Non so se ci abbiate mai fatto caso ma, quando uno va in vacanza da qualche parte, la gente al suo ritorno si aspetta che abbia fatto chissà cosa, bambini salvati da morte certa, rapine sventate, conquiste d'innevate cime, solo per citarne alcune; non è socialmente accettabile che si vada in vacanza per non fare una mazza. Ogni volta che mi preparo per una vacanza temo sempre che qualcuno, prima di partire, mi rifili la "tabella attività obbligatorie" da restituire compilata e timbrata al mio ritorno.
L'unica inspiegabile eccezione alla regola è la villeggiatura in località marina; se scegli una vacanza in spiaggia è assolutamente normale che per trenta giorni tu:
1) ti alzi,
2) vada in spiaggia e ti cuocia al sole fino all'una,
3) torni a casa per il pranzo,
4) pennichella/tv/pc,
5) di nuovo a rosolarti in spiaggia,
6) cena,
7) passeggiatina serale con gelato/birretta o in alternativa cocktail figo in pub figo ecc ecc.
Il mattino dopo tutto ricomincia dal punto 1.
Il problema ce l'ha chi come noi vuole una vacanza tranquilla ma di stare al sole non gliene può fregar di meno, anzi rifugge i letali raggi in perfetto stile Nosferatu.
Data la situazione, onde evitare le prevedibili rotture di zebedei, ci siamo messi d'impegno e abbiamo fatto qualche giretto per l'isola, avvalendoci di tutti i mezzi a nostra disposizione: autobus, macchina, barca. La banana gonfiabile trainata da motoscafo, quella no, magari nella prossima vita.
L'uso del primo mezzo in questione, l'autobus (che i locali chiamano guagua), ci ha permesso di vivere esperienze irripetibili (speriamo), una fra tutte: El Mercadillo de Teguise.
La domenica mattina nel paesino di Teguise si tiene il mercato domenicale, un evento che persino sulla guida della Lonely Planet, generalmente assai di bocca buona, viene definito come una roba messa in piedi ad uso e consumo dei turisti. Dopo attenta valutazione abbiamo deciso di andare comunque perché, da una parte c'era un bus apposito che partiva proprio da Puerto del Carmen (con fermata a cinque minuti dal nostro appartamento) quindi non dovevi diventare matto con le coincidenze dei mezzi, dall'altra detto veicolo percorreva una zona dell'interno dell'isola che non avevamo ancora visto e che ci incuriosiva molto.
Quella mattina all'ora X siamo giunti belli pimpanti alla fermata dove si era già radunato un discreto gruppo di gente; in quel di Lanzarote il biglietto si acquista direttamente dall'autista e ovviamente nessuno aveva i soldi spicci quindi il processo di pagamento si è trasformato in una via crucis senza fine (nonostante fosse la domenica delle palme). A questo proposito esprimo tutta la mia ammirazione all'autista che ha adottato e mantenuto un atteggiamento zen per tutto il tempo, anche di fronte agli anziani che gli mettevano in mano un pugno di monete dicendogli "vedi tu".
Il viaggio in sè è stato interessante, peccato che ci siamo persi parte del panorama occupati com'eravamo a pregare Iddio avvinghiati ai sedili; gli autisti canarini sembrano avere un'idea tutta loro dei limiti di velocità e di come si affrontino le rotonde, novelli Schumacher in corsa per il titolo. Fortunatamente, a parte qualche marciapiede o cordolo di rotonda, non ci sono state vittime.
Quella mattina, memori del caldo patito nei giorni precedenti, avevamo deciso di lasciare a casa la felpa per viaggiare più leggeri ed era quindi inevitabile che a Teguise soffiasse un vento siberiano che avrebbe congelato uno yeti; il mercato sembrava non finire mai ma dopo un po' avevi l'impressione che fossero sempre le stesse quattro bancarelle che si ripetevano all'infinito; per fortuna ho trovato il banco di un'associazione di beneficenza che vendeva libri usati e ho fatto provviste.
La vera sorpresa ci aspettava però nella piazza in alto dove, oltre a un castello gonfiabile e a un fotografo che offriva il suo somaro per far cavalcare i bambini o ti metteva al collo il suo pitone come fosse un boa di piume, c'erano stand che proponevano cucina tedesca, inglese, italiana e, incredibilmente, anche canaria. Va da sè che gli stand inglese e tedesco traboccavano di gente ma la vera rivelazione, la gemma del mercato di Teguise, si trovava un po' più giù e l'ho voluta fotografare per timore di non essere creduta: uno stand che vendeva il Biscotto della Transilvania, "quello preferito dai vampiri".
Porterò sempre nel cuore il rimpianto di non aver affondato i canini in quella Transi-delizia.
All'ora prevista per il ritorno siamo tornati alla fermata del bus, trovandovi un'orda scalpitante ma rigorosamente in fila (gli italiani erano pochi). Solita attesa interminabile mentre quelli davanti facevano i biglietti e finalmente arriva il nostro turno: l'autista ci guarda e dice "l'autobus è pieno dovete aspettare il prossimo". Qualche bruttura, lo ammetto, scappa, ma non c'è altra scelta quindi aspettiamo. Mi giro e mi siedo sul muretto con rassegnazione, peccato che non sia un muretto in muratura ma un ammasso di rocce laviche con spuntoni ovunque, comodo come un letto di chiodi. E che palle!
Nonostante tutto però il lieto fine c'è stato anche per noi: l'autobus successivo è arrivato dopo una decina di minuti ed essendo noi i primi della fila ci siamo seduti nei posti davanti, quelli che hanno la vista migliore (sempre se non temi la velocità); in più una volta giunti sani e salvi a casa, dopo aver ringraziato il cielo, abbiamo deciso di ritentare la ricetta delle patate rugose ma questa volta abbiamo schifato il microonde, facendole lessare in una semplice pentola d'acqua salata come ai vecchi tempi. Risultato: nessuna esplosione (vedi Staccare la spina tra Lanzarote e Fuerteventura - seconda parte), smodato pucciamento di patate nelle varie salse canarie e innegabile soddisfazione degli chef.
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