Sto ancora combattendo il jet-lag di New York ma è arrivato il giorno della partenza e devo dire che il viaggio inizia alla grande: sono le 10.15, l'appuntamento con boccia e famiglie è per le 12.20 in aeroporto ma un genitore mi ha appena chiamato dicendo che sta parcheggiando e chiedendo se sono già là. Tsunami di ansia in zona Linate.
Sull'aereo ci servono il pranzo nonostante siano quasi le 15; apro la mia scatolina ma qualcosa non quadra, l'insalata di cous cous non dovrebbe essere gialla? O almeno beige? I tre poveri granelli di cous cous che riesco a individuare sembrano capitati lì per sbaglio, affogati come sono da legumi verdi di ogni genere, fave piselli, persino semi di zucca, ce ne fosse uno che sa di qualcosa, oltretutto a una prima annusata odorano di benzina.
Aggiungo che la forchetta da assemblare era dentro una bustina di plastica che genialmente avevano inserito dentro il contenitore del cous cous, quindi per utilizzarla dovevi prima ungerti tutte le mani tentando di aprire la dannata bustina. Tutto considerato, British airways: malino più.
Una volta atterrati a Heathrow saliamo sul pullman e ci dicono che ci vorranno 2,5 ore per raggiungere il college, mentre ancora sto bofonchiando che c'è voluto meno a volare dall'Italia l'autista ci informa che c'è stato un incidente con ben due tir, quindi le ore diventano rapidamente 3,5. Per completare il quadro, fuori ci sono 32 gradi e l'aria condizionata è rotta, voglio morire, subito sarebbe meglio.
Arriviamo finalmente al college e sono già le 20.30; l'autista ci informa che non sa esattamente dove portarci (mi guarda come se si aspettasse di saperlo da me ma, dico io, chi dei due è l'autista? Mentre noi telefoniamo alla manager per sapere dove andare, il nostro baldo nocchiero prende l'iniziativa e si infila brillantemente su per una stradina stretta e contromano, il genio. Per completare il capolavoro, lo splendido rimane incastrato; segue una mezz'ora di manovre e madonne ma il mezzo non collabora, testardamente convinto di essere un pullman e non una Cinquecento come lo vorrebbe l'autista.
Sembra una nuova versione di Austin Powers col macchinino del golf.
Se dio vuole, alla fine ce la fa e abbandoniamo il mezzo, peccato che poi ci tocchi scarpinare con le valigie su e giù per il campus alla ricerca dei nostri alloggi. Rido sadicamente pensando a quelle che hanno una valigia che pesa 22 chili, alla loro faccia quando scopriranno che non c'è l'ascensore. Sono cattiva, lo so.
Per concludere in bellezza la giornata, dato che sono le 21 e non abbiamo cenato, ci danno uno dei loro pasti impacchettati che mi scuso di non aver fotografato, la prostrazione ha avuto la meglio; dentro c'era uno di quei panini lunghi di pane molle con una fetta tristissima di formaggio, un cubotto di succo d'arancio all'aroma di polivitaminico, la solita barretta di cereali e...le patatine gusto formaggio e cipolla.
Quello è stato il colpo di grazia, ho buttato smadonnando panino e cubotto nel bidone e mi sono infilata sotto il piumone, giornate così meritano solo di morire.
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