martedì 3 maggio 2011

Pomeriggio al campo dei Mutoidi

Quest’anno per il primo maggio le cose si sono organizzate quasi da sole: sapendo che il Farnedi avrebbe suonato alla festa organizzata dall’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) presso il campo dei Mutoidi[1] di Santarcangelo di Romagna, ci siamo incuriositi e siamo andati a dare un’occhiata.
Alla faccia delle previsioni meteo che davano tuoni e fulmini, domenica il tempo è stato bellissimo: sole, venticello e spompecci dei pioppi ovunque. Non mi sono neppure messa gli anfibi-Armageddon che avevo prudentemente preparato la sera prima.

Alla partenza il gruppo era formato da me, la Clodia, la Ste e Fabio. Siamo partiti con due macchine e questo ha complicato un po’ le cose; nella prima macchina c’eravamo io e la Ste che, teoricamente, sapevamo la strada (dico teoricamente perché la sottoscritta, a cui era stata spiegata, ha dato in beneficienza il senso dell’orientamento tanto tempo fa). Alla nostra prima svista, i due nella macchina di dietro (Clodia e Fabio) hanno fatto i grossi e ci sono passati davanti, decisi a seguire il navigatore di Fabio che indicava inspiegabilmente la marecchiese. Ovviamente dopo circa un minuto anche loro hanno cannato un’uscita (non che io la sapessi ma c’era un micro cartello con su scritto I° MAGGIO) mentre noi dietro ce la ridevamo sotto i baffi (inutile negarlo, i baffi nel mio caso c’erano). Arrivati miracolosamente a destinazione e sistemate le macchine alla benemeglio (o spera-in-dio), ci siamo incamminati verso il campo.

Il primo impatto è stato sorprendente: il campo era pieno di gente che gironzolava tra un numero imprecisato di sculture fatte di rottami, pezzi di metallo, plastica e chi più ne ha più ne metta. Alcune delle sculture sono impressionanti, alte vari metri, umanoidi, aliene o a forma di insetti o animali futuristici. Passeggiando per il campo abbiamo visto anche molte abitazioni ricavate da container, roulotte ecc, circondate dal loro bel praticello con vasi di fiori, rose rampicanti e pure una meravigliosa doccia all’aperto tutta circondata di gelsomino. C’era addirittura una casa completamente ricoperta da un rampicante di cui non mi ero assolutamente accorta, me l’hanno dovuta indicare, sembrava una collinetta.
Verso le 18.30, dato che lo stomaco si faceva sentire, ci siamo avvicinati al banco-cucina che si è rivelato decisamente ben fornito: io e la Ste abbiamo puntato su un ottimo couscous di verdure; la Clo ha preso i fagioli neri mentre Rico che ci ha raggiunto dopo poco con Mauro, ha optato per il panino con cavolo e aringa. Un menu decisamente inaspettato.
Fin qui tutto bene, sole, cuore, amore; l’amara sorpresa è arrivata al momento del dessert. Ci siamo avvicinate piene di festosa esultanza al banchetto dove un simpatico giovine stava preparando un vigoroso pane e nutella ma ci siamo sentiti rispondere che quella prelibatezza, seppur gratis, era…SOLO PER I BAMBINI.
Orbene, mi si permetta qualche considerazione (prego, immaginare una cattedra, vi sto salendo). Lungi da me l’idea di privare i teneri virgulti della loro dose quotidiana di droga però lasciatemi dire che si è trattato di una vergognosa discriminazione nei nostri confronti (e poi non mi hanno neanche chiesto i documenti, come se fosse pacifico che sono maggiorenne, ma loro come lo sanno? Potrei essere una quindicenne un po’ sciupata, no?) E poi, santa pazienza: quando sei piccolo quello non lo puoi fare che ti fai male, quello no che poi ti sporchi. Va bene. Quando sei vecchio quello no che ti strapazzi, quello invece è pericoloso, ma dove vuoi andare alla tua età. Va bene. MA ALMENO NEL MEZZO NON SGARDELLATECI GLI ZEBEDEI!!!!!!!

