lunedì 28 aprile 2014

I ragazzini ai fornelli, quei sadici

L'unica vera incognita della serata era il parcheggio, tutto il resto era noto: dove (teatro Duse a Bologna), con chi (mia sorella), cosa (concerto di Sergio Caputo per il trentennale di Un sabato italiano).

La Checca è arrivata puntualissima all'appuntamento e prudentemente dotata di navigatore (Bologna è matrigna con l'automobilista di provincia); una volta guadagnato il centro città, ci sono voluti parecchi giri a vuoto ma alla fine anche noi abbiamo rimediato un parcheggio e, tutto considerato, neanche tanto distante. Mentre camminavamo verso il teatro, ricordo di aver pensato che fortuna che ci fosse mia sorella con me; in famiglia siamo abituati a muoverci e due passi non ci spaventano mentre in passato ho dovuto affrontare vere e proprie sollevazioni di popolo solo per aver tentato di parcheggiare la macchina a 500 m dal locale scelto per la serata.
Dato che la cosa più memorabile della serata è avvenuta ben prima di raggiungere il teatro, mi limiterò a dire che il concerto è stato interessante (le canzoni del disco erano state rivisitate in chiave jazz) e a tratti molto divertente anche se, secondo me, un/una corista avrebbe reso più brillante la parte vocale.
Torniamo quindi a quei trenta minuti prima dell'inizio del concerto; avendo ancora un po' di tempo e parecchia fame abbiamo deciso di fermarci a mangiare qualcosa e proprio sulla strada, dopo millemila negozi di abbigliamento, abbiamo trovato una pizzeria da asporto con un paio di tavolini e una signora molto gentile. Sembrava fatta e invece, proprio al momento di ordinare la pizza, la mia mente (nello specifico la mia bocca) è stata momentaneamente posseduta una presenza aliena (o dal demogno, fate voi); questa è l'unica spiegazione che che potrebbe giustificare ai miei occhi il fatto di aver ordinato di mia spontanea volontà una pizza con la mozzarella.
Da quando ho memoria, io la pizza della pizzeria la mangio senza mozzarella, non perché sia intollerante ai
Orrore!
latticini o vegana ma per un motivo molto più semplice: la mozzarella che fila mi fa schifissimo (lo so, ho sette anni) e a mio avviso ammoscia tutta la pizza; quando vedo quella roba gommosa sul piatto il mio stomaco fa i bagagli e appende all'uscio il cartello "Chiuso per protesta".
Le cose vanno un po' meglio con la pizza fatta in casa che cuoce per più tempo e asciuga il blob, in quel caso non c'è problema, ma in pizzeria non è proprio cosa...
Quando la signora mi ha allungato il piatto e mi sono resa conto dell'errore/orrore sono rimasta impietrita per qualche secondo senza sapere bene come reagire, fissavo il piatto che affogava in un mare di mozzarella e sapevo di dovermi rassegnare, di tempo per farmi fare un'altra pizza non ce n'era, toccava proprio mangiare quella. Alla fine ho preso le posate e mi sono fatta coraggio.
Nel corso della mia infanzia, quando situazioni del genere si presentavano (e si presentavano, a quei tempi le variazioni non erano di moda e in Italia la pizza senza mozzarella era inconcepibile) il mio modus operandi era sempre lo stesso: togliere il ripieno, rimuovere la massa gommosa, riposizionare il ripieno, mangiare; chiaro che a quel punto ormai la pizza era fredda e priva di pomodoro ma perlomeno si mangiava.
Con il sopraggiungere dell'età adulta sono un po' migliorata, soprattutto grazie alla dura scorza che il mio stomaco si è procurato nel corso di 15 anni di scoutismo in cui, per 15 giorni l'anno, mi ritrovavo a mangiare le sbobbe più abominevoli del creato (i ragazzini ai fornelli, quei sadici), quindi adesso quando capita (vedi la sera in questione) soffro in silenzio e mangio; non sarà un gran lusso ma - rifletto - è sempre meglio di quella volta che ci avevano sputato nel risotto. Cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno.

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