sabato 28 aprile 2012

Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura: le conclusioni

Mi rendo conto che potrei andare avanti per chissà quanto raccontando le nostre avventure canarine, però non è che possiamo restarcene spiaggiati per mesi e mesi a Lanzarote, la vita continua, quindi ho deciso di scrivere quest'ultimo post in cui infilerò un po' alla boia gli avvenimenti più salienti che ancora non ho trattato. Per ulteriori info userò i commenti.

Viste le difficoltà con i bus (per andare alla Fundación César Manrique c'era un bus ogni DUE ore, e quello è uno tra i siti turistici più importanti dell'isola), ci siamo rasssegnati e abbiamo preso a noleggio una macchina; la prima volta abbiam deciso all'ultimo momento quindi ci hanno rifilato una 500 color ottanio un po'  da birri, la seconda volta invece siamo andati a sentire il giorno prima e abbiamo chiesto qualcosa di più economico, ottenendo una Punto il cui colore sul contratto era definito TIERRA AUREA, uno di quei colori cangianti che si mimetizzano con l'ambiente e ogni volta facevi fatica a riconoscerla nei parcheggi (per fortuna sul portachiavi c'era la targa, altrimenti...). Questa mania di dare nomi assurdi ai colori ha radici antiche, ricordo una puntata di Love Boat in cui il capitano Stubing voleva far ridipindere la sua cabina e il colore scelto era a Singapore tramonto zafferano, colore che a fine puntata si rivelò essere giallo. Da lì in poi siamo andati peggiorando.
Appena ritirata la macchina siamo partiti verso le grotte laviche meta della gita e abbiamo scoperto quasi subito che a Lanzarote quando sei già all'interno di una rotonda devi dare tu la precedenza a quelli che entrano (il motivo mi sfugge); ci eravamo appena ripresi da questo shock culturale quando siamo entrati in un'altra rotonda che aveva ben tre semafori, uno per ciascuna uscita.
In sostanza le cose da loro vanno così (almeno in quella rotonda): tu entri nella rotonda e magari vorresti uscire alla seconda uscita ma non puoi perché il semaforo rosso proprio prima dell'uscita t'inchioda lì, insieme a tutti gli altri pellegrini che sono dietro di te e ne dicono di ogni. E qui francamente ci siamo scervellati ma una spiegazione non l'abbiamo trovata, se voi ci riuscite pregovi condividere in un commento.

In un precedente post vi avevo già descritto dettagliatamente le performance da gara degli autisti/piloti di bus, mi limito a segnalare che lungo la strada verso il nord (velocità max consentita 80km/h) conducevo la vettura appena sotto il limite quando sono stata superata in tromba da un bus che nel giro di un paio di minuti è sparito all'orizzonte; che fosse l'ennesimo sequel di Speed?
Una volta arrivati in vista delle grotte laviche (César Manrique ha trasformato queste e altre grotte sparse per l'isola in abitazioni, ristoranti ecc), abbiamo parcheggiato il camaleonte e siamo entrati; ci trovavamo all'interno de Los Jameos del Agua, bolle d'aria createsi secoli fa nel fiume di lava che fuoriusciva dal vulcano.
Appena passato l'omino che strappa il biglietto mi sono accorta di avere lasciato gli occhiali da vista in macchina e mi è toccato quindi tenere quelli da sole per tutta la visita (così, al naturale, non vedo una cippa). Per fortuna le grotte sono bolle di lava aperte in alto quindi il problema c'è stato solo per la discesa nella grotta-auditorium che è una grotta vera. Vedendomi laggiù al buio con gli occhiali da sole i colleghi turisti avran pensato che ero deficiente ma ho preferito la parvenza di deficienza all'ammazzarmi mettendo un piede in fallo mentre andavo su e giù per ste grotte.
Misteriosamente, tra gli altri visitatori c'erano un paio di donne (una delle due è nella foto qui a lato) che calzavano zeppe trampolate tacco 12 e che sono uscite indenni da salite e discese nonostante i gradini decisamente sconnessi. Che altro dire, chapeau.
Mentre ce ne stavamo seduti in una angolo ad ammirare il lavoro del famoso Manrique, uno stile un po' james bond anni sessanta, ci è passata di fianco una turista spagnola con il figlio al seguito che faceva una curiosa maletta (la lagna è internazionale, tipo esperanto); dopo l'ennesima geremiade, lei si è girata e ha sbottato "Déjame en paz, no me cuentes tu vida!" (lasciami in pace, non raccontarmi la storia della tua vita!) e noi avremmo tanto voluto farle un applauso ma avrebbero capito che stavamo origliando quindi ci è toccato tacere. Mannaggia.

