domenica 5 febbraio 2012

Bombette, pesci rossi e colour palette: uno sguardo diverso su Musicultura

In realtà per l’articolo di oggi avevo progettato qualcosa di molto diverso; sarebbe stata la cronaca del primo appuntamento con Across the Movies, la rassegna di film musicali che ogni anno ci scalda l’inverno, quaggiù in quel di Cesena. Sfortunatamente però in questi giorni è arrivato in visita l’Armageddon e siamo stati sepolti sotto tonnellate di neve, quindi mi son trovata un aggiornamento su facebook che annullava la serata, spazzando via in un colpo solo i miei progetti e le mie speranze, neanche fosse neve che ostruisce il vialetto.
Cosa fare? Aspettare il film della prossima settimana? Mi scocciava non poco ma non vedevo alternative. A togliere le castagne dal fuoco ci ha pensato involontariamente Farnedi che, vista l’impossibilità di metter piede fuori di casa, mi ha proposto di seguire in streaming le selezioni del concorso di Musicultura 2012. In condizioni normali, dopo cinque minuti di siffatto spettacolo io in genere me la batto, metaforicamente parlando, aprendo un libro o accendendo il pc, in questo caso invece ho deciso di immolarmi per la causa.
Ci siamo organizzati in modo da concludere la cena prima delle 21 (non è bello che, mentre c’è l’artista che canta, tu pubblico stia sbranando costine di maiale) e quando mancavano ancora cinque minuti all’ora X, eravamo già in salotto in assetto di guerra. Farnedì ha acceso il pc e mi ha detto che tutto sembrava funzionare bene, al che mi son seduta sul divano pronta all’estremo sacrificio ma ecco che l’uomo mi scatta in piedi e corre di sotto a prendere non so cosa perché vuole collegare il computer allo stereo. Ho fatto presente che il pc ha le sue casse ma avrei dovuto saperlo: l’artista non sopporta che l’audio sia meno che perfetto e, se a noi del popolo sembra che si senta bene, si può sta sicuri che da qualche parte c’è un musico rannicchiato che si contorce dal dolore all’udire simili accozzaglie di ragli. Fortunatamente, dopo aver armeggiato per un po’, si è dichiarato soddisfatto, salvo poi alzarsi ogni tre per due e trafficare intorno al computer, per sistemare dio-solo-sa-cosa.
A dare l’avvio ufficiale alla serata ci ha pensato la giuria, peccato che la telecamera fosse alle loro spalle, quindi noi sentivamo questa voce misteriosa e vedevamo solo una fila di nuche, una addirittura con colbacco. Primo dubbio: sarà mica saltato il riscaldamento?
Il primo artista in gara era Luigi Mariano che ha fatto il suo ingresso andando a sedersi al pianoforte. Non so voi ma a me quando uno si siede al pianoforte mi vien sempre da pensare che stia per fare qualcosa di epico; in questo caso l’effetto era ulteriormente rafforzato dal pianoforte che era a) a coda e b) nero. L’epicità si è un po’ indebolita alla vista di una custodia di basso e un’altra di contrabbasso, dimenticate sul palco e ben visibili sulla destra. Son cose che ti distraggono e incrinano un po’ l’atmosfera. Per non parlare dei fotografi che saltano fuori come funghi. Capisco che le telecamere sono fisse però, se mentre sei lì che ascolti la canzone struggente ti salta fuori il fotografo acquattato dietro la schiena del cantante, con un obiettivo lungo come un braccio, oppure lo vedi che tenta di nascondersi dietro la gamba del pianoforte, ti vien da ridere e tutto quello struggersi va a farsi benedire. Un esempio su tutti: mentre inquadravano l’artista al pianoforte ho visto una roba tonda e gialla sopra il piano, inizialmente pensavo fosse una di quelle percussioni strane fatte con le zucche, magari abbandonata da uno dei batteristi, poi si è mossa rivelandosi essere la testa glabra del fotografo. Son momenti difficili.
La seconda canzone di Mariano verteva sul singhiozzo e lui in effetti “singhiozzava” a intervalli regolari, cosa che inspiegabilmente mi ha fatto venire una gran ansia, come se mi mancasse il respiro. Dovrò far revisionare la valvola dell’empatia.
Alla fine dei tre pezzi l’artista ha risposto alle domande della giuria ma era difficile prestargli la giusta attenzione, visto quello che stava succedendo alle sue spalle: alcuni eroici tecnici correvano come matti per sbaraccare il palco e preparare la scena per il gruppo successivo, montaggi e smontaggi a velocità da pit stop.
La seconda a salire sul palco è stata Caterina Tancredi o, come ha precisato nella sua presentazione, Catecatù, (eccellente l’impatto cromatico della sua colour palette coloratissima, sono anni che vedo gente che pare vestita di nebbia). Non so se ho sentito male ma mi è parso di capire che il batterista avrebbe suonato il tombolo e, anche guardandolo, pareva proprio aver in mano un tombolo. Duole non aver potuto approfondire l’indagine per capire da dove saltava fuori sto tombolo, se l’usava qualcuno in famiglia (non come percussione, come tombolo) o l’avevano scoperto per caso (come percussione, non come tombolo).
Al momento delle domande, uno dei membri della giuria ha osservato che lei swinga un po’ pochino; la sottoscritta, seppur brancolante nella più completa oscurità, si è guardata bene dal chiedere spiegazioni a Farnedi, onde evitare una lectio magistralis sull’importanza dello swingare nelle varie epoche. A volte, la migliore musica è il silenzio.
Il terzo gruppo, Rashomon, ostentava un look vagamente “sette spose per sette fratelli” ma sbiadito, come dopo un lavaggio sbagliato. La loro è stata un performance molto energica, ha coinvolto anche un pianoforte giocattolo, anch’esso nero come la sua mamma che aveva suonato poco prima con Luigi Mariano. A un certo punto il batterista è rimasto in canottiera e mi auguro per lui che i miei dubbi sulla temperatura all’interno del teatro fossero infondati, altrimenti lo aspettava uno di quei mal di pancia fulminanti che non fanno prigionieri. Ripensandoci, però, mi sembra di ricordare che al momento delle domande avesse una certa fretta di scendere dal palco, quindi chissà.
All’inizio del terzo pezzo, il cantante è uscito di scena per poi tornare con bombetta e pelliccia bianca maculata, un po’ protettore-style; la bestia morta però è finita ben presto sul pavimento perché non è che si possa fare quel genere di musica incazzereccia impellicciati come la casalinga di Voghera, la coerenza innanzitutto.
Arrivati al question time con la giuria, gli altri se ne sono andati e il batterista ha spiegato che avrebbe risposto lui alle domande perché il cantante non parla mai in pubblico. Secondo me, il gran rifiuto del cantante non è stato particolarmente apprezzato dai giurati, soprattutto perché i testi li aveva scritti lui e quindi la cosa tagliava le gambe a qualsiasi domanda al riguardo. A sostegno della mia ipotesi cito due espressioni usate dai membri della giuria: il cantante non parlante e la controfigura. Vetriolo a volontà.
Quarto artista è stato Vincenzo Scruci – una performance forse più teatrale che musicale (quando è entrato mi sembrava vestito da mimo); l’avversa fortuna gli ha messo i bastoni tra le ruote quando, alla fine del pezzo, dopo aver gettato in aria una manciata di coriandoli, ha tentato di lanciare delle stelle filanti con un soffio ma queste han puntato i piedi e son rimaste lì dov’erano.
Ultimo gruppo in gara: Family Portrait. Erano tanti, compresi due violini e una viola, il palco è sembrato all’improvviso piccolissimo. Anche loro hanno usato un piano giocattolo, però candido. Sempre nell’ottica di una rigorosa analisi ritmico-armonica, è doveroso menzionare il cappellino verde acqua della cantante, nonché l’aimè trascurato look della sezione archi che, pur nella sua coerenza cromatica, mancava a mio avviso di una visione d’insieme.
Giunto il momento delle domande, il gruppo è rimasto compatto sul palco e la cosa non mi è dispiaciuta, non è bello mandare uno da solo nella fossa dei leoni, con tutti quei professoroni seduti dietro i banchi, in più chi è sul palco ha le luci in faccia e non vede da dove arrivano gli attacchi, sembra un interrogatorio in piena regola. In una delle prime domande parlavano di suonare a click e stavolta non ho avuto via di scampo, mi è toccato chiedere al madrelingua; è partita una disquisizione di quelle coi fiocchi, interrotta solo grazie all’annuncio dell’imminente assegnazione del premio Sisme (sia lode ora e sempre).

