specchio e mi sono improvvisamente resa conto di avere la pelle più lucida del solito. Ho scacciato la tentazione di accantonare il problema nell'angolo "Disturbi stagionali" o in quello "stress", anche perché avrei continuato ad avere bisogno di passarmi lo Scottex sulla faccia a intervalli regolari. Per un brevissimo istante ho anche considerato la possibilità di prendere il toro per le corna, ammettendo a me stessa che ho la pelle grassa perché mangio quantitativi smodati di patatine fritte; questo però avrebbe aperto una porta pericolosa, quella che conduce a una revisione del mio regime alimentare, con conseguente riduzione della dose di droga patatinosa, una soluzione francamente inimmaginabile.
Alla fine ho scelto un compromesso accettabile: mi sarei fatta qualche maschera purificante per aiutare la pelle a tornare in forma (che buona che sono).
Perfetto, penserete voi, emergenza risolta. Magari, dico io che mi conosco. Il mio problema con questo genere di cose è che io parto con le migliori intenzioni, compro un tubetto/vasetto della magica pozione, me lo spalmo in faccia un paio di volte e poi me lo dimentico lì per sei mesi, quando mi torna in mente apro il barattolo e la roba dentro è fossile.
Evidentemente mi serviva un cambio di marcia; mentre mi scervellavo alla ricerca di un'alternativa, mi è tornato in mente che a casa mia, quei due o tre secoli fa, usava farsi delle maschere preparate sul momento usando yogurt e roba simile. Soluzione perfetta: si torna alla natura e al casalinghismo.
Ho fatto la mia ricerca su internet e, in pochi minuti, è saltato fuori un tutorial con la ricetta di una maschera che sembrava fare al caso mio: argilla, oli essenziali, miele, yogurt, riga. Ce la potevo fare.
Una volta acquistata l'argilla in erboristeria, sono tornata a casa, ho preparato gli ingredienti e cercato di nuovo su internet il tutorial che spiegava passo passo come fare.
comunemente in uso. Siliconi, parabeni, PEG, BHT, nomi lunghi quei sette-ottocento metri, che quando arrivi in fondo ti sei già dimenticato l'inizio, insomma un incubo.
Devo anche confessare che io non mi intendo minimamente di queste robe chimiche quindi, se da una parte non mi è difficile diffidare del silicone, soprattutto dopo il martellamento pluridecennale della pubblicità del Saratoga con la donna nuda sigillata nella doccia, non so bene come prendere queste profezie-armageddon in stile "la civiltà si estinguerà se usi quella crema corpo".
Ammetto però che qualche brivido me l'hanno fatto venire, ad esempio leggendo gli ingredienti del burrocacao. Fino a quel momento la sola avvertenza che adottavo nella scelta dello stick era evitare come la peste il prodotto in stile Labello Blu, quello che te lo dai e ti ritrovi con le labbra bianche da affogata (quel look Laura Palmer che francamente
dona a poche); invece leggendo la lista degli ingredienti ho scoperto che il primo componente del mio burrocacao è il Petrolato che, cosa volete che vi dica, anche nella mia chimica ignoranza, già il nome ha un suono che non promette niente di buono.
Continuo la lettura come un naufrago alla ricerca di un burroso salvagente ed ecco che laggiù, in settima posizione, fa capolino un tale Butyrospermum Parkii Butter, che scopro essere Burro di Karité.
Allora, qui ci dobbiamo decidere: se ci metti il petrolato lo chiami petrolburro, poche pippe!
Ma in che razza di mondo viviamo se non puoi fidarti nemmeno del tuo burrocacao?
P.S. La maschera all'argilla invece è andata benissimo. Patatine, a me!
Non sono riuscita a finire di leggere!! Arrivato il punto sulle patatine è arrivata una crisi d'astinenza totale che mi ha impedito di continuare! Mangio due patate e riprendo!!!
RispondiEliminaCome ti capisco! :)))
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