa buio totale in sala e faretto di luce rossa che qualcuno aveva astutamente puntato in faccia a entrambi. Passando al documentario la situazione si è fatta più spinosa, mi è presa una tristezza infinita vedendoli sbattersi in giro per le città incapaci di comunicare tra loro e a volte spaesati di fronte a folle osannanti che avrebbero applaudito qualsiasi cosa avessero fatto; immagino che in quei casi ti venga il dubbio che in realtà stiano applaudendo non te ma un’idea di te che si sono fatti e che non ha niente a che vedere con chi tu sia in realtà, son cose che possono far venire un po’, solo  un po’, di panico. Però quando iniziavano a suonare erano veramente trascinanti, un’energia che ti si attaccava addosso e ti portava dove voleva lei.
Con mia grande soddisfazione, il documentario era in lingua originale, corredato dai sottotitoli in italiano per chi magari non riusciva a seguire proprio tutto. Solo a fine documentario, guardando i titoli di coda (sottotitoli: Antonio Babini e Concetta Barbera), ho scoperto che in realtà il documentario in questione non è sottotitolato ma il buon Totonno, mosso dalla sua passione per i Pixies, aveva deciso di sobbarcarsi aggratiss il lavoro di sottotitolaggio, schiavizzando la povera Concetta, sera dopo sera, per chissà quanti giorni. Santi subito.


Normalmente alla fine della proiezione si cazzeggia un po’ nel foyer del cinema, chiacchierando e bevendo qualcosa cullati dalla musica del diggei; in questo caso però non era cosa, io ero preda dei timori per l’incolumità della mia voiture per cui mi sono dileguata rapidamente, non senza prima aver chiesto all’Albertini di tenere il cellulare acceso nel caso mi avessero portato via la macchina e necessitassi un passaggio.
Fortunatamente la mia fiesta era ancora lì, un po’ ammaccata ma incolume, accoccolata tra due montagne di neve.
Mentre mettevo in moto potevo vedere, nella strada a fianco, il lampeggiante del camion che avanzava minaccioso raccogliendo la neve.


P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica l'Angolo dell'Estrema Riluttanza su stonehand.it: http://www.stonehand.it/wordpress/?cat=271

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