mercoledì 14 dicembre 2011

La Came, le bolle e il Secchione: un regalo coi fiocchi.

Questo post l'ho lasciato un po' invecchiare in botte di rovere, dopotutto il barricato fa molto scic :)


Stasera festeggio il mio compleanno, non perché sia il mio compleanno ma perché il regalo di mia sorella è usufruibile solo oggi. Per essere più chiari, stasera a Bologna c’è lo spettacolo di Arturo Brachetti Ciak si gira! e noi si ha due biglietti. Per l’occasione mi volevo tirare a balestra ma fuori fa un freddo boia e noi si dovrà andare dal ristorante al teatro, quindi niente bracciale di strass, niente stivali da pioggia fucsia, niente mantella viola, insomma, una tristezza. Per non sembrare un mix preoccupante tra una suora di clausura e un assassino prezzolato, metto al collo una collana rigida d’argento che si ostinerà a girarsi per tutta la sera e che mi lascerà sempre il dubbio di avere il collo nero causa ossidazione argento.
Parto come sempre un po’ di corsa ma il tragitto fino a Imola è tranquillo, di sabato la gente ha di meglio da fare che pascolare in autostrada. Il percorso Imola-Bologna è invece un po’ più affollato anche se neppure lontanamente paragonabile alla Bologna dell’ora di punta. Dato che guida la Checca a me tocca gestire il navigatore e, come sappiamo, ho i miei problemi. Ci tengo comunque a sottolineare che anche il navigatore non era in formissima. Nonostante entrambi, al teatro ci arriviamo ed è proprio in orario di chiusura dei negozi per cui l’ardua impresa di trovare un parcheggio si risolve in soli cinque minuti. Scendiamo dalla macchina e io non ho la più pallida idea di dove sono; non so se riesco a spiegarmi, non è che non sappia dov’è il teatro (ce l’ho davanti), non ho proprio idea di come sono girata rispetto a Bologna e mi sono già dimenticata la spiegazioni di mia sorella su quali porte siano vicino al teatro. Fortunatamente io e lei condividiamo un sacco di cromosomi ma quello dell’orientamento lei ce l’ha più grosso quindi mi lascio guidare e in pochi minuti arriviamo al ristorante pizzeria La porta di San Felice, scelto appositamente per la sua vicinanza al teatro. La logistica innanzitutto.
La Trattoria/Pizzeria di Porta San Felice
Entriamo e la Checca dice al cameriere che abbiamo prenotato per due; lui ci indica un tavolo e si dilegua. Sul nostro tavolo c’è un biglietto con su scritto prenotato ma non c’è nessun nome; sbircio gli altri tavoli ma anche lì c’è solo il cartellino con su scritto prenotato. Evidentemente hanno una gran fiducia che nessuno millanti una prenotazione che non ha. Il locale sembra una trattoria tradizionale e il menu non delude. Opto per i tortelli di zucca con ragù e prima decidiamo di dividere un antipasto XXL. Messa al corrente dei nostri piani, la cameriera ci squadra e poi ci suggerisce di aspettare di aver mangiato l’antipasto prima di ordinare i primi, a me pare un po’ strano però l’esperta è lei…
Quando arriva il piatto in questione, non posso che riconoscere la saggezza del consiglio: ci sono crocchette di verdure, polpette, melanzane alla parmigiana, patate con pancetta e formaggio e, per finire in gloria, olive piccanti.
Pur partendo con le migliori intenzioni e un notevole appetito, riusciamo a stento a finirlo e ci troviamo obbligate a confessare alla Cameriera (la maiuscola a questo punto è d’obbligo) che non c’è nessuna possibilità di riuscire a mangiare anche un primo. La sua reazione non si fa attendere: “Lo sapevo che non dovevo dirvi di aspettare a ordinare, adesso mi licenziano!”  Ci facciamo una risata e decidiamo che però un dolcino, quello ci sta. La Came caldeggia il tiramisù (tirami up, come lo chiama lei) ma io punto la torta alla crema con more e la torta con mascarpone e amaretti. La seconda è finita e quindi dietro consiglio della Came ripariamo su una mousse mascarpa e nutella che sì, può andare, però resta il rimpianto. Siamo lì che finiamo la torta chiacchierando rilassatissime quando noto che la Checca mi si irrigidisce e chiede:”Che ore sono?” Guardo l’orologio, sono le nove meno cinque LE NOVE MENO CINQUE! Inizio spettacolo ore nove. Molliamo tutto lì e corriamo alla cassa; passando rallento un attimo per spiegare alla Came che il dolce era proprio buono ma il tempo è tiranno e ci tocca lasciarne una parte. Non sia mai che le lasci l’impressione di non aver apprezzato il dessert che ha suggerito, sarebbe indelicato, proprio non si può.
Essendo che la Checca si allena per la maratona e io qualche corsetta ogni tanto la faccio, volendo potremmo anche correre come gazzelle verso il teatro ma non sarebbe bello arrivare tutte scapigliate e magari con l’ascella pezzata quindi, confidando nel fatto che non si è mai visto uno spettacolo che inizi secondo programma, allunghiamo la falcata e incrociamo le dita. Ringrazio il cielo di aver optato per gli stivali bassi snobbando le francesine bombate davanti con tacco otto/dieci, non sarei riuscita a gestirle.
Fila tutto liscio: arriviamo in tempo a teatro, ci indicano i nostri posti e, meraviglia delle meraviglie, quelli davanti ai nostri sono occupati da due bambine che avranno cinque/sei anni e quindi superano di poco la spalliera della sedia. Una fortuna così non si era mai vista. E infatti non dura, poco dopo l’inizio dello spettacolo le due ridotte si lamentano con le madri che quindi si siedono nei loro posti, prendendole sulle ginocchia. Fortunatamente non sono Vatusse né sono cotonate stile Sofia Loren per cui tutto sommato non c’è da lamentarsi.
E adesso veniamo allo show.
Devo dire che durante lo spettacolo la mascella mi è caduta parecchie volte; in più ho goduto di una colonna sonora inattesa e gentilmente offerta dai tizi seduti dietro di noi, tutte variazioni più o meno auliche di “Ma come cazzo ha fatto?!”
Ogni tanto noi del pubblico si veniva interrogati da Brachetti sui personaggi che stava rappresentando (con solo l’ausilio di un anello di carta marrone ne avrà fatta una trentina) e devo ammettere che, almeno in un caso, quando le bambine davanti a noi hanno risposto all’unisono “Capitano Uncino!!!”, io mi trovavo ancora a brancolare nell’oscurità di una galassia lontana lontana.
Ovviamente tra le prime file era in agguato l’inevitabile secchione che rispondeva di sì a tutto, indipendentemente dalla domanda. Esempio:
Brachetti: “Il suono è come un filo nero che accompagna il film”
Mima con le dita lo svolgersi di un filo, poi ci guarda e chiede: “Lo vedete?”
Secchio-man: “Sììììì!!!!!!”
Brachetti (con un’occhiata divertita in direzione del Secchione):”Ma se non c’è?!! E come mai non c’è? Perché è un suono, non si vede!”

