venerdì 29 luglio 2016

Vacanze fritte al di là della Manica - 2


Faccio un passo indietro rispetto al post precedente per aggiungere un dettaglio che ha la sua importanza.
Quella famigerata prima sera al campus, una volta sbattuti i boccia ognuno nella sua camera, ho varcato finalmente la soglia della mia stanza, decisa a svenire sul letto tutta vestita com'ero.
Sarebbe stato bello riuscirci, però in camera si sentiva una gran puzza di piedi, evidentemente non miei, quindi per prima cosa sono corsa a spalancare la finestra, solo per scoprire che si apriva al massimo di tre dita perché, essendo al pianoterra, per motivi di sicurezza avevano messo all'esterno una barra di ferro che permetteva di aprire solo uno spiraglio.
Come diavolo faranno a sopravvivere quei poveri studenti che qui ci devono passare anni?
Come i migliori cani da caccia ho iniziato ad annusare metodicamente tutto,  cercando la fonte del podoaroma e alla fine mi è toccato concludere che veniva dalla moquette, quindi il problema era irrisolvibile; sopra alla prima finestra sbarrata c'era una seconda finestrella lunga e stretta col vetro che si apriva in fuori, la poveretta ci provava a fare entrare un po'd'aria ma era chiaramente una goccia nel mare.

A questo punto, a parte il piedoso benvenuto che mi aspettava ogniqualvolta varcavo la soglia, mi preoccupava la possibilità che prima o poi il citato olezzo si trasferisse dalla moquette alla mia persona, cosa che si sarebbe riflettuta negativamente sulle mie relazioni sociali al campus.
Come reagisce il corpo umano quando viene messo in marinata per ore (5-6 per notte) nella puzza di piedi? 
Confesso che all'inizio questo pensiero mi turbava ma, grazie a vigorose e frequenti insaponate in doccia, siamo riusciti a tenere a bada il nemico.
Quindi, faremo inevitabilmente la nostra figura di italiani casinisti e ritardatari ma, puzzoni, quello almeno no.

domenica 24 luglio 2016

Vacanze fritte al di là della Manica - 1

Sto ancora combattendo il jet-lag di New York ma è arrivato il giorno della partenza e devo dire che il viaggio inizia alla grande: sono le 10.15, l'appuntamento con boccia e famiglie è per le 12.20 in aeroporto ma un genitore mi ha appena chiamato dicendo che sta parcheggiando e chiedendo se sono già là. Tsunami di ansia in zona Linate.
Sull'aereo ci servono il pranzo nonostante siano quasi le 15; apro la mia scatolina ma qualcosa non quadra, l'insalata di cous cous non dovrebbe essere gialla? O almeno beige? I tre poveri granelli di cous cous che riesco a individuare sembrano capitati lì per sbaglio, affogati come sono da legumi verdi di ogni genere, fave piselli, persino semi di zucca, ce ne fosse uno che sa di qualcosa, oltretutto a una prima annusata odorano di benzina. 
Aggiungo che la forchetta da assemblare era dentro una bustina di plastica che genialmente avevano inserito dentro il contenitore del cous cous, quindi per utilizzarla dovevi prima ungerti tutte le mani tentando di aprire la dannata bustina. Tutto considerato, British airways: malino più.
Una volta atterrati a Heathrow saliamo sul pullman e ci dicono che ci vorranno 2,5 ore per raggiungere il college, mentre ancora sto bofonchiando che c'è voluto meno a volare dall'Italia l'autista ci informa che c'è stato un incidente con ben due tir, quindi le ore diventano rapidamente 3,5. Per completare il quadro, fuori ci sono 32 gradi e l'aria condizionata è rotta, voglio morire, subito sarebbe meglio.
Arriviamo finalmente al college e sono già  le 20.30; l'autista ci informa che non sa esattamente dove portarci (mi guarda come se si aspettasse di saperlo da me ma, dico io, chi dei due è l'autista? Mentre noi telefoniamo alla manager per sapere dove andare, il nostro baldo nocchiero prende l'iniziativa e si infila brillantemente su per una stradina stretta e contromano, il genio. Per completare il capolavoro, lo splendido rimane incastrato; segue una mezz'ora di manovre e madonne ma il mezzo non collabora, testardamente convinto di essere un pullman e non una Cinquecento come lo vorrebbe l'autista.
Sembra una nuova versione di Austin Powers col macchinino del golf.
Se dio vuole, alla fine ce la fa e abbandoniamo il mezzo, peccato che poi ci tocchi scarpinare con le valigie su e giù per il campus alla ricerca dei nostri alloggi. Rido sadicamente pensando a quelle che hanno una valigia che pesa 22 chili, alla loro faccia quando scopriranno che non c'è l'ascensore. Sono cattiva, lo so.
Per concludere in bellezza la giornata, dato che sono le 21 e non abbiamo cenato, ci danno uno dei loro pasti impacchettati che mi scuso di non aver fotografato, la prostrazione ha avuto la meglio; dentro c'era uno di quei panini lunghi di pane molle con una fetta tristissima di formaggio, un cubotto di succo d'arancio all'aroma di polivitaminico, la solita barretta di cereali e...le patatine gusto formaggio e cipolla.
Quello è stato il colpo di grazia, ho buttato smadonnando panino e cubotto nel bidone e mi sono infilata sotto il piumone, giornate così meritano solo di morire.

