sabato 28 luglio 2012

Morrissey, la banda Fratelli e il sacco di Firenze

Ogni anno, suppergiù in questo periodo, si verifica un fenomeno con cadenza misteriosamente regolare: mia sorella compie gli anni.
Altrettanto regolarmente, la sottoscritta qualche mese prima parte, munita di cappello e frusta, alla ricerca del regalo che deve essere rigorosamente...come posso dire...intangibile; questo si deve principalmente al fatto che tutto ciò che è tangibile ella già lo possiede (o, se non lo possiede, le sta arrivando per corriere), quindi regalarle un oggetto diventa un'impresa a dir poco disperata. Qualche anno fa, giunta alla conclusione che ogni mio tentativo tangibile-oriented era inevitabilmente destinato al fallimento, mi sono convertita all'intangibile con estrema soddisfazione (mia e spero anche sua).
Quest'anno la ricerca era stata inizialmente deludente e irta di ostacoli, nonostante le innumerevoli ricerche sul web, pareva non esserci il barlume di un musical/concerto che non fosse a Milano, Roma o Canicattì. La soluzione è arrivata sulle ali di un colpo di scena: la diretta interessata mi ha accennato che le sarebbe piaciuto andare a Firenze a vedere Morrissey in concerto e io, rapida come la folgore ho comprato due biglietti per il concerto dell'11 luglio alla Cavea del Teatro dell'Opera.
Lasciamo da parte i dettagli logistici e concentriamoci sul giorno in questione: siamo arrivate a Firenze e abbiamo parcheggiato, incredibilmente, a neanche 500 metri dal luogo del concerto; anche dopo essere scesa dalla macchina ho continuato a guardarmi intorno per un pezzo, temendo che ci fosse un motivo se questi posti macchina gratuiti erano ancora liberi, tipo che avevano trovato una mina della Seconda Guerra Mondiale e l'avrebbero fatta brillare a breve; invece niente, mi è toccato rassegnarmi a questa botta di fortuna e portarmi, seppur con una certa titubanza, verso l'ingresso dell'arena.

Il procedimento per entrare era un po' lungo: c'era un primo punto in cui verificavano che tu avessi il voucher e solo in quel caso ti permettevano di proseguire verso l'area ritiro biglietti. Una volta entrata in possesso dell'ambito talloncino, potevi dirigerti ai piedi della scalinata che portava all'arena e lì altri quattro omoni della security ti avrebbero finalmente strappato il biglietto.
Erano circa le 19 e noi si aveva un po' fame per cui, appena ritirato il biglietto, abbiamo pensato di uscire e andare a mangiare un panino; il problema era che i biglietti non erano numerati e tardando si rischiava di andare a finire nei posti dei reietti, quelli nell'angolo in alto dietro il mixer dove, se il fonico è capellone, non vedi praticamente una mazza. Ci siamo rivolte agli omoni ai piedi della scalinata chiedendo se in cima ci fosse un bar e, ottenendo una risposta positiva, abbiamo deciso che per una volta potevamo anche tirare dalla finestra una vagonata di euri per un paio di panini  a prezzo d'oro nel bar ufficiale. Si vive una volta solo, giusto?
A quel punto ci siamo avviate lungo la scalinata che portava all'ultimo ingresso, quello definitivo. Mentirei se dicessi che l'ascesa è stata piacevole; immaginate il caldo africano di Firenze in luglio, la stanchezza e la sete di due ore di macchina e, come ciliegina sulla torta, aggiungete una scalinata di quelle lunghissime che sembrano senza fine. Per un attimo mi è tornata in mente la gita di quinta elementare quando la maestra Egle ci portò nella sua città natale, Trieste e, già che c'era, ci fece visitare quel luogo ameno che è il cimitero militare di Redipuglia. Il ricordo di quella scalinata non mi abbandonerà facilmente, mi dicono che coi traumi capita così.
Raggiunta finalmente la vetta, la prima fermata è stata il bar e immaginate lo sgomento quando ci siamo accorte che trattavasi di una roba messa su alla buona per cui scorreva birra a profusione, con un po' d'impegno potevi ottenere acqua e cocacola ma l'unico cibo solido in vendita erano le patatine. Panico! Dovevamo fare qualcosa, non si può mica andare avanti di patatine per una sera intera, o meglio, puoi anche tentare ma poi muori di sete perché col caldo che fa sudi come una fontana e se oltretutto l'unica cosa che mangi è salatissima, rischi la mummificazione.
Abbiamo rapidamente scelto i posti (centrali davanti al mixer, come da suggerimento dell'esperto), poi la Checca è rimasta a difenderli e io sono uscita a caccia.
Prima di avventurarmi giù dai mille gradini di Redipuglia, forte delle mie precedenti esperienze di maschera ai concerti, mi sono avvicinata a due del servizio security e ho chiesto se mi dovevano fare un timbro o altro per poter rientrare con le vettovaglie; la prima risposta è stata negativa, non era previsto che si uscisse, poi vedendo la disperazione nel mio sguardo sono stati mossi a compassione e uno di loro ha chiamato quelli ai piedi della scalinata dicendo di farmi passare; a quel punto, dopo essermi profusa in ringraziamenti, sono scesa celermente giù da Redipuglia. Arrivata alla base però i security boys, con un voltagabbana degno dei politici più navigati, mi hanno comunicato che non potevo uscire e, nonostante io menzionassi quanto dettomi dal loro collega sulla vetta, sono stati irremovibili.
La risalita su per Redipuglia è stata più lenta (un gradino, una maledizione) ma poco a poco ce l'ho fatta.