il batterista e il suo acquario
A questo punto, prima di concludere mi permetto un’esternazione: quello che ha avuto l’idea di circondare la batteria con delle lastre di plexiglass lo dovevano infilare in un sacco e spedirlo alle Galapagos per posta ordinaria; so che c’è un motivo preciso (figuriamoci se Farnedi non me l’ha illustrato non appena ho sollevato l’obiezione), ma vedere questi poveri batteristi che paiono pesci rossi nell’acquario…

E così, tra un coriandolo e una pelliccia, siamo arrivati al termine della serata, manca solo l’assegnazione del premio Sisme per la miglior performance. Sarebbe l’occasione buona per fare una bella scommessa (magari un pacchetto di patatine light dell’Eurospin) ma , dato che io e Farnedi punteremmo entrambi su Rashomon, non avrebbe molto senso…
Non potete immaginare la soddisfazione provata, né l’orgoglio per la nostra lungimiranza, quando hanno dichiarato che il vincitore del premio Sisme era Vincenzo Scruci
Si vede che siam degli intenditori.

P.S. Ho trovato le foto degli artisti sulla pagina facebook di Musicultura, non ho però trovato il nome del fotografo che le ha scattate, se qualcuno lo sa può scrivermelo in un commento qui sotto, grazie :)

P.P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica l'Angolo dell'Estrema Riluttanza su stonehand.it: http://www.stonehand.it/wordpress/?cat=271


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