martedì 19 luglio 2016

Boccia nella Grande Mela - The End

Sono sul punto di partire per la mia seconda "vacanza" con i boccia, stavolta in Inghilterra, quindi mi tocca chiudere il capitolo USA.
Qui sotto trovate alcuni commenti e impressioni liberamente accumulate durante il soggiorno.

"Dopo una settimana di soggiorno la cosa più buona della mensa sono state le polpette dell'Ikea, sul menù c'era scritto polpette svedesi ma erano proprio quelle surgelate Ikea.
Indimenticabile  il petto di pollo alla griglia, stoppaccioso e insapore fin dal primo giorno, forse perché è ancora quello del primo giorno, la versione USA della Luisona.
Immancabili hamburger e wurstel, nonché wafer alternati a pancake o french toast per colazione. L'indurimento delle arterie vien mangiando.
Se osservi i passanti sembra sempre che corrano da qualche parte, come la tartaruga della canzone.
La carta igienica del Hard Rock Cafe è 10 piani di morbidezza quindi gli americani sanno che una carta igienica decente esiste ma con quelle braccine corte non riescono a comprarla.
In aereo con swissair stiamo preparando l'atterraggio e si vede uno dei loro cioccolatini a forma di palla da calcio (triste ricordo degli europei) che rotola lungo il corridoio.
Filadelfia, andiamo al museo della costituzione, a vedere la campana della libertà, nonché il luogo dove una donna di cui non ricordo il nome ha cucito le 13 stelle sulla prima bandiera americana, mancava solo quello che visitassimo la piantagione dove hanno coltivato il cotone usato per tessere la bandiera e poi eravamo a posto.
No shopping, unico tempo libero nel negozio del museo, ci sono la cravatta dei presidenti, i busti dei presidenti, la bambola della donnina che cuce la bandiera, tutti regali perfetti per la Tombola degli Orrori di Natale, la faranno anche qui?
C'è pure una macchina che dispensa zucchero colorato da ciucciare, il dubbio che venda droga sotto copertura c'è ma poi ragiono che costa troppo poco.
La mattina del check out il livello di organizzazione raggiunge altezze da Fossa delle Marianne: dobbiamo fare il check out entro le 9 perché poi i boccia  hanno lezione ma i nostri strepitosi manager decidono che, oltre alla chiave, dobbiamo portare giù anche lenzuola, copriletto, federa, cuscino e asciugamani (manca che ci chiedano di dare una pulita al bagno).
Genialmente decidono di informarci appendendo avvisi quella stessa mattina e, com'era prevedibile, parecchi boccia non li vedono quindi alle 8.40 la metà viene giù senza biancheria da letto e viene rispedita su, all'altra metà spesso manca qualche pezzo (il cuscino e la coperta sono i più gettonati) quindi viene anch'essa rispedita su, con grande viavai di boccia tra i due piani e inevitabile ingorgo degno di New York.
Il check out è alle 9 ma il nostro aereo parte alle 20.55 quindi i cari manager si ritrovano con 60 valigie da stivare da qualche parte (non ci avevano pensato, che sorpresa) e altrettante persone ciondolanti in giro e comprensibilmente incazzate (1 bagno x 40 persone).
Riusciamo a partire nonostante ci mancasse un pullman (i nostri due gruppi partivano da due aeroporti diversi ma in ufficio non lo avevano notato, ormai non ho più neanche la forza di insultarli) e se dio vuole decolliamo.
In aeroporto a Zurigo abbiamo solo 50 minuti per prendere la coincidenza e ovviamente uno si dimentica le scarpe in aereo ed esce in ciabatte; quando Cenerentola torna calzando le scarpine ci rimettiamo in marcia ma noto che rimane un borsone per terra, quindi mi tocca fermare tutti di nuovo (a questo punto mi frega zero se lasciano lì qualcosa ma i bagagli incustoditi fanno scattare l'allarme bomba e oggi mi manca solo quello.)
Ci tocca pure un altro controllo passaporti e, mentre io sento nascere una gastrite, i boccia invece di darsi una mossa strascinano i piedi come se fossero a ciondolare in centro. Vorrei avere il pungolo da bestiame. Calma e serenità.
Qualunque viaggio tu faccia con tineger italiani sai che prima o poi ti faranno vergognare, per un motivo o un altro. Commentano tutto urlando, nonostante tu gli abbia fatto notare che non parlano ostrogoto ma italiano, quindi su un aereo che va a Milano è probabile che li capiscano in parecchi. 
L'unica soluzione che ho trovato è sedermi al mio posto è fingere di non conoscerli.
I'm sorry, no parla, no capisc. 