Arrivata all'altezza del security man, l'ho ringraziato per aver tentato, concludendo con un purtroppo non è andata. Quando l'uomo ha capito che non mi avevano fatto passare è andato su tutte le furie e ha chiamato giù dicendone di ogni, poi mi ha detto di tornare giù che era tutto sistemato.
Ora, mettetevi un po' nei miei panni: avevo appena percorso due volte Redipuglia, sotto il sole e invano, non è che avessi una gran voglia di ripetere l'esperienza; d'altra parte non avevo neanche una gran voglia di dire al gentilissimo omaccione della security che, dopo tutto quel can can che aveva fatto per me, avevo cambiato idea e preferivo suicidarmi nutrendomi di sole patatine. Insomma, alla fine terza discesa di Redipuglia, sempre sotto il sole e sempre con il dubbio che poi giù non mi facessero uscire. Dabbasso mi hanno guardato un po' male ma mi hanno fatto passare e mi sono avviata verso l'ultimo lontanissimo cancello; francamente ero in uno stato di prostrazione tale che se mi avessero fermato mi sarei messa a piangere lì davanti senza problemi pur di commuoverli e arrivare all'agognato bar.
Una volta raggiunto il famoso agognato bar, sul bancone era praticamente finito tutto, evidentemente l'affamato pubblico del concerto era anche astutissimo e si era fermato prima di entrare, a differenza di certe pipiloche di mia conoscenza. Scartando le piadine di gomma con salumi vari (preferisco vivere), ho scovato due focacce con prosciutto e un paio di croissant vuoti e pure una frolla con crema e frutta che sapevo la sorella avrebbe apprezzato e sono tornata all'ingresso in un batter d'occhio, riuscendo a rientrare senza problemi, se si eccettua la TERZA risalita di Redipuglia che qualche anno di vita me l'ha tolto.
Quando ho raggiunto la vetta, confesso di essermi sentita un po' Messner.
A quel punto, seduta al mio posto con un panino in mano e una bottiglia d'acqua nell'altra, mi sono rilassata e ho iniziato a guardarmi intorno. Non mi dilungo sul luogo, la Cavea, bello, molto bello ma le luci della mia ribalta erano tutte puntate sul pubblico, che riuniva tutto lo spettro di umanità visibile, o quasi. Capigliature in gara con la forza di gravità, oppure domatissime, stile signorina Rottenmeier, magliette stropicciate o vestiti vintage e, inevitabilmente, tatuaggi ovunque.
Assiepati davanti al palco, tutti pressati contro le transenne c'erano i fan, quelli che mica sian qui a pettinar le bambole, noi siam dei fan per davvero, quelli che non si siedono perché la loro distanza dal palco aumenterebbe di un metro e mezzo. E per fortuna che ci sono, così noialtri della plebe che pettina le bambole ci possiamo sedere comodamente e goderci il concerto dietro di loro (che non abbiamo più quindici anni e le ossa si fan sentire).
Dopo il concerto di apertura, opera di Kristeen Young, han calato gli assi e la band è uscita al gran completo: batterista, bassista, tastierista e due chitarristi, oltre ovviamente alla star. La distanza dal palco non era enorme ma sufficiente a farci dubitare dei nostri sensi; a una prima occhiata uno dei chitarristi poteva essere una donna tra le più befane mai viste, oppure un uomo vestito da donna. La Checca, consultata in merito, concordava con me sulla seconda ipotesi però questo poneva tutta una serie di interrogativi senza risposta: una scommessa persa? Un vile ricatto? Un trauma cranico con conseguente sdoppiamento di personalità? Mistero.
