Per prima cosa ho l’influenza, il raffreddore, la
tosse ecc ecc, in più nei prossimi tre giorni mi toccherà andare a tradurre a una conferenza molto molto dura; per fortuna già ieri la febbre era scesa
ma il resto c’è ancora, per cui parto comunque per il convegno ma ho avuto giorni migliori.
Altra cosa fondamentale da specificare è che l’albergo che fa sa scenario a questo tranquillo weekend di paura sarebbe un 4 stelle.
Altra cosa fondamentale da specificare è che l’albergo che fa sa scenario a questo tranquillo weekend di paura sarebbe un 4 stelle.
Dopo viaggio noioso e un po’ sofferto, tra starnuti, colpi
di tosse ecc, arrivo all’albergo verso le due di venerdì pomeriggio e vado direttamente in sala conferenze; seguono quattro ore decisamente pesanti ma che grazie a dio finiscono. Raccolgo le mie cose e salgo in camera per farmi una doccia ristoratrice prima di cena ma, aimè, tra quelle quattro mura fa un freddo boia, il riscaldamento
pare accendersi solo quando infilo la scheda/chiave della camera nell’apposita
fessura. Mi toccherà tenere addosso il cappotto per mezzora in attesa che la
temperatura diventi perlomeno umana.
Ovviamente in queste condizioni di fare la doccia non se ne
parla; all’orario stabilito con la collega scendo a mangiare qualcosa nella
kebaberia a lato dell’albergo, tentando di scacciare il freddo a suon di kebab e patatine; poi, tornata nella ghiacciaia, tiro fuori con una certa rassegnazione la coperta
dall’armadio (almeno stavolta la coperta c’è, vedi Forse in miniera è peggio...forse), la nottata si
preannuncia difficile.
Trascorsa una ventina di minuti la temperatura perde il suo tocco siberiano e io azzardo la doccia; mentre me ne sto lì sotto l’acqua rovente mi viene un’idea: la prossima volta che mi trovo con l’Antartide in camera, chiamo la reception e li avverto che data la temperatura polare della stanza mi vedo costretta ad aprire la doccia calda e a lasciarla aperta almeno fino a quando il vapore non avrà portato la temperatura su di qualche grado, magari accendendo anche il phon a palla per potenziare l’effetto, così alla fine si troveranno una bolletta elettrica da casinò di Las Vegas e forse realizzeranno che non stanno usando il sistema migliore per limitare le spese…
Trascorsa una ventina di minuti la temperatura perde il suo tocco siberiano e io azzardo la doccia; mentre me ne sto lì sotto l’acqua rovente mi viene un’idea: la prossima volta che mi trovo con l’Antartide in camera, chiamo la reception e li avverto che data la temperatura polare della stanza mi vedo costretta ad aprire la doccia calda e a lasciarla aperta almeno fino a quando il vapore non avrà portato la temperatura su di qualche grado, magari accendendo anche il phon a palla per potenziare l’effetto, così alla fine si troveranno una bolletta elettrica da casinò di Las Vegas e forse realizzeranno che non stanno usando il sistema migliore per limitare le spese…
C’è da dire che nonostante l’ora tarda e il posto poco frequentato
data la stagione, da fuori arriva parecchio rumore, ne concludo che se
l’isolamento termico è ai livelli di quello acustico, metà del calore finisce a
scaldare i granchi in spiaggia. Sì, perché siamo proprio sul mare e se non
fosse che il freddo congela ogni entusiasmo, il posto sarebbe anche bello.
Fortuna che non eravamo qui qualche settimana fa quando ha fatto la bufera di
neve…
La mattina alle 7
mi sveglio, o meglio, mi sveglia il freddo. Basta,
quando è troppo è troppo, prendo il telefono e chiamo la reception ringhiando:
“Scusi ma è acceso il riscaldamento? Qui è un freddo boia!”
“Scusi ma è acceso il riscaldamento? Qui è un freddo boia!”
“Mah, se vuole posso alzarlo fino a 25°, il sistema mi
indica che in camera ce ne sono 23”
Se qui dentro ci sono più di 15 gradi io sono Paperino.
“Guardi il suo sistema si sarà rotto perché qua è un gran
freddo e di sicuro non ci sono 23°!”
“Si vede che l’ospite prima di lei l’aveva abbassato”
L’ospite prima di me doveva essere l’abominevole uomo delle
nevi, oppure è morto assiderato e l’hanno nascosto sul terrazzino.
Mi copro come posso e scendo a fare colazione, trovando una
fila interminabile davanti all’unica macchinetta che fornisce bevande (i
partecipanti al convegno sono almeno 150 e questi dell’albergo hanno acceso
una sola macchina, complimenti, il QI vola sempre più alto). Per fortuna l’acqua calda per il tè è in un caraffone termico, quindi riesco a saltare la fila altrimenti a quest’ora sarei ancora
là.