Sulla strada del ritorno abbiamo fatto una piacevolissima sosta al giardino botanico di piante grasse, realizzato all'interno di una ex cava sempre dalla felice mano di Manrique; piante di ogni genere (alcune sembravano cervelli) e di dimensioni a volte impressionanti, soprattutto per noi tipi umidi e nebbiosi abituati al cactus soprammobile. Anche in questo caso, come nei precedenti, l'intervento umano era in totale armonia con l'ambiente naturale, in alcuni casi praticamente invisibile.

L'ultima gità è stata al parco nazionale del Vulcano Timanfaya, paesaggio lunarissimo e inquietante, meraviglioso nonostante la marea di turisti presenti nell'unica zona aperta al pubblico; il resto è visitabile solo facendo un tour sull'autobus blindato, tour che abbiamo ovviamente fatto scattando molte foto, tutte col riflesso del vetro, sigh. Abbiamo percorso questa strada stretta e tortuosa, passando attraverso dune sabbiose grigio scuro, rocce rosso ruggine, colline con striature verdi, fino al gran finale, proprio davanti alla bocca del vulcano.  Siamo rimasti a bocca aperta spesso.

Essendo partiti per una vacanza di tre settimane con il solo bagaglio a mano (rigorosamente 10 kg tutto compreso, la Ryanair non fa sconti) abbiamo fatto un paio di lavatrici nella locale lavanderia a gettoni (usando lo shampoo come detersivo) e, dovendo aspettare i 40 minuti d'ordinanza, siamo andati a mangiare qualcosa al vicino pub inglese, dove la barista britannica doc ci ha portato due ottimi hamburger e spiegato le regole del campionato di freccette che stavano trasmettendo sul megaschermo davanti a noi (c'era uno stadio pieno di gente urlante che brandiva manone di gommapiuma, e cantava slogan, è stata un'esperienza).

Avviandomi alla conclusione, non posso esimermi dall'esprimere un sentito ringraziamento a mia sorella la quale, avendomi ceduto il suo smartphone (lei ha fatto l'upgrade) mi ha tolto dagli stracci, permettendomi di utilizzare la connessione wifi dell'appartamento di Lanzarote, senza la quale avrei scritto la metà dei post. Sia lodata ora e sempre.
Un altro pensiero va a quegli amici che l'anno scorso mi hanno regalato la maglietta che vedete nella foto, permettendomi di pubblicizzare il mio blog anche all'estero. Denghiù.







mercoledì 25 aprile 2012

Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura: el mercadillo de Teguise

Non so se ci abbiate mai fatto caso ma, quando uno va in vacanza da qualche parte, la gente al suo ritorno si aspetta che abbia fatto chissà cosa, bambini salvati da morte certa, rapine sventate, conquiste d'innevate cime, solo per citarne alcune; non è socialmente accettabile che si vada in vacanza per non fare una mazza. Ogni volta che mi preparo per una vacanza temo sempre che qualcuno, prima di partire, mi rifili la "tabella attività obbligatorie" da restituire compilata e timbrata al mio ritorno. 
L'unica inspiegabile eccezione alla regola è la villeggiatura in località marina; se scegli una vacanza in spiaggia è assolutamente normale che per trenta giorni tu:

1) ti alzi,
2) vada in spiaggia e ti cuocia al sole fino all'una,
3) torni a casa per il pranzo,
4) pennichella/tv/pc,
5) di nuovo a rosolarti in spiaggia,
6) cena,
7) passeggiatina serale con gelato/birretta o in alternativa cocktail figo in pub figo ecc ecc.

Il mattino dopo tutto ricomincia dal punto 1.
Il problema ce l'ha chi come noi vuole una vacanza tranquilla ma di stare al sole non gliene può fregar di meno, anzi rifugge i letali raggi in perfetto stile Nosferatu.

Data la situazione, onde evitare le prevedibili rotture di zebedei, ci siamo messi d'impegno e abbiamo fatto qualche giretto per l'isola, avvalendoci di tutti i mezzi a nostra disposizione: autobus, macchina, barca. La banana gonfiabile trainata da motoscafo, quella no, magari nella prossima vita.