Di tanto in tanto, con tutte quelle luci in faccia che mi ostacolavano la vista, la possibilità che quella fosse semplicemente la donna più brutta del mondo faceva capolino ma veniva immediatamente spazzata viadal soggetto in questione che si toglieva le scarpe (i tacchi, anche se bassi, se non sei abituato dopo un po' fanno male), muoveva qualche passo con la grazia dell'orso Yogi ecc. L'unica cosa che realmente mi disturbava era che trovavo quel viso stranamente familiare; ci ho dovuto pensare un po' ma alla fine ho capito: da dove ero io sembrava la mamma della Banda Fratelli, i cattivi dei Goonies. 
I chitarristi cambiavano chitarra quasi a ogni pezzo (Mrs. Fratelli perlomeno, il suo collega spesso non l'ho notato, ero ipnotizzata dalla signora) ma anche in questo caso la differenza tra i due era evidente: mentre uno afferrava virilmente la chitarra che gli porgevano e la imbracciava, l'altra sporgeva in fuori la testa tenendo le braccia lungo il corpo e si lasciava infilare la chitarra come una miss a cui infilano la fascia. 
Nonostante la megera rubasse spesso la scena ai colleghi della band, batterista riusciva comunque a farsi notare, circondato com'era da un armamentario che sembrava urlare alla folla neanch'io son qui a pettinar le bambole. Non so se anche tra i batteristi vada di moda fare a gara a chi ce l'ha più grosso ma in questo caso lui avrebbe vinto; a parte il gong che fa sempre la sua porca figura, aveva un tamburone enorme (l'esperto mi ha detto trattarsi di una grancassa da banda ma tamburone suona molto meglio) che percuoteva con inesauribile entusiasmo.
Di tanto in tanto dalle file dei superfan, un eroe si lanciava in un esperimento di stage diving alla rovescia, nel tentativo di raggiungere l'amato Morrissey, tentativo che veniva puntualmente sventato dagli energumeni della security che quella sera il loro stipendio se lo sono guadagnato eccome!
Alla fine, dopo il terzo tentativo infruttuoso, ho visto Morrissey dire qualcosa a uno degli omoni nerboruti, il quale ha aperto un varco e fatto passare uno dei superfan; questo è scattato in avanti e ha chiuso Morrissey in un abbraccio improvviso e tenerissimo, per poi tornare subito al suo posto dietro le transenne. Da vedere è stato molto bello e anche credo indicativo del rapporto stretto che il cantante ha con i suoi fan: per tutto il concerto si è sporto in avanti di tanto in tanto per stringere mani e farsi toccare dal pubblico in delirio, tutto con estrema tranquillità e naturalezza. E ovviamente il pubblico ha risposto con grande calore, il pavimento ha tremato quasi ininterrottamente per i 90 minuti del concerto.
Devo ammettere che per me il momento più difficile da gestire è stato quando hanno suonato Meat is murder, accompagnati da un video che mostrava le mille torture che gli animali subiscono per mano nostra ma, dato che immagino l'obiettivo fosse proprio farti star male, dal loro punto di vista è stato sicuramente un pezzo molto efficace.
L'unico neo del concerto è stata proprio la sua conclusione che ha lasciato francamente tutti di stucco: a un certo punto tutta la band è scesa rapidamente dal palco senza neppure congedarsi dal pubblico, come normalmente ci si aspetterebbe in questi casi. Inizialmente mi sono chiesta se non ci fosse un galateo dei suoi concerti che magari io ignoravo ma, quando si sono accese le luci e i tecnici hanno iniziato a smontare, la gente si guardava intorno perplessa, era evidente che eravamo rimasti tutti spiazzati.
Durante la discesa lungo la scalinata abbiamo valutato le possibili spiegazioni (malore, calo di voce, diarrea fulminante) ma poi abbiam lasciato perdere: in fondo era stato un gran bel concerto, non ci restava altro da fare che tornare al nostro parcheggio, scandalosamente vicino e gratuito, e dirigere la nostra prora fortunata verso casa.


