domenica 8 giugno 2014
Un Vaglia ci salverà
Ogni volta che mi capita di andare a Firenze per motivi di lavoro finisce sempre che mi stresso da morire, per varie e solidissime ragioni:
1) il giorno della partenza ti tocca arrivare in stazione a Cesena già col coltello tra i denti, pronta alla pugna con millemila studenti e pendolari per guadagnare un posto a sedere,
2) per i successivi sessanta minuti di viaggio il pensiero di perdere la coincidenza ti rosicchia il midollo, essendo che il regionale spesso arriva a Cesena portandosi dietro un ritardo accumulato,
3) quando finalmente scendi a Bologna, sei quasi sempre nei binari più lontani (viaggi dopotutto su un plebeo regionale) quindi inizia la corsa per raggiungere i sotterranei da The Day After dove trovansi gli agognati Eurostar; quando finalmente arrivi con il fiato talmente corto da fare temere un attacco d'asma, può capitarti di scoprire che il tuo Red Arrow è in ritardo pure quello.
Per riassumere, interi anni di vita consumati in sole due ore di viaggio.
Memore dei precedenti traumi, stavolta ho pensato di affrontare la questione con un approccio laterale: dato che il lavoro iniziava alle 14, ho deciso di prendere la giornata come una gita: sono arrivata a Faenza in macchina (da casa mia in campagna ci vogliono 30 minuti, per andare in stazione a Cesena ne impiegherei comunque 20) e sono salita sul trenino della linea Faenza-Firenze.
La scelta si è rivelata vincente:
a) non c'è stato nessun problema per sedersi nonostante ci fossero due scolaresche in gita,
b) in meno di due ore, siamo arrivati a Firenze senza stress da coincidenza
c) ho scoperto l'esistenza di località a me sconosciute quali Vaglia e Biforco.
Unico neo, un'aria condizionata polare ma quella c'è pure sui blasonati dell'altra linea quindi...
Ho fatto una bella passeggiata nel sole e per un istante accarezzato la possibilità di impiegare il tempo libero facendomi tagliare i capelli ma, temendo di arrivare al convegno col collo coperto di capelli spuntati, ho deciso di soprassedere.
Ho comprato un panino e un croccante Mordicchio (quelle robe vecchio stile
che fanno tanto gita delle medie) e mi sono fermata a mangiare in un giardino circondata da piccioni, podisti e umanità varia, il tutto in relativa tranquillità. Mi ha ricordato molto i miei pranzi al parco a Londra, saranno state tutte quelle lingue sconosciute che si sentivano lì intorno.
Il sandwich che avevo comprato (uova e gamberetti) riportava in etichetta Made in Italy, cosa piuttosto comica se si considera che questi prodotti hanno una scadenza di appena qualche giorno e, per arrivare da fuori confine quel panino da due euri avrebbero dovuto portarlo perlomeno in aereo.
Finito il pranzo ho letto per un po' e poi, richiamata all'ordine dal promemoria sul telefono, sono tornata sui miei passi e ho raggiunto la zona fiera.
Fine della gita e inizio del pagamento delle bollette.
Questo è tutto per quanto riguarda l'andata, del ritorno ne parliamo nel prossimo post.
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