martedì 12 luglio 2016

Boccia nella Grande Mela - 4

Stasera gli animatori hanno organizzato una meravigliosa serata di karaoke ma ho come l'impressione che le cose non stiano andando proprio come speravano. Non sono un'animatrice esperta ma sono abbastanza sicura che per realizzare con successo il karaoke sia necessario prima di tutto l'impiantino per il karaoke. 
Qui però non c'è l'hanno. O meglio, ce l'hanno ma per motivi misteriosi non hanno pensato di portarlo.
Alla fine dopo circa un'ora lo hanno portato ma non funzionava, nessuno aveva pensato di controllarlo prima della grande serata.
Per tenere a bada l'orda di boccia, un eroe tra noi ha deciso di organizzare un gioco a squadre mentre gli animatori tentavano inutilmente di rianimare la karaoke machine.
Per rendere tutto ancora più interessante, uno dei gruppi ha deciso di chiamarsi "I cazzoni" e vi assicuro che rimanere seri mentre il presentatore grida con accento francese "And the winner is I CAZZONI!!!" non è cosa facile, anche perché la traduzione del nome si è diffusa in fretta tra il pubblico.
Alla fine hanno messo su una mezza roba con l'audio che saliva e scendeva in modo insensato, a volte coprendo la voce, altre volte lasciandola nuda e indifesa.
Ovviamente la sala da cerimonie scelta per l'evento era perfetta, illuminata a giorno con luci al neon tipo sala operatoria. Il pub con la sua illuminazione  discreta non è stato considerato.
La serata si è conclusa in grande stile con la vittoria de I CAZZONI.


venerdì 8 luglio 2016

Boccia nella Grande Mela - 3

Qualche giorno fa abbiamo preso il traghetto per andare a vedere Ellis Island e la Statua della Libertà; la prima cosa che mi ha colpito (oltre al fatto che la statua è più piccola di come la immaginavo), sono state le panche del traghetto. 
Se osservate la foto qui sotto vedrete che la distanza tra la spalliera e la seduta è enorme, c'è un buco dove dovrebbe esserci un appoggio per le terga, tanto che quando ti siedi finisci poco a poco con mezzo sedere dentro il citato buco e, a parte l'evidente fastidio che ciò comporta, non è un gran bel vedere tutti questi popò mezzi incastrati (per fortuna non c'erano tanga o natiche in "bella" vista, a dirla tutta, raramente è una bella vista).
Altro interessante fenomeno è la frenesia della gente di fare foto alla donna con la torcia; mentre il traghetto le gira intorno, la gente si sposta per avere sempre l'inquadratura migliore, a volte c'è il rischio stampede. 
Poi ci sono quelli che si fanno fotografare dall'amico paziente ma, non vedendo la statua che è dietro di loro, non possono sapere che questa ormai volge loro la schiena e l'amico ovviamente si guarda bene dall'informarli della cosa, rischierebbe di dover ricominciare il balletto tutto daccapo e, sarà anche un amico paziente ma non è scemo.
Riassumendo, anche nel caso della Statua della Libertà la mia reazione dopo la prima occhiata è stata:"sì, ok, bello scherzo, adesso tirate fuori quella vera!"