L'uso del primo mezzo in questione, l'autobus (che i locali chiamano guagua), ci ha permesso di vivere esperienze irripetibili (speriamo), una fra tutte: El Mercadillo de Teguise.

La domenica mattina nel paesino di Teguise si tiene il mercato domenicale, un evento che persino sulla guida della Lonely Planet, generalmente assai di bocca buona, viene definito come una roba messa in piedi ad uso e consumo dei turisti. Dopo attenta valutazione abbiamo deciso di andare comunque perché, da una parte c'era un bus apposito che partiva proprio da Puerto del Carmen (con fermata a cinque minuti dal nostro appartamento) quindi non dovevi diventare matto con le coincidenze dei mezzi, dall'altra detto veicolo percorreva una zona dell'interno dell'isola che non avevamo ancora visto e che ci incuriosiva molto.
Quella mattina all'ora X siamo giunti belli pimpanti alla fermata dove si era già radunato un discreto gruppo di gente; in quel di Lanzarote il biglietto si acquista direttamente dall'autista e ovviamente nessuno aveva i soldi spicci quindi il processo di pagamento si è trasformato in una via crucis senza fine (nonostante fosse la domenica delle palme). A questo proposito esprimo tutta la mia ammirazione all'autista che ha adottato e mantenuto un atteggiamento zen per tutto il tempo, anche di fronte agli anziani che gli mettevano in mano un pugno di monete dicendogli "vedi tu".
Il viaggio in sè è stato interessante, peccato che ci siamo persi parte del panorama occupati com'eravamo a pregare Iddio avvinghiati ai sedili; gli autisti canarini sembrano avere un'idea tutta loro dei limiti di velocità e di come si affrontino le rotonde, novelli Schumacher in corsa per il titolo. Fortunatamente, a parte qualche marciapiede o cordolo di rotonda, non ci sono state vittime.
Quella mattina, memori del caldo patito nei giorni precedenti, avevamo deciso di lasciare a casa la felpa per viaggiare più leggeri ed era quindi inevitabile che a Teguise soffiasse un vento siberiano che avrebbe congelato uno yeti; il mercato sembrava non finire mai ma dopo un po' avevi l'impressione che fossero sempre le stesse quattro bancarelle che si ripetevano all'infinito; per fortuna ho trovato il banco di un'associazione di beneficenza che vendeva libri usati e ho fatto provviste.

La vera sorpresa ci aspettava però nella piazza in alto dove, oltre a un castello gonfiabile e a un fotografo che offriva il suo somaro per far cavalcare i bambini o ti metteva al collo il suo pitone come fosse un boa di piume, c'erano stand che proponevano cucina tedesca, inglese, italiana e, incredibilmente, anche canaria. Va da sè che gli stand inglese e tedesco traboccavano di gente ma la vera rivelazione, la gemma del mercato di Teguise, si trovava un po' più giù e l'ho voluta fotografare per timore di non essere creduta: uno stand che vendeva il Biscotto della Transilvania, "quello preferito dai vampiri".
Porterò sempre nel cuore il rimpianto di non aver affondato i canini in quella Transi-delizia.
All'ora prevista per il ritorno siamo tornati alla fermata del bus, trovandovi un'orda scalpitante ma rigorosamente in fila (gli italiani erano pochi). Solita attesa interminabile mentre quelli davanti facevano i biglietti e finalmente arriva il nostro turno: l'autista ci guarda e dice "l'autobus è pieno dovete aspettare il prossimo". Qualche bruttura, lo ammetto, scappa, ma non c'è altra scelta quindi aspettiamo. Mi giro e mi siedo sul muretto con rassegnazione, peccato che non sia un muretto in muratura ma un ammasso di rocce laviche con spuntoni ovunque, comodo come un letto di chiodi. E che palle!
Nonostante tutto però il lieto fine c'è stato anche per noi: l'autobus successivo è arrivato dopo una decina di minuti ed essendo noi i primi della fila ci siamo seduti nei posti davanti, quelli che hanno la vista migliore (sempre se non temi la velocità); in più una volta giunti sani e salvi a casa, dopo aver ringraziato il cielo, abbiamo deciso di ritentare la ricetta delle patate rugose ma questa volta abbiamo schifato il microonde, facendole lessare in una semplice pentola d'acqua salata come ai vecchi tempi. Risultato: nessuna esplosione (vedi Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura - seconda parte), smodato pucciamento di patate nelle varie salse canarie e innegabile soddisfazione degli chef.

lunedì 16 aprile 2012

Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura - Buona Pasqua!