P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press

lunedì 16 luglio 2012

C'è profezia e profezia

Con il caldo che fa, confesso di aver solo voglia di stendermi sul divano a leggere, bevendo litri di acqua e sostanzialmente vegetando, questo spiega il calo di produzione di post delle ultime settimane. In questo momento il solo pensiero di pensare mi fa caldo. Per fortuna ci sono momenti in cui l'ispirazione ti viene proprio a cercare, te la trovi di fianco al divano, lì stesa su un piatto d'argento, nella forma dell'ultimo numero di Glamour, quello di luglio.
A pag 131 troviamo l'oroscopo profetico; il titolo recita: scopri se lui ti farà felice adesso, nei prossimi mesi, nei prossimi dieci anni.
Il primo pensiero è che se devi aspettare dieci anni perché lui ti faccia felice forse è meglio defenestrarlo subito e cercarne un altro che si dia una mossa prima.
Il secondo pensiero è che, evidentemente, la redazione non si è posta il problema che, magari, a qualcuna delle sue lettrici non interessa un lui ma una lei, essendo tutto l'articolo incentrato sulla rivelazione dei misteri zodiacali del lui di turno. O forse è tutta una questione economica, si saranno resi conto che per studiare entrambi i sessi servirebbero il doppio delle pagine perché immagino che l'oroscopo cambi a seconda che tu sia uomo o donna, forse se sei uomo Saturno si oppone meno o la Luna non va in trigono con Cip e Ciop, chissà.

La lettura dell'articolo è suddivisa per segno zodiacale e accanto a ogni testo c'è il disegno di un omino, tipo quello che trovi sulle porte dei bagni pubblici, corredato da alcune scritte. Per farvi un esempio, scopriamo che l'uomo ariete è 20% stile basic e l'uomo toro è 15% grande chef; mentre l'uomo gemelli è 20% hipster (ce lo vedo proprio mio zio settantenne hipster) e l'uomo cancro è 30% animo vintage e 20% kamasutra (sesso estremo su mobili in radica?)
Scorrendo gli altri segni apprendiamo che l'uomo vergine è 10% ecologia e l'uomo bilancia  è 20% tuo fan n.1. Se dovessi votare il mio lui zodiacale preferito confesso che sarei alquanto combattuta, da una parte ci sono l'uomo leone (10% regali azzeccati) e l'uomo pesci (15% monaco zen), dall'altra l'uomo acquario (20% pioniere) e l'uomo capricorno, (10% silenzio). L'ideale sarebbe un monaco zen pioniere che fa molti regali in silenzio
Addentriamoci adesso nelle profezie che l'oroscopo, in quanto profetico, ci regala; dopo un'attenta lettura dell'articolo, ho elaborato una strategia che ritengo vincente: 

Fino a fine 2012 trovatevi un uomo toro che ci dicono essere in netta ripresa e oltretutto sappiamo che c'è da aspettarsi un regalo di Natale veramente stellare.
Purtroppo, nei successivi dieci anni la situazione è più fluida: nel 2013 l'uomo toro rompe assai le balle, quindi mollatelo per almeno un anno (l'oracolo sostiene che nel 2014 andrà molto meglio). 
Dato che nel 2013 sarete su piazza, buttatevi sull'uomo gemelli che pare avrà un 2013 all'insegna dell'ottimismo. Dopo essere tornate col toro nel 2014 (vedi oracolo di cui sopra), se nel 2015 volete svagarvi, sappiate che l'uomo capricorno si concederà qualche avventura; in alternativa c'è l'uomo sagittario la cui refrattarietà ai rapporti di coppia pare scomparirà nel 2015.
Il 2016 non è pervenuto quindi fate ben quello che vi pare, senza però dimenticare che nel 2017 l'uomo bilancia avrà voglia di fare passi importanti (voi magari no, regolatevi di conseguenza).
Dal 2018 se amate la varietà, grandi cambiamenti in vista per l'uomo toro e famiglia in crescita per l'uomo gemelli (il mio solito zio settantenne dei gemelli, dite che crescerà anche lui?), mentre l'uomo leone manterrà finalmente le promesse e l'amore trionferà per l'uomo scorpione.
Dopo tutta questa attività il 2019 è un anno un po' sottotono, però se volete solleticare il vostro lato pirotecnico, c'è l'uomo sagittario per il quale sono previsti fuochi d'artificio.

