"Ciao, mi chiamo Mauro e conosco Rico (e lui conosce me). Ma non ti scrivo per via di Rico, ma per via del tuo blog. (...). Volevo farti una piccola intervista per il mio sito di scrittura (www.maurocorso.it) e parlare del tuo blog. E' molto semplice, ti mando un po' di domande con l'introduzione che voglio mettere e tu devi solo scrivere le risposte. Che ne pensi, sepoffa'? A presto,
Mauro"
Nel dubbio lo rileggo, magari non ho afferrato bene. Oh, a me par di capire che mi vuol fare un'intervista.
A me. Un'intervista. Rileggo. Ah dì, parrebbe così. Non avrà sbagliato persona? Però il riferimento al blog è troppo preciso. Provo lo stesso livello d'incredulità di quella volta che mi arrivò per mail la lettera della signora Mary Joseph, benedetta nel Signore.
A me. Un'intervista. Rileggo. Ah dì, parrebbe così. Non avrà sbagliato persona? Però il riferimento al blog è troppo preciso. Provo lo stesso livello d'incredulità di quella volta che mi arrivò per mail la lettera della signora Mary Joseph, benedetta nel Signore.
Chiamo Rico, gli leggo il messaggio e alla fine concordiamo che non v'è dubbio alcuno: mi vuol proprio fare un'intervista.
Intendiamoci, non è che non mi sia mai capitato di fare interviste, però in quei casi a nessuno fregava una cippa di quello che pensavo io, erano più che altro interessati al pensiero del guru/esperto/cervellone straniero che stavo traducendo.
Un colpo di scena che certi sceneggiatori si sfregherebbero le mani.
Ovviamente rispondo subito subissandolo di ringraziamenti anche solo per il fatto che sia stato sfiorato dal pensiero di farmi un'intervista. Il giorno dopo mi arrivano le domande ma purtroppo quel fine settimana mi tocca un lavoro last minute a Firenze e tra l'incubo logistico e la fretta, non avrei il tempo di pensare. Decido di posticipare la cosa al lunedì (torno sabato notte e la domenica chissà in che stato sarò).
Ovviamente non sono mancati i momenti difficili (uno su tutti il trauma delle medie che riaffiora con prepotenza a distanza di decenni, cavolo se ero fiera di quella favola) ma ripensandoci adesso è stata davvero una gran soddisfazione; secondo me dovrebbero lanciare sul mercato un servizio di sostegno all'autostima che nei momenti di sconforto ti contatta per chiederti un'intervista, così risollevi l'umore senza affossare le finanze in ore di shopping, che poi torni distrutto e col portafogli esaurito.
Tomò, Mastercard.
Tomò, Mastercard.
e l'intervista?
RispondiEliminanon la trovo :(
perché sono tonta e...non l'ho messa!!!! Provvedo subito :)
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