E' l'otto di aprile, anche conosciuto come domenica di Pasqua e siamo a Fuerteventura, in quel delle isole Canarie; il fatto di essere all'estero in questo lieto giorno presenta innegabili vantaggi, primo fra tutti il fatto di non dover mangiare le costolette di agnello, immancabile piatto sulla tavola pasquale romagnola che io però rifuggo come la peste, non tanto per scrupoli di coscienza nei confronti degli agnelli, quanto per il fatto che la carne di agnello per me puzza di vecchio e comunque la si prepari il problema rimane.
Nel caso specifico delle costolette, che a casa mia si fanno impanate e fritte, la cosa è più subdola perché all'inizio il croccante t'inganna (sospetto che impanato sia buono anche un copertone) ma neanche il fritto può fare miracoli quindi a metà del primo boccone, ecco che ti assale ferocemente l'ovino e tu rimani lì e subisci tutto senza poter reagire.
Secondo me l'agnello dovrebbe essere cibo non da pasqua ma da quaresima, quando tutto è pianto e stridore di denti, pero' mi rendo conto che è un problema mio e che c'è gente che (inspiegabilmente) l'agnello l'adora, quindi basta lamentele e andiamo avanti.
Stamattina abbiamo deciso di andare a vedere il parco naturale di dune di Corralejos, paradiso indiscusso dei surfisti. Pur essendoci un comodissimo autobus che passa dietro il nostro appartamento e arriva direttamente la', Rico insiste per andare a piedi, indicando il tragitto sulla cartina e sostenendo che non e' poi cosi' lontano, a nulla vale sottolineare che secondo alcuni la cartina non riproduce fedelmente la distanze quindi mi rassegno, ci armiamo di cappello e occhiali da sole e, dopo esserci abbondantemente cosparsi di lozione spf 30, partiamo.
Ovviamente tira un vento boia e il sole picchia duro (villeggiare alle Canarie non e' sport per principianti) ma dopo una ventina di minuti di cammino siamo gia' all'interno del parco con la sua spiaggiona di sabbia e all'inizio la cosa ti rincuora; dico all'inizio perche' il nostro punto di riferimento, il luogo ove trovare cibo, riparo e bagni, e' un complesso alberghiero (per fortuna l'unico) della zona, il Riu, sostanzialmente una montagna di cemento colata nel bel mezzo del parco naturale che fa veramente gridare all'oltraggio paesaggistico e che persino la tenera Lonely Planet definisce "un pugno in un occhio".
Quando, dopo i famosi venti minuti di cammino, alzo i miei stanchi occhi e vedo il complesso laggiu' in fondo, piccolo piccolo (la nostra posizione era ancora molto molto fuori dall'immagine qui sopra), lo sconforto mi attanaglia: ho il vento nelle orecchie, caldo, e camminare nella sabbia e' una gran fatica. Rico mi guarda e visto il muso lungo accetta di tornare alla prima fermata del bus e aspettare la prima corsa. Peccato che, trattandosi del giorno di pasqua, detta corsa potrebbe tardare un'ora o tutta la giornata; una volta analizzata con calma la faccenda, temporaneamente al riparo della tettoia, decidiamo di proseguire.
Il tragitto non e' breve ma ne vale la pena, quando ti addentri tra le dune sembra di essere veramente in mezzo al nulla, se invece ti avvicini al mare la spiaggia e' piena di quelle tendine fatte apposta per ripararsi dal vento e in cielo è pieno di kite coloratissimi.
Dopo lungo camminare e molto fotografare, ecco finalmente il primo chiosco; con un sospirone di sollievo ci fermiamo e, dopo aver acquistato alcuni generi di conforto imprescindibili (leggi patatine e cocacola) li consumiamo seduti su un vecchio tronco (ovviamente al sole, l'ombra qui è merce rara) per poi ripartire rinvigoriti verso la meta finale, il cementoso orrore del Riu.
Una volta arrivati al traguardo ci guardiamo in faccia e tocca ammetterlo, siamo parecchio provati, soprattutto Rico che, avendo distrutto le scarpe in una precedente escursione (vedi Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura - secondo capitolo), ha percorso tutto il tragitto calzando All Star, scarpe che notoriamente sono la vergine di Norimberga dei piedi; avvistato un barettino in spiaggia, ci impossessiamo di un tavolino rigorosamente all'ombra e pranziamo molto pasqualmente con un panino tonno e pomodoro servitoci da un signore spagnolo di una certa eta' che si occupa di noi con una gentilezza che ci sorprende; davanti a noi c'e' il mare col suo spettacolo naturale e umano, sulla nostra destra l'inevitabile viavai di bagnanti in costume (noi ovviamente abbiamo pantaloni lunghi e felpa).
Dopo un'oretta di riposo decidiamo di tornare sui nostri passi ma questa volta non ci sono dubbi, nessuna discussione sulla modalita di rientro: facciamo trecento metri e ci buttiamo tra le braccia di un provvidenziale taxi. Facciamo muovere l'economia che noi per oggi ci siamo mossi abbastanza.