mercoledì 6 luglio 2016

Boccia nella Big Apple - Calimero's Day -


Today is Calimero's Day.
Arriviamo a New York nel pomeriggio, e saliamo subito sulla cima del Rockfeller Center da dove si gode una vista a 360 gradi su...un sacco di grattacieli; potrebbe valerne la pena se almeno da dietro un grattacielo uscisse Godzilla e iniziasse a buttare giù edifici, invece così ti guardi intorno senza capire bene cosa ci fai lì.
Poi finalmente torni a terra e scopri che i ragazzi (e quindi anche tu) hanno 3 ore libere e la lista di tutti i marchi in vendita sulla Quinta Strada (sospetto che dei negozi rimarranno giusto gli zerbini). Accantonata l'opzione sciopping (tre ore in giro per meganegozi sono la mia idea di inferno) mi compro un sacchetto di noccioline caramellate da un venditore per strada e passeggiando rilassata nel sole mi dirigo verso il MoMa; ho a disposizione tre ore, qualcosa dovrei riuscire a vedere!
Entro e ho un primo momento di turbamento allo scoprire che ci vogliono 25 sacchi per entrare, poi però mi dico che sono in vacanza e onestamente per comprare l'ennesimo paio di sandali mi farei meno problemi; 
mi metto in fila per la biglietteria (solo un paio di persone davanti) e poi, casualmente alzo gli occhi verso gli orari d'apertura: oh, questi chiudono alle 17.30 e sono già le 16.30! Avrei meno di un'ora!
Mestamente mi alzo, metto il mio guscio d'uovo in testa e mi avvio verso l'uscita masticando amaro, alla faccia della Patria dell'Imprenditorialità e del Business, aprono alle 10.30 e chiudono alle 17.30.
Branco di lavativi. 

domenica 3 luglio 2016

Boccia nella Grande Mela - 2

Alcune brevi considerazioni sulle differenze USA-Italia che ho notato finora.
Mi pare che i nostri amici d'oltreoceano abbiano le braccine parecchio corte, almeno a giudicare dalla carta igienica che qui consiste in enormi rotoloni di UN solo velo (ci vedi attraverso, giuro) quindi devi tirarne fuori mezzo chilometro per costruirti un rettangolino consistente che faccia il suo lavoro. 
Gli orari dei pasti sono insensati, ieri ci hanno portato a cena alle 17! Va bene che dobbiamo essere accomodanti ma alle 17 una si aspetta il tè coi biscotti, non la salsiccia con la cipolla e il riso alle verdure! 
Poi ovviamente alle 22 ti viene la prevedibile botta di fame e ti tocca sfamarti con quello che trovi nelle macchinette.
Sospetto che ci sia un accordo segreto con quelli delle macchinette in questione, altrimenti come si spiegano questi orari da pensionati in Florida?
C'è poi la spinosa questione dell'aria condizionata polare: tu scendi dall'aereo ormai trasformata in un bastoncino Findus (vedi Boccia nella Mela - parte 1) poi esci dall'aeroporto e per raggiungere l'autobus ci vogliono quei 5 minuti a 28 gradi per cui ti scongeli, peccato che poi il pullman sia una cella frigorifera per cui ti risurgeli fino all'arrivo al campus dove scaricare le valigie e salutare lo staff ti scalda e permette al sangue di ricominciare a circolare, almeno fino a quando non varchi la soglia dell'edificio che spazzerà via per sempre le tue illusioni: tu pensavi di sapere cosa fosse il freddo ma ora capisci che ti sbagliavi, quello che ti trovi ad affrontare è probabilmente lo stesso freddo che ha portato alla scomparsa dei dinosauri e, sospetti, presto farà lo stesso con te. 
Il colpo di grazia ti aspetta in camera: un caldo umido da foresta tropicale, se ti azzannasse un coccodrillo non ti stupiresti (e almeno, pensi, metterebbe fine alle tue sofferenze).
Ma com'è possibile che questi non si siano ancora estinti?