Concludiamo in bellezza con il 2020, anno d'oro per molti. Qui avete veramente l'imbarazzo della scelta: per l'uomo ariete si profilano successi sul lavoro,  per l'uomo cancro semaforo verde, l'uomo vergine troverà un vero equilibrio, mentre per l'uomo capricorno il 2020 sarà l'anno della consacrazione (qui l'unico timore è che prenda i voti). Per chi ancora non avesse soddisfatto la propria sete di pianificazione, l'unico spiraglio che posso offrire sul 2021 chiama in causa l'uomo acquario per il quale un grande sogno diventa realtà.

Di fronte a tante dritte il futuro appare ormai nelle mie mani, una sensazione di onnipotenza m'inebria e per un attimo domino l'ignoto.
Poi mi vengono in mente i Maya e il 21 dicembre 2012.
Mannaggia.



lunedì 9 luglio 2012

La lunga notte di Musicultura: aromi, sfogliate e strani rimmel

L'arrivo a Macerata è stato abbastanza indolore, nonostante trenitalia e il trenino a carbone della tratta Civitanova-Macerata, dove ovviamente l'aria condizionata non esiste e il 15 giugno tutto è sudore.
L'appuntamento era in piazza a Macerata per un aperitivo e, su consiglio della Cesca che è del luogo, ci siamo fermati in un posticino che aveva i tavolini all'aperto; quando sono venuti a prendere l'ordinazione, non avevo voglia di starci a pensare tanto, sono andata sul sicuro chiedendo una cocacola; solo a quel punto la signora ci ha informati che eravamo seduti ai tavolini di un'enoteca dove la cocacola era bandita (solo quella, c'erano altre bibite scicchissime e aromi a profusione). Le decisioni affrettate non sono il mio forte, ma in fondo mica dovevo donare un rene, ho rotto gli indugi e scelto un'acqua tonica che mi hanno detto essere agli aromi del mediterraneo (olive? Pomodorini secchi? Origano? Sardine?) e che in effetti non era affatto male (mica capito che aromi ci fossero, però). Di lì a poco ci hanno raggiunto Lorenzo e l'Elisa e, dopo aver ritirato i biglietti, i musici se ne sono andati per la loro strada mentre noi, salutata Cesca, ci siamo spostate verso lo sferisterio; prima però ci siamo guardate intorno alla ricerca di qualcosa da mangiare perché i musici avrebbero avuto il loro vippissimo buffet ma noi della plebe mica potevamo stare senza cena!
Speravamo in un bar che vendesse pizzette al taglio ma, avendo non più di cinque minuti, ci siamo accontentate di qualche pasta sfoglia ripiena e via verso l'ingresso. Quando siamo arrivate, i cancelli erano ancora chiusi e una piccola folla aspettava paziente davanti all'entrata. A guardarli bene sembravano gli invitati a un matrimonio che aspettano l'uscita degli sposi dalla chiesa: vestiti lunghi, tacchi stratosferici e un quantitativo non indifferente di paillette. E noi eravamo lì coi nostri sacchettini di carta con dentro la cena, cena che avremmo poi consumato comodamente sedute ai nostri posti, sotto gli occhi increduli di una signora in fondo alla fila con una pettinatura che aveva richiesto come minimo il progetto firmato di un ingegnere.
A quell'ora era ancora giorno pieno quindi abbiamo consumato il nostro frugale pasto ammirando il tramonto e gli stormi di...robi pennuti che volavano sopra le nostre teste. Non azzardo alcuna ipotesi su cosa fossero, escludo giusto fenicotteri e dodo.
L'atmosfera era resa ancora più bucolica da una colonna sonora composta da suoni, come dire, naturali: fronde mosse dal vento, cinguettii, acqua che scorre, roba così; peccato che a intervalli regolari detti cinguettii si facessero sempre più forti, sempre più striduli, rendendo la citata atmosfera assai inquietante.  Hitchcock avrebbe apprezzato.
Poco a poco lo sferisterio è andato riempiendosi (per fortuna c'era anche gente vestita normale) ed è stato veramente spassosissimo osservare le persone mentre cercavano i propri posti, o meglio, mentre seguivano le maschere che li portavano ai posti assegnati, erano pochi quelli che osavano avventurarsi da soli alla ricerca dell'ambita poltrona. Dico poltrona per modo di dire, le sedie ricordavano più quelle del cinema della parrocchia, quelle che ti ricordano che sei lì per assistere a un evento di un certo livello, non per stare comoda. E in effetti si riconosceva subito il veterano dello sferisterio dal cuscino che appoggiava prontamente sul sedile e, in alcuni casi, dalla copertina di pile che teneva astutamente a portata di mano. Ovviamente la mia esperienza si limita al pubblico intorno a noi, magari in altre zone erano più baldanzosi...
Le maschere correvano a destra e a manca per sistemare tutti e, se da una parte non potevi fare a meno di ammirare il miracoloso equilibrio di quelle ragazze che riuscivano a spostarsi rapidissimamente sul ghiaino, pur indossando il tacco a spillo, dall'altra ti veniva da chiederti se tutti sti spilli fossero proprio necessari, se non sarebbe stato più prudente un sandalo, (se troppo plebeo, anche uno incrostato di piume o strass).