venerdì 13 aprile 2012

Elle Spagna e la cavitazione dei nostri risparmi

Pur trovandomi in mezzo all'oceano, in quel di Lanzarote, ho deciso di mantenere il rito mattutino della lettura di riviste durante la colazione, soprattutto perché ero curiosa di leggere le riviste femminili spagnole per vedere se la percentuale di assurdità per pagina è pari alla nostra.
A questo scopo mentre ero al supermercato a far la spesa mi son fermata nell'angolo riviste; c'era un po' di tutto, pettegolezzi, giardinaggio, cucina e, sorprendentemente, donne nude. Ormai al supermercato trovi proprio tutto. Essendo però che a colazione preferisco star leggera, ho preso Elle Spagna (era quella che costava meno) anche se poi un po' me ne son pentita perché la grafica all'interno è assai noiosa, però qualche chicca l'ho trovata comunque.
Il numero in questione è di aprile e annovera tra i suoi articoli una gemma intitolata "le sette regole pre-estate"; il sottotitolo ci avverte che ci restano ancora tre mesi per trattare e modellare il nostro corpo in vista dell'estate. Vediamo dunque queste sette fatiche a cui dovremmo sottoporci nei prossimi tre mesi:

1) sei un ammasso di cellule morte quindi ti tocca fare il peeling fotonico (150 euri a seduta) due volte la settimana, in totale otto volte al mese, moltiplicato per tre mesi ti partono 3600 euri.

2) datti un'occhiata allo specchio, sei pallida come un cadavere, urge trattamento autoabbronzante, stavolta te la cavi con 90 euri.

3) peccato che tu sia devastata da macchie e nei, l'unico rimedio sono il laser Fraxel Dual (800 euri a zona) e il Q-Switched (400 euri a zona). Siamo buoni e facciamo finta che tu debba trattare una sola zona, in totale 1200 euri.

4) è ora di dire basta alle calze da vecchia, però devi dare una sistemata alle gambe, quindi depilazione definitiva Vectus per soli 1340 euri.

5) sta maledetta pelle a buccia d'arancia non si può vedere, per non parlare del nemico grasso, quindi interveniamo con ultrasuoni e cavitazione (tratt. Cyclone) alla modica cifra di 2000 euri per 12 sedute.

6) a forza di succhiare via del grasso sarai tutta in caduta libera, non ti resta che rassodare a destra e a manca con il Thermage CPT che però farà cadere in picchiata i tuoi conti strappandoti altri 2500 euri.

7) ormai sei in fondo, restano solo da fare pedicure e manicure, dì addio a 165 euri.

Facendo due conti questa eroica impresa, che spero ti faccia diventare almeno come la Barbie, richiede un investimento di quasi 11.000 (sì, proprio undicimila) euri. Sarei curiosa di vedere la faccia di quello a cui arriva la richiesta di finanziamento per, come le potremmo chiamare, attività di manutenzione biologica?

martedì 10 aprile 2012

Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura: Eros e Afrodita, anche no.

