Prima di lanciarmi in una recensione del luogo, permettetemi di spendere due parole sul viaggio.
La mattina della partenza, dopo aver controllato i bagagli, siamo andati al negozio di alimentari a farci fare due panini col pane fresco e gli affettati buoni, onde evitare l'incubo digestivo dei panini dell'aeroporto. Nonostante fossero le 10.30 e l'orario concordato con l'antenato (che ci avrebbe traghettato all'aeroporto) fosse le 11, non riuscivo a evitare di guardare l'orologio ogni due secondi, non per un picco d'ansia da partenza ma perché conosco i miei polli e so che se tardo anche solo un minuto mio babbo si stressa. Alle 10.45 siamo tornati a casa e abbiamo trovato il genitore già davanti casa che scalpitava tentando di contattarmi al cellulare e segretamente temendo di aver sbagliato orario. Tutto regolare.
Il resto è filato liscio, inclusa la partenza. In aereo faceva un gran caldo per cui quando sono passati col carrello cibarie ho comprato un bottiglia d'acqua (o forse d'oro, a giudicare dal prezzo); di fronte alla mia banconota la hostess mi ha detto che non aveva il resto e che me l'avrebbe portato dopo. Fin qui niente di male, se non fosse che da quel momento in poi non s'è più visto nessuno; dopo aver pazientato per una mezz'ora mi sono rotta, ho arpionato il primo gigino in divisa che mi è arrivato a tiro e mi son fatta portare il resto. Il punto però è un altro: io non ero seduta in fondo all'aereo, ero nella fila sei, se rimani senza spicci al tuo primo giro col carrello e sei solo alla fila sei, mi sa che non hai proprio fatto bene i conti. È anche vero che se l'unico problema è questo, ci va anche troppo bene (vedi Va la che, se usava la British Airways, Ulisse Itaca...). Concludo con un cameo dello steward che, dopo aver tentato inutilmente di collocare il mio trolley nello spazio rimasto nella cappelliera, si è lasciato scappare un "joder!" che non credo rientri tra le espressioni d'elezione della compagnia aerea.
Passiamo adesso alle prime impressioni del posto: premetto che il nostro scopo principale è riposarci, quindi l'appartamento che abbiamo affittato, con cucina, tv e ingresso davanti alla piscina, è perfetto, soprattutto perché il complesso non è uno di quei roboni enormi di cemento tipo formicaio e gli altri turisti sono in gran parte nordici quindi tranquilli. Il paesello vive di turismo e pare un incrocio tra la nostra riviera e Gardaland; la popolazione si divide tra anziani in pensione e giovani surfisti, windserfisti e kitesurfisti, quindi abbiamo ristoranti pieni di stagionati frequentatori che alle sei cenano e, proprio accanto, studi di tatuatori e parrucchieri che fanno le treccine ai capelli; all'inizio ti sembra di stare su Marte ma poi ti abitui.
Altra cosa difficile da elaborare è il fatto che, mentre passeggi armata di felpa, jeans, sciarpina e scarpette, vedi sti tizi che fanno il bagno nell'oceano, oppure che se ne vanno in giro con i capelli bagnati e, in entrambi i casi, sopravvivono. Per non parlare di quei colori di pelle che, a parte gli UmpaLumpa, nessuno ha mai visto (e nessuno dovrebbe mai vedere), che mi fanno pensare che, quando si tratta di protezione solare, il turista nordico abbia il braccino corto.
Questo solare paesello, come del resto tutta l'isola, ha subito l'invasione di un orda di pensionati nordeuropei che ha deciso di trasferirsi qua per godere del clima secco che fa bene alle ossa ma non pare minimamente intenzionata ad adattarsi al nuovo ambiente; non a caso il piatto più reclamizzato dai ristoranti/bar è la full English breakfast e al locale supermercato (Spar) ci sono decine di birre d'importazione e patatine con qualsiasi aroma. A completare il quadro, la domenica in molti pub servono il Sunday lunch.
Fortunatamente ci avevano avvertito della situazione, quindi ci siamo subito messi in caccia e già il secondo giorno abbiamo identificato un bar spagnolo dove andare a mangiare ottimee tapas. Il primo test l'ha superato con papas arrugadas y mojo, specialità locale con patate piccole bollite con la buccia e poi pucciate (leggi intinte) in una salsa verde con coriandolo e una rossa piccante, per il resto vedremo.
Tra le altre caratteristiche degne di nota: l'isola è vulcanica e non lo nasconde. Il terreno è roccioso e nero, all'inizio non capisci dove finisce l'asfalto e dove inizia la terra; l'erba non esiste, se anche ti par di vederla, al novantanove percento è finta, oppure stanno prosciugando un lago nel vano tentativo di tenerla in vita. In compenso ci sono alberi di ficus alti parecchi metri e cactus di ogni forma.
Lanzarote e' considerata il paradiso dei surfusti perche tira sempre un gran vento; certo che se sei come noi e il surf sostanzialmente ti rimbalza, questo vivace venticello che a volte pare spostare i muri rompe spesso gli zebedei, anche se in alcuni casi mitiga il calore quindi a modo nbostro finiamo con apprezzarlo.
Con questo concludo la prima parte del mio diario di viaggio, a breve ne seguiranno altre.
P.s. Ieri sera alle 22.40 ci saranno stati 14 gradi e qua facevano il bagno in piscina.
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