venerdì 27 febbraio 2015

Tenere botta e Auguri Alberta!

Immaginate un fredda notte di dicembre, un manipolo di coraggiosi volontari si riunisce in un bar del centro di Cesena. Intorno al tavolo abbiamo: la sottoscritta, Farnedi, Ale Monogawa di Monogawa Entertainment e quasi tutto il direttivo dell'associazione MicaPoco (l'Albertini, la Rinaldi e la Piraccini).
Lo scopo della riunione, segretissimo al momento, è pianificare l'organizzazione del concerto-anteprima del nuovo disco di Farnedi, Auguri Alberta, che uscirà ufficialmente il 13 aprile.
Il giorno scelto per l'evento è il 28 febbraio, compleanno di Farnedi.
Tutti i presenti danno la loro disponibilità e inizia la suddivisione dei compiti: chi contatta i locali, chi lavora sulla locandina, chi ingaggia i musicisti, insomma, la volonterosa macchina si mette in moto.
Un mese dopo, quando tutto sembra ormai deciso e stabilito e ci si comincia a rilassare, ecco l'avverso destino colpire impietoso: proprio nel fine settimana in cui si è previsto di ultimare la grafica per locandine e manifesti da mandare in stampa, Farnedi riceve una telefonata dai gestori del teatro Verdi di Cesena, luogo scelto da settimane per l'evento.
La telefonata gli comunica brevemente che i citati gestori hanno cambiato idea e, in barba a qualsiasi accordo preso in precedenza, hanno deciso di usare il locale per un altro evento. Grazie e arrivederci.
Inutile dire che i colpi e le maledizioni volano come rondini a primavera; manca un mese e mezzo alla data del concerto, trovare un locale disponibile con così poco preavviso sarà un'impresa.
Ed è proprio quando il gioco si fa duro che l'avverso destino fa la sua pausa sigaretta e gli eroi ne approfittano: a malincuore si comincia a cercare nei locali fuori Cesena e Ale Monogawa contatta i gestori della Vecchia Stazione di Forlì i quali, fortunatamente, accettano di ospitare il concerto. Bingo!
Inizia una nuova corsa contro il tempo, tutta la grafica da modificare, sopralluoghi da fare e
soprattutto, adesso che il luogo c'è, parte la massiccia campagna su Facebook con una pagina dedicata: Auguri Alberta - l'anteprima.

Bene, mancano ormai poche ore al concerto e, guardando indietro a tutto quello che abbiamo fatto, ne sono molto fiera, abbiamo fatto e dato tutto quello che potevamo.
Adesso non ci resta che aspettare sabato sera e vedere di nascosto l'effetto che fa.

Auguri Alberta!




domenica 22 febbraio 2015

Per il momento mi accontento di una torta

Oggi vorrei parlare di un fenomeno che da tempo mi causa una certa acidità di stomaco; trattasi di una anomalia presente in una marea di spot pubblicitari ma, per questioni di spazio,  userò come esempio le pubblicità delle torte da fare in casa, quelle col bustone di preparato a cui poi devi aggiungere gli ingredienti freschi.

Prima di iniziare però, qualcuno mi può spiegare che senso ha pagare dei soldi per avere questo benedetto bustone quando in cinque minuti puoi pesare gli stessi ingredienti standotene comodamente a casa tua?
Perché non è che dentro a questi sacchetti ci sia del plutonio, al massimo ci saranno farina, zucchero, lievito, insomma tutta roba che uno in casa ce l'ha, niente di irreperibile...

Non essendo però questo il tema del post, mi tocca accantonare questa mia pur pressante questione, per concentrarmi sul quella che più mi tormenta.
Innanzitutto, permettetemi di precisare che non ho niente contro Cameo & Co, (c'è un sacco di roba che può sembrarmi insensata ma difenderò il vostro diritto di acquistarla, tipo le patatine lime e pepe rosa) però (e qui mi rivolgo ai signori della pubblicità), non vi sembra ora di fare basta con queste scene da famiglia di plastica dove in casa cucina solo la mamma e il papà ha come unico compito quello di tornare dal lavoro e sorridere di fronte ai miracoli culinari della consorte? Non sarà il caso di entrare nel nuovo millennio anche con la réclame?
Si fa sempre più strada il dubbio che i nostri amici pubblicitari non vivano nel mondo reale, ma abitino direttamente dentro al Mulino Bianco con Antonio Banderas e i suoi biscotti.
Che poi, a dirla tutta, anche in questo campo qualcosa si muove, basta pensare alle recenti pubblicità con le coppie gay; però, chissà perché il solo pensiero di un uomo che fa una torta getta gli imperatori della pubblicità nel panico.
Di questo passo avremo un'intera generazione di uomini convinta che fare una torta sia impresa realizzabile solo da chi è portatrice di cromosomi XX e che qualunque maschio osi trasgredire detta regola sarà severamente punito mediante mutazione genetica verso i suddetti cromosomi.
Mi sento quindi di lanciare un accorato appello alla comunità dei reclamieri affinché cessino questi spot da famiglia Bradford e, al contempo, vorrei portare la mia personale testimonianza al riguardo: tra parenti e amici, conosco diversi uomini che sono perfettamente in grado di fare una torta con le loro maschie mani, e non parlo di quelli che si atteggiano a Masterchef e quando hanno finito di creare il loro capolavoro culinario lasciano dietro di sé una cucina che sembra il set di Apocalipse Now, parlo di uomini che cucinano abitualmente, alla fine puliscono e ai quali, sorprendentemente, non spuntano seno e vagina.