A volte gli eventi ti costringono a mettere in discussione l'immagine che hai di te stesso.
Ieri sera,  spinti da uno smodato desiderio di gelato, siamo usciti a passeggiare sul lungomare; lungo detto lungomare, oltre a locali di ogni genere, dal ristorante giapponese alla kebaberia, c'è un chiosco di gelato sulle cui pareti si sostiene di vendere gelato italiano; inizialmente il fatto che le scritte siano in tedesco causa una certa diffidenza, poi però dai un'occhiata alle vaschette del gelato e senti risorgere la fiducia.
Purtroppo, la tariffa minima da 1,5 euri ti costringe al monogusto (una bola), per aver diritto a due gusti devi scucire ben 2,5 euri e, essendo il nostro un po' un salto nel buio, decidiamo di limitare l'esposizione finanziaria. In realtà il gelato si rivelera molto buono, cosa non così frequente all'estero.
Mentre camminiamo mangiando il nostro helado con una certa soddisfazione, una ragazza si avvicina e dà a Rico un volantino. Immaginando la solita pubblicità di ristorante con menù a buffet dove per soli sei euri puoi rosicchiare anche le gambe dei tavoli, diamo un'occhiata e scopriamo questa perla che allego perché mi pare giusto condividere ciò che il destino mi offre.
Mentre cercavo di capire se lo strumento imbracciato dalla mora fosse un basso o una chitarra, onde evitare l'ennesima magra con Rico, lui mi ha fatto riflettere su un dettaglio non da poco: perché la tipa ha dato il volantino proprio a noi? Cosa le ha fatto pensare che sti due che mangiavamo il gelato potessero visitare quel delizioso posticino? Io un po' me ne sono tirata fuori, sostenendo che la pubblicità l'avevano offerta a lui e non a me, però resta il fatto che eravamo lì entrambi coi nostri gelati (uno cioccolato e l'altro cioccomenta) e sta tipa ci ha dato un'occhiata (jeans, felpa e scarpe da ginnastica) e ha deciso che eravamo materiale per l'Eros & Afrodita. Vorrei poter pensare che volesse solo sbarazzarsi dei volantini, come quelli che a casa t'infilano nella buchetta tre pubblicità uguali, ma il volantino l'ha dato solo a noi, anche se c'era altra gente nei paraggi. In cuor mio spero che quella chioma fluente servisse a nascondere i segni di una lobotomia.