Lì per lì ci è caduta la mascella e ci siamo ritirate in buon ordine ma non poteva finire lì, no? Sono tornata alla carica più o meno così:
“Non è che potrei comprare uno di quei panini con l’aringa ma invece voi mi date un panino con la nutella?”
Risposta: picche.
Però almeno si sono impietositi e ci hanno detto che dopo le otto (orario dopo il quale pare che i piccini smettano di bramare pane e nutella) la leccornia sarebbe stata distribuita a tutti. Peccato che il concerto del Farnedi fosse slittato dalle 7 alle 8 con una precisione fantozziana.
Il commento della Ste alla notizia: “Oh, alle 8 siamo lì davanti, concerto o non concerto”
Invece poi la realtà ci ha distratto. Il prato dove si tenevano i concerti era un po’ umidino, quindi di sedersi per terra non se ne parlava, alla nostra età. La Clo è sparita per un attimo ed è ricomparsa in compagnia di un simpatico pallet che ha risolto brillantemente la soluzione. Ci siamo sistemati come in una macchina: davanti la Clodia e Ale Monogawa (arrivato nel frattempo), dietro io e la Ste.
Il concerto è iniziato in sordina, crescendo poco a poco. Noi di dietro si era continuamente distratte dai due soggetti davanti, entrati nel tunnel delle foto. Per circa quindici minuti hanno fotografato tutto il fotografabile: scarpe, polli, pantaloni (a un certo punto Ale fotografava la Clodia che fotografava la qualunque), fino a quando non ho cortesemente chiesto loro di moderarsi, facendo non troppo velate allusioni a una badila. E questa mia gentile richiesta è stata subito accolta, a riprova del fatto che le buone maniere portano lontano.
Il concerto è iniziato all’imbrunire e, non essendoci luci accese, dopo un po’ si vedevano solo le sagome di Rico e Mauro, almeno fino a quando una terza sagoma non ha fatto la sua comparsa alle loro spalle mettendosi a ballare. Onestamente non era Tony Manero ma ci siamo divertiti. Quando finalmente hanno acceso le luci tutto è tornato alla normalità, peccato che poi nel giro di dieci minuti sia saltata la corrente.
Di fronte alle evidenti macchinazioni dell’avverso destino io avrei sospirato, appoggiato lo strumento da qualche parte e sarei andata ad affogare la depressione in una cocacola, invece i due artists sono saltati giù dal palco e hanno improvvisato una canzone in versione acustica (Mauro suonava una padella, molto in stile Mutoide). La canzone era “Via dei matti” e ha scatenato un coro collettivo tipo gita delle medie (a quel punto avevo veramente quindici anni, col senno di poi sarei dovuta correre a reclamare la mia fetta di pane e nutella). Verso la fine della canzone è tornata la corrente e il concerto è proseguito tra gli applausi del pubblico. Le canzoni successive sono state ulteriormente arricchite dal contributo di alcuni ballerini che hanno dato libero sfogo alla loro passione per i balli latinoamericani, senza minimamente curarsi di quello che veniva suonato. L’ultima volta che ho avuto il coraggio di guardarli erano avvinghiati in tre in una specie di trenino su cui ho preferito non farmi troppe domande. C’è da dire però che era ormai sera e la birra scorreva a fiumi da parecchio. E infatti il concerto ha sparato le sue ultime cartucce con Quanto piangere, un valzer che ha richiamato sulla pista da ballo alcuni ballerini un po’ particolari (oltre agli aficionados del latino, ovviamente), concludendosi tra gli applausi e le richieste di bis.
Finita la performance siamo tornati verso la zona-cucina e abbiamo finalmente ottenuto la nostra fetta di pane e nutella (non ci eravamo mica dimenticati!) che abbiamo consumato seduti sulle panche di legno, chiacchierando e facendoci foto ricordo, alcune di fianco a un tizio completamente sbronzo che dormiva in piedi appoggiato alla carcassa di un aereo.

Proprio quando stavo iniziando a pentirmi di aver lasciato la giacca in macchina, visto il freddino in aumento, qualcosa si è mosso in fondo al campo e dall’oscurità sono improvvisamente comparsi un uomo e una donna in versione post apocalittica, dotati ciascuno di un lanciafiamme. Dopo varie coreografie, hanno appiccato fuoco a un’enorme catasta di legna e, illuminata dai bagliori delle fiamme, ha fatto il suo ingresso nell’arena una creatura meccanica, un trattore-mostro che muoveva le sue zampe anteriori da belva avanzando minacciosamente e ogni tanto girando la testa ti fissava con quei suoi occhi di ghiaccio, soffiando fiamme dalle narici. Giuro che alla luce delle fiamme sembrava vivo (e a me la nutella non me la danno da un sacco di anni).
È stata sicuramente la cosa più impressionante di tutta la giornata e ha dato una pennellata di magia a questo primo maggio già di per sè molto fatato.





[1] Per chi non conosce la comunità dei Mutoidi, date un’occhiata qua: http://www.iatsantarcangelo.com/content.asp?id_txt=mutoid