Non pretendo di avere un sogno, per il momento mi accontento di una torta (non un bustone, grazie). 

venerdì 13 febbraio 2015

Basta un Celatonico e ti svolta la serata

Sabato 31 gennaio in programma c'era una serata al Magazzino Parallelo di Cesena, un circolo gestito da volontari a cui dobbiamo molte serate memorabili.
La serata in questione prevedeva una pesca di autofinanziamento (Pésca la Pèsca) allestita in una delle sue salette, pesca a cui Farnedi contribuiva personalmente con un paio di suoi CD e un vinile.
L'arrivo ha seguito più o meno il copione di sempre: ragazzo all'entrata che ci chiede di vedere la tessera Arci (l'ingresso è consentito solo ai soci) e conseguente ricerca spasmodica tra le millemila tessere della sottoscritta; non so come sia ma il mio portafogli, di dimensioni decisamente standard, quando cerco qualcosa diventa peggio di una scatola da prestigiatore, aperture segrete, pieghe insospettabili, mai una volta che quello che cerco sia lì davanti, bello visibile.
Più di una volta mi è sorto il dubbio che sia opera di quel sadico di Farnedi il quale, sapendo dove andrò la sera, mi cambia di posto le tessere prima di uscire ma purtroppo non ho prove che lo inchiodino al misfatto, mi tocca ripiegare sulla teoria del destino crudele.
L'idea di essere semplicemente invornita non è neppure contemplabile.
Una volta esibita la tessera e indi penetrata la parallela fortezza, il mio cervello è entrato subito in modalità lotteria/pesca/ tombola.
Ammetto che si tratta di un fenomeno piuttosto strano: io che non compro mai neppure un misero gratta e vinci, non gioco al lotto e non ho mai tenuto in mano un biglietto della Lotteria Italia, quando mi trovo di fronte alle tombole/pesche/lotterie organizzate alla buona (vedi festa della parrocchia, del quartiere ecc) torno ad avere sette anni e mi godo il brivido dello sfilare il biglietto dal maccherone che lo imprigiona e scoprire se e cosa ho vinto. Ovviamente a volte vinco roba inguardabile, che meriterebbe di essere inserita in uno dei miei post sui regali di Natale (vedi  A caval donato...) ma spesso e volentieri lassù qualcuno mi assiste (o mi odia, secondo i punti di vista), come la famosa volta in cui, ancora teenager, vinsi un prosciutto alla festa della parrocchia.
Ovviamente la vincita scatenò un'ondata di celebrazioni, gioia e gaudio a profusione, poi però la realtà s'impose in tutta la sua prosaica drammaticità: se hai un prosciutto ma NON hai l'affettatrice e tuo padre non conosce il significato della parola sottile, sei destinata a mesi di fiorentine di prosciutto propinate in tutte le salse.
Abbiamo mangiato prosciutto per tanto tempo che alla fine era diventato uno della famiglia, gli avevamo pure dato un nome: Rob.
"Cosa mangiamo oggi?"
" Se vi va facciamo pasta panna e Rob, oppure Rob e melone"

In questo caso non c'erano prosciutti quindi ero abbastanza tranquilla, ho lasciato il mio obolo
ricevendone in cambio vari biglietti, tra cui quello che ha vinto uno dei premi più ambiti, il comfort package, uno scatolone contenente un salame, del formaggio, una tavoletta di cioccolato fondente e del caffè. Come premi collaterali ho vinto un CD del gruppo Io e la tigre e un libro a scelta nel mucchio dei libri brutti (testuali parole della Roberta).
Se a tutto ciò aggiungiamo che abbiamo festeggiato con abbondanti dosi del Celatonico, mirabolante cocktail afrodisiaco e medicamentoso (specialità della casa), e che  Farnedi si è aggiudicato l'ambitissima felpa del Magazzino, posso dire senza tema di smentite che siamo tornati a casa più soddisfatti degli Unni dopo un saccheggio. E con meno lividi.
Tutto sommato, un successo su tutta la linea.