In più di un'occasione abbiamo osservato la maschera indicare i posti assegnati alle varie persone con l'ausilio di una pila; ahimè, il pur apprezzabile tentativo sarebbe risultato indubbiamente più efficace se solo fosse stato buio.
L'inizio dello spettacolo era previsto per le 21 ma ovviamente è slittato, e per fortuna, visto che la gente ha continuato ad arrivare anche a spettacolo iniziato, alcuni addirittura alle 21.40! E ovviamente questi galantuomini & gentili signore avevano i posti centrali, quelli che si deve alzare tutta la fila per farti passare. Li avranno maledetti fino alla settima generazione.
Alla fine se dio vuole lo show è iniziato e, la canzone scelta come sigla di apertura francamente mi ha spiazzato: a un festival che celebra la canzone d'autore italiana si accetta di tutto (de gustibus...) ma che almeno sia in italiano! La canzone in questione era in spagnolo, cantata da Mercedes Sosa. Immagino ci sarà stato un motivo ma noi da fuori non l'abbiamo proprio capito.
Ovviamente, trattandosi di un evento istituzionale, ci sono toccati  sindaco e assessore alla pesca con i loro discorsi ufficiali (mi sembrava di stare lavorando) e alcuni vipsss seduti tra il pubblico con cui Frizzi (presentatore ufficiale della serata) chiacchierava amabilmente a intervalli regolari. Momento di comicità involontaria mentre Frizzi parlava col sindaco: si avvicina il fotografo per le foto di rito ma il povero non si accorge di trovarsi esattamente davanti alla telecamera collegata ai tre maxi schermi per cui in video ci appaiono Frizzi da una parte, il sindaco dall'altra, e in mezzo il fotografo che sembrava scattasse una foto a noi del pubblico. Cheese!
I quattro artisti in gara si sono succeduti nell'ordine prestabilito, una canzone per uno, breve intervista e via; subito dopo è arrivata Noemi e ha cantato una canzone che ci ha rivelato essere stata composta da due bravissimi cantautori; peccato che si sia dimenticata di farne i nomi, costringendo Frizzi un paio di minuti dopo a infilarli nel discorso un po' di contrabbando. Quando l'ho sentita dire "la seconda canzone che canterò..." il mio primo pensiero è stato Oh, perché lei non ne canta una sola come gli altri? , evidentemente mi ero fatta coinvolgere un po' troppo dalla gara.
Nella seconda parte della serata è salito sul palco Francesco De Gregori per un mini concerto, concerto che ha concluso con (tra le altre) un'insolita versione di Rimmel con protagonista un'ukulele. La scelta del ritmo secondo me non è stata proprio felice, m'è parso un po' troppo vivace e allegro, non certo in tono con il testo malinconico della canzone. Ovviamente qualcuno mi ucciderà per quanto detto ma, cosa volete, voglio una vita spericolata.
Interrompiamo brevemente il resoconto per un dettaglio fashion: al momento di fare la borsa mi era stato detto di portarmi un giubbotto perché a Macerata la sera faceva freschino ma, la mattina della partenza, per motivi che non illustro perché farei la figura della pipiloca, mi ero ridotta a dover fare la borsa in soli dieci minuti quindi al momento di prendere il giubbotto avevo all'incirca un nanosecondo e ho inevitabilmente afferrato la cosa a me più vicina per poi volare in stazione. 
Peccato che la cosa a me più vicina fosse il giubbotto che uso quando vado a correre, un robo color verde mare che mi fa sembrare un ausiliare del traffico o un posteggiatore, non proprio la scelta più chic del mio guardaroba. Se non altro aveva il vantaggio di potersi appallottolare in borsa ma, una volta estratto, ricordava uno di quei papiri egizi che vedi esposti nei musei.  Durante tutta la seconda parte della serata quella sadica dell'Elisa, messa a parte dello spiegazzato segreto custodito nella mia borsa, ha tentato con ogni mezzo di farmi indossare l'acquamarinica oscenità, fingendo di rabbrividire e chiedendomi in continuazione se avevo freddo e, per un attimo, se non altro per non darle soddisfazione, avevo accarezzato la possibilità di non doverlo indossare, con i piedi al calduccio in scarpe e calzini si stava decisamente bene; non avevo però messo in conto che la serata si sarebbe protratta per diverse ore e quindi alla fine, vedendo che non si finiva mai e la temperatura calava, ho scelto la prudenza e indossato Sua Stropicciosità. Non oso neanche immaginare cosa avrà pensato, vedendomi,  la famosa signora seduta in fondo alla fila, sempre che quel metro cubo di capelli non le avesse già definitivamente compromesso le funzioni cerebrali.
Quando ormai si cominciava a valutare la possibilità di una chiamata anonima con allarme bomba per porre termine forzatamente all'evento (erano le 00.30, mettetevi nei nostri panni e pensate a quelle sedie), dopo un'ultima performance di Enzo Avitabile, la serata si è finalmente conclusa, questo sì, senza troppe soddisfazioni per il Farnedi fan club. Ma, come ha scritto l'Alberta in un suo commento alla notizia su facebook: quel che non è, sarà.