Per riassumere: un gran bello spettacolo, tecnologia e bolle di sapone, piacerebbe a chiunque, con o senza prole.

All’uscita si è presentato il problema di ritrovare la macchina tra le centinaia parcheggiate in zona ma ancora una volta la Checca, dopo aver riso del mio momentaneo panico, si è attivata e mi ha condotto con successo alla meta; a quel punto mi sono ritrovata a combattere col navigatore e son stati momenti difficili. Dopo circa un quarto d’ora abbiamo svoltato e io, sempre fissando il navigatore ho commentato sollevata “Dai, adesso stiamo tranquille per un po’, qui dice di andare dritto per 6,7 km!”, in risposta è arrivata la risata di mia sorella: “Per forza, siamo in tangenziale e dobbiamo andare a prendere l’autostrada per Ancona!” Ho alzato la testa e in effetti era vero. Mi son sentita molto Stanlio.
Il ritorno a Imola è stato tranquillo, anche perché stavolta il parcheggio me l’aveva indicato la Checca che ivi risiede quindi non c’era nessuna catena a ostruire il passaggio (vedi Attacco di Vega sull'Arena di Verona: George Michael in concerto).
Una bella serata cittadina, che per noi gente di provincia è sempre una novità, anche se resta un po’ di rimpianto per quel mezzo dolce al mascarpone e nutella…

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