giovedì 5 febbraio 2015

Pocahontas e Kit Carson uniti contro la crisi

Sulla crisi economica che affligge da un bel pezzo il Paese sono stati fatti studi e analisi di ogni genere, principalmente al fine di capire quanto ancora ce la dovremo sorbire; nonostante l'enorme valore scientifico di questi sforzi, io ho deciso di indagare a modo mio e ho rivolto l'attenzione altrove, nello specifico, sul numero di Grazia del 21 gennaio scorso.
In copertina la rivista ci promette ben 250 look per la primavera estate e quindi tu inizia a sfogliarla sperando che ti dica cosa diavolo andrà di moda in questa stagione: le borse a forma di pasticcino? Le scarpe fatte coi copertoni dei Tir? Chi meglio di Grazia può guidarci nell'intricato universo fèscion?
A pag. 82 troviamo, come promesso, le scelte di Grazia per la moda primavera-estate. Datemi dell'inguaribile ottimista ma non posso evitare di partire con una certa fiducia, tra questi benedetti 250 look vuoi che non ce ne sia qualcuno anche per noi esseri umani normali?

La pag 84 parte con garbo rivelandoti che in questa stagione vanno le RIGHE e puoi già sentire la fiducia crescere, le righe di per se non sono niente di terrificante, se escludiamo il fatto che in redazione paiono prediligere le righe orizzontali, possibilmente larghe, un tipo di fantasia che farebbe sembrare boteriana anche Olivia di Braccio di Ferro.
La pag. 86 è la solita zuppa riscaldata di nero, pelle, spille, fibbie e compagnia bella, forse un look un po' troppo dominatrix ma anche qui nessuna sorpresa.
Sorpresa che arriva invece a pag. 88 con i tailleur pantalone monocolore che saranno tanto utili quando si va a lavorare ma fanno sempre un po' l'effetto di un manichino in vetrina.
A questo punto io sarei già a posto per la mia primaveraestate: ho le righe (sottili), il nero (no fibbie, no dominatrix) e i tailleur (quelli proprio solo no), però in cuor mio so che non può essere tutto così rapido e indolore e quindi rassegnata giro pagina.
Qui la vita si fa dura, a pag. 90 scopriamo che va il look squaw (frange ovunque, un po' Kit Carson e un po' Pocahontas); mentre tentiamo disperatamente di digerire l'agghiacciante scoperta che il baule western non l'hanno sigillato a suo tempo e buttato a mare, la pag 91 ci abbatte con una potente mazzata: il 700, ispirazione Maria Antonietta, moda per dame contemporanee.
Confesso che arrivata a questo punto ho un po' paura ma ormai ho fatto 30, facciamo
31, quindi incurante del fatto che se ci fanno sopra dei film horror un motivo ci sarà, giro la pagina e quello che viene dopo me lo merito tutto:
Pag 92 - Gli abiti sembrano giardini (se è così qualcuno ha sbagliato qualcosa)
Pag. 94 - La palestra detta ancora lo stile (c'è una modella inzampata in un robo che la fa sembrare un sacco, non oso immaginare l'effetto su una donna umana)
Pag. 96 - I pois (lo stile Alkaseltzer incombe)
Pag. 97 - L'effetto nudo (a una certa età gli spifferi sono da evitare)
Pag. 98 - Patchwork (serve aggiungere altro?)
Pag. 99 - Anni 70
Pag. 100 - Solo Bianco
Pag. 102 - Stampe psichedeliche
Pag. 103 - Piume
Pag 104 - L'immancabile Denim
E, ciliegina sulla torta,
Pag. 106 - Verde
Pag 107 - Latina (la donna, non la città)

Mi pare evidente che, di fronte a un calo significativo delle vendite (e torniamo alla crisi), i capoccia del settore abbiano deciso che questa volta va di moda la qualunque così, vuoi che non ci prendano almeno una volta?
Fosse stato per me avrei concluso questo reportage dalle sfilate sottolineando che lo stile mix & match (leggi mettiti quello che ti pare, come ti pare, con cosa ti pare) non passa mai di moda.
E se non comprano così...