giovedì 5 aprile 2012

Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura - secondo capitolo

Proseguo il diario della vacanza canarina con qualche dettaglio sulla sistemazione. Tra i pro dell'appartamento: è a 5 minuti dalla spiaggia, ci fanno le pulizie tutti i giorni e ci sono tre scaffali pieni di libri a disposizione degli ospiti, per non parlare del wi-fi gratuito; tra i contro abbiamo il fatto che per cucinare c'è la vetroceramica che però ci mette una vita a scaldarsi e noi, che abbiamo una certa età, preferiremmo non dover sprecare ore della nostra vita a fissare una pentola.
Inizialmente la tv prendeva solo Cnn e canali tedeschi ma, dietro nostra richiesta, ci hanno sintonizzati sui canali spagnoli per cui ci divertiamo un sacco guardando i telefilm doppiati in spagnolo e abbiamo anche scoperto un'inaspettata e strepitosa  serie di qualche anno fa (Aqui no hay quien viva). In piu' danno delle telenovelas sudamericane meravigliose dove i cattivi sono cattivissimi e di nero vestiti e rapiscono le belle giovini che non gli si concedono; assumendone una dose quotidiana ci risultano più sopportabili queste tre settimane senza le assurdità di Biutiful. Dobbiamo pero tenere sempre un peso sul cavo della tv che altrimenti perde la sintonia, fa tutto molto casa del mare.
Guardandomi intorno mi rendo conto che come vacanzieri siamo un po' atipici, siamo qui da oltre una settimana e non siamo mai andati in spiaggia, se non per passeggiate nel tardo pomeriggio o per prendere un aperitivo in uno dei bar sulla spiaggia. Purtroppo però, anche se tu non lo cerchi, il sole qui ti trova comunque, dopo un solo giorno c'era gia' qualcuno con le braccia e il collo rossi che pareva un ghiacciolo a strisce. Fortunatamente, grazie a una copiosa applicazione di crema spf 30 abbiamo bloccato il fenomeno sul nascere.
Come già sottolineato, l'obiettivo della vacanza era la nullafacenza più assoluta; ciononostante, ci siamo permessi qualche escursione nei dintorni e la prima è stata una visita alla vicina cittadina di Arrecife, capitale dell'isola.
Abbiamo preso l'autobus da Puerto del Carmen a Arrecife (in quei primi giorni eravamo ingenui e tentavamo di usare i mezzi pubblici per essere più ecocompatibili), fatto una bella passeggiata per la città, visitato il locale mercato artigiano e la chiesetta che si affacciava sulla piazza, per poi pranzare con ottime tapas (peperoni alla padrón e alici marinate) presso il locale Bar Andalucia.
Eravamo proprio nel bel mezzo di un giro esplorativo della locale "darsena", quando ci siamo accorti che una delle scarpe di Rico aveva problemi con la suola, nel senso che la suola sembrava in preda a un irresistibile desiderio di liberta' e decisa ad andarsene per i fatti suoi. Il problema non era da poco, eravamo almeno a un chilometro dalla fermata del bus e i negozi non avrebbero aperto per altre due ore, quindi comprare un paio di scarpe nuove era fuori discussione. Per un attimo abbiamo considerato l'idea di prendere il trenino bianco che portava i turisti a fare un giro della citta' e che fermava anche alla stazione dei bus pero', un po´ per la vergogna di farsi vedere sul trenino bianco da Disneyland in mezzo a stagionati e arrossati turisti, un po' per il fatto che il treno non sarebbe partito per altri venticinque minuti, abbiamo deciso di proseguire effetuando prima un piccolo intervento di manutenzione sulla scarpa: abbiamo parzialmente sciolto i lacci e li abbiano attorcigliati alla scarpa passando sotto la suola. Seppur discutibile da un punto di vista estetico, il trattamento di consolidamento si e' rivelato efficace, permettendoci di raggiungere la stazione dei bus con tutte e quattro le scarpe. Mancavano ormai poche centinaia di metri quando abbiamo visto il nostro autobus arrivare allegramente e altrettando allegramente ripartire. Mai che tardi due minuti quando serve.
La sera abbiamo deciso di provare a cucinare le papas arrugadas (patate rugose) a casa; non avremmo seguito fedelmente la ricetta che prevede di far bollire le patate in acqua salatissima,  in modo da creare una buccia rugosa e salata, ma piu' semplicemente cotto le patate nel microonde per poi condirle con il mojo (salsa tipica) che avevamo comprato in due varieta', verde e rosso, al locale supermercato. Peccato che non le avessimo bucherellate a dovere, dopo qualche minuto abbiamo sentito un  "pop", uno di quei maledetti tuberi era letteralmente esploso, ricoprendo le pareti del forno di frammenti patatosi, tutti da pulire. La vita non e' tutta rose e fiori e vacanze alle Canarie.
E ancora non vi ho detto della gita al mercato domenicale di Teguise...
Ma di questo parleremo la prossima volta.