La situazione già difficile è ulteriormente complicata dal fatto che quest’anno, per ridurre i
costi, gli organizzatori hanno previsto solo la traduzione simultanea in
italiano o in inglese, obbligando quindi i relatori a parlare solo italiano o inglese,
senza però controllare che fossero effettivamente in grado di farlo e la
decisione non è stata illuminata, ho sentito cose... Il momento di massimo sconforto (qualche giorno prima del convegno) è coinciso
con l’arrivo di un breve testo (la sintesi di un intervento di circa mezzora) che pur contenendo parole inglesi, non aveva né capo né coda; quando abbiamo fatto presente la cosa al cliente, commentando
preoccupate che uno che scriveva così chissà come avrebbe parlato,
l’organizzatore si è offerto di tradurci qualsiasi termine tecnico oscuro, il
problema è che non c‘erano poi molte parole sconosciute (magari erano scritte
male, però si riconoscevano) ma sembravano messe insieme a caso, tipo estratte
da un cilindro e attaccate lì. Il è primo pensiero è stato Avranno usato il
solito traduttore automatico ma poi è arrivato il secondo “Un computer mette
insieme le parole alla boia ma le parole, quelle, le scrive bene , qui le
parole sembrano terremotate! Siam rimaste col dubbio, forse un trip di acido?
O magari due bottiglie di quello buono a stomaco vuoto? Chissà…
Tra gli altri momenti degni di menzione c’è stato il pranzo a
buffet (ricordo, sempre nell’hotel 4 stelle), la sala scelta allo scopo
sembrava più un magazzino che una sala: c’erano solo porte antipanico con
grossi maniglioni a spinta, e i cavi della luce invece di essere all'interno del muro come ci si aspetterebbe in una sala da pranzo normale, correvano liberi come mustang lungo le pareti, terminando in pompa magna dentro grossi interruttori di sicurezza; in più, per dare un tocco di eleganza alla tavola, i tovaglioli erano di carta e la tovaglia copriva a malapena
il tavolo.
Torno in camera dopo pranzo per riposare un po’ e scopro che
la camera è calda ma il bagno no. Vabbè, è comunque un miglioramento. Accendo la tv per distrarmi un po' ma per quanto provi non riesco a cambiare canale, sto coso non mi dà retta, evidentemente io emano
un fluido malefico che trasforma gli oggetti inanimati in demoni tipo Christine
la macchina infernale. Boh. In questo caso però non posso incolpare
l’albergo, questo tipo di incidenti tecnologici per me sono all’ordine del
giorno, sono tecnologicamente svantaggiata. O invornita, fate voi.
Alla fine preda della disperazione, cerco di spegnerla ma…non
ci riesco! Sul serio, non sono capace di spegnere sto maledetto apparecchio. Sembra
uno di quei film demenziali dove c’è il povero sfigato a cui ne capitano di
tutti i colori. Dopo aver fatto qualche altro tentativo, alla fine mi rassegno
e lascio acceso abbassando il volume al minimo, pensando che tanto appena esco
e tolgo la chiave si spegne tutto, tv compresa. Oddio, potrebbe anche essere
che si spenga solo il riscaldamento ma la tv continui allegramente a
funzionare, le priorità innanzitutto.
A parte il freddo, sento un che di fastidioso nell’aria ma non capisco bene cosa, sospetto che il freddo mi abbia intirizzito il naso. Svelerò l'arcano solo alla mia terza visita, notando sul chilometrico lavello un simpatico cestino pieno di roba secca dove qualcuno a collocato un diffusore di essenza alla vaniglia che, come è noto, io apprezzo quanto un vampiro l’acqua benedetta.
La seconda notte dormo meglio, principalmente grazie alla
seconda coperta che mi sono fatta dare alla reception. La mattina solito freddo
boia, telefono in reception per chiedere che mi accendano sto riscaldamento
benedetto e mi rifugio in bagno (lì c’è un termosifone e quello va) per dieci
minuti, quando esco dal bagno la stanza è già un po’ più calda, il
condizionatore/riscaldatore sta finalmente facendo il suo dovere, peccato che oggi
sia l’ultimo giorno. No, pardòn, grazie a dio che oggi è l’ultimo giorno.
Arrivo a fare il check out e quello della reception insiste
a dirmi che nella mia camera c’erano 25 gradi; mi controllo e riesco a non mandarlo
dove peraltro meriterebbe, limitandomi a commentare che evidentemente il
termostato è rotto e sarà il caso di controllare.
Ovviamente sono le 9.20 e, mentre noi attendiamo
pazientemente in cabina, il resto del mondo è a fare il checkout e ci starà
ancora a lungo perché al banco della reception c’è solo un simpatico omino (quello di prima) e se
il poveretto deve fare da solo il check out per tutti…
Non mi ricordo la conclusione del convegno, temo di aver
rimosso tutto, ricordo solo la hall, la porta dell’albergo che si apriva e io
che uscivo fuori nel sole.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
4 stelle.
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