lunedì 2 aprile 2012

Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura - primo capitolo

Il dado è finalmente tratto. A due anni dall'ultima vacanza degna di questo nome, eccoci in quel di Lanzarote, Canarie. Più precisamente siamo a Puerto del Carmen, ridente agglomerato di casette e appartamenti per vacanze. Premetto che l'ortografia dei miei prossimi pezzi non sara impeccabile; da una parte questa tastiera e' spagnola e non ha gli accenti giusti, dall'altra essendo molto usata, le lettere sui tasti non si vedono piu quindi vado un po' a intuito ma accenti e roba cosi sono al di la delle mie possibilita. Portate pazienza.
Prima di lanciarmi in una recensione del luogo, permettetemi di spendere due parole sul viaggio.
La mattina della partenza, dopo aver controllato i bagagli, siamo andati al negozio di alimentari a farci fare due panini col pane fresco e gli affettati buoni, onde evitare l'incubo digestivo dei panini dell'aeroporto. Nonostante fossero le 10.30 e l'orario concordato con l'antenato (che ci avrebbe traghettato all'aeroporto) fosse le 11, non riuscivo a evitare di guardare l'orologio ogni due secondi, non per un picco d'ansia da partenza ma perché conosco i miei polli e so che se tardo anche solo un minuto mio babbo si stressa. Alle 10.45 siamo tornati a casa e abbiamo trovato il genitore già davanti casa che scalpitava tentando di contattarmi al cellulare e segretamente temendo di aver sbagliato orario. Tutto regolare.
Il resto è filato liscio, inclusa la partenza. In aereo faceva un gran caldo per cui quando sono passati col carrello cibarie ho comprato un bottiglia d'acqua (o forse d'oro, a giudicare dal prezzo); di fronte alla mia banconota la hostess mi ha detto che non aveva il resto e che me l'avrebbe portato dopo. Fin qui niente di male, se non fosse che da quel momento in poi non s'è più visto nessuno; dopo aver pazientato per una mezz'ora mi sono rotta, ho arpionato il primo gigino in divisa che mi è arrivato a tiro e mi son fatta portare il resto. Il punto però è un altro: io non ero seduta in fondo all'aereo, ero nella fila sei, se rimani senza spicci al tuo primo giro col carrello e sei solo alla fila sei, mi sa che non hai proprio fatto bene i conti. È anche vero che se l'unico problema è questo, ci va anche troppo bene (vedi Va la che, se usava la British Airways, Ulisse Itaca...). Concludo con un cameo dello steward che, dopo aver tentato inutilmente di collocare il mio trolley nello spazio rimasto nella cappelliera, si è lasciato scappare un "joder!" che non credo rientri tra le espressioni d'elezione della compagnia aerea.
Passiamo adesso alle prime impressioni del posto: premetto che il nostro scopo principale è riposarci, quindi l'appartamento che abbiamo affittato, con cucina, tv e ingresso davanti alla piscina, è perfetto, soprattutto perché il complesso non è uno di quei roboni enormi di cemento tipo formicaio e gli altri turisti sono in gran parte nordici quindi tranquilli. Il paesello vive di turismo e pare un incrocio tra la nostra riviera e Gardaland; la popolazione si divide tra anziani in pensione e giovani surfisti, windserfisti e kitesurfisti, quindi abbiamo ristoranti pieni di stagionati frequentatori che alle sei cenano e, proprio accanto, studi di tatuatori e parrucchieri che fanno le treccine ai capelli; all'inizio ti sembra di stare su Marte ma poi ti abitui.

Altra cosa difficile da elaborare è il fatto che, mentre passeggi armata di felpa, jeans, sciarpina e scarpette, vedi sti tizi che fanno il bagno nell'oceano, oppure che se ne vanno in giro con i capelli bagnati e, in entrambi i casi, sopravvivono. Per non parlare di quei colori di pelle che, a parte gli UmpaLumpa, nessuno ha mai visto (e nessuno dovrebbe mai vedere), che mi fanno pensare che, quando si tratta di protezione solare, il turista nordico abbia il braccino corto.
Questo solare paesello, come del resto tutta l'isola, ha subito l'invasione di un orda di pensionati nordeuropei che ha deciso di trasferirsi qua per godere del clima secco che fa bene alle ossa ma non pare minimamente intenzionata ad adattarsi al nuovo ambiente; non a caso il piatto più reclamizzato dai ristoranti/bar è la full English breakfast e al locale supermercato (Spar) ci sono decine di birre d'importazione e patatine con qualsiasi aroma. A completare il quadro, la domenica in molti pub servono il Sunday lunch.
Fortunatamente ci avevano avvertito della situazione, quindi ci siamo subito messi in caccia e già il secondo giorno abbiamo identificato un bar spagnolo dove andare a mangiare ottimee tapas. Il primo test l'ha superato con papas arrugadas y mojo, specialità locale con patate piccole bollite con la buccia e poi pucciate (leggi intinte) in una salsa verde con coriandolo e una rossa piccante, per il resto vedremo.

Tra le altre caratteristiche degne di nota: l'isola è vulcanica e non lo nasconde. Il terreno è roccioso e nero, all'inizio non capisci dove finisce l'asfalto e dove inizia la terra; l'erba non esiste, se anche ti par di vederla, al novantanove percento è finta, oppure stanno prosciugando un lago nel vano tentativo di tenerla in vita. In compenso ci sono alberi di ficus alti parecchi metri e cactus di ogni forma.
Lanzarote e' considerata il paradiso dei surfusti perche tira sempre un gran vento; certo che se sei come noi e il surf sostanzialmente ti rimbalza, questo vivace venticello che a volte pare spostare i muri rompe spesso gli zebedei, anche se in alcuni casi mitiga il calore quindi a modo nbostro finiamo con  apprezzarlo.
Con questo concludo la prima parte del mio diario di viaggio, a breve ne seguiranno altre.

P.s. Ieri sera alle 22.40 ci saranno stati 14 gradi e qua facevano il bagno in piscina.