P.S. Questo articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press

lunedì 2 luglio 2012

L'aria buona del Biker Bikini Benefit

Sabato pomeriggio casa mia ricordava parecchio un bunker antiatomico: porta e finestre rigorosamente sigillate e scuri accostati nel vano tentativo di combattere l'ennesimo anticiclone africano che soffrigge gli zebedei a tutto lo stivale. Una volta calato il buio ho timidamente aperto le finestre ma niente, fuori il caldo era ancora soffocante, mi è toccato aspettare la mezzanotte per spalancare finalmente le finestre ma la situazione non è cambiata molto, di dormire non se ne parlava proprio, sudavi anche solo a pensare.
Messa di fronte alla cruda realtà, ho deciso di fare di necessità virtù e acceso l'irrigatore per annaffiare il prato che era parecchio provato (in effetti anche l'irroratore non era messo meglio, recentemente deve aver deciso che dopo dieci anni in servizio per lui era ora di pensione e quindi adesso annaffia un po' come e dove gli pare). Mentre il prato si faceva una bevuta, mi son messa al pc e ho buttato giù le due righe che seguono.
In quel momento il cervello preferiva fuggire altrove, alla ricerca di pensieri più leggeri e meno soffocanti quindi, quasi senza accorgersene, è tornato indietro a un paio di settimane fa, più precisamente domenica 10 giugno.

La domenica in questione faceva già piuttosto caldo ma niente di paragonabile all'atmosfera da piscina incandescente di questi giorni; quel pomeriggio ho ricevuto un sms dall'Albertini che voleva fare un giro e, dopo un rapido esame delle opzioni, abbiamo deciso di andare a Cesenatico e dare un'occhiata alla Colonia dell'Agip dove quel fine settimana si teneva un Biker Bikini Benefit.
Quando è passata a prendermi sotto casa, la Ste ha esordito dicendo:
"Dai che al mare c'è l'aria buona, ho bisogno di respirare un po' di iodio!"
Entrambe però sapevamo che era il suo DNA motociclistico a spingerla inesorabilmente verso quella distesa di cromature che è il Biker Bikini Festival. Io in effetti non ci ero mai stata e devo dire che partivo un po' perplessa, essendo che lo scorso anno mi avevano raccontato di pornodive a cavallo delle moto e, cosa volete che vi dica, guardare donne seminude dotate di una quarta di reggiseno ma vestite solo della quarta, non del reggiseno, non è proprio la mia idea di un pomeriggio ideale; però è anche vero che son tutte esperienze e magari possono anche stupirti, quindi ho messo da parte i dubbi e siamo partite.
Ovviamente, trovare un parcheggio a Cesenatico in una domenica di giugno è impresa pressoché impossibile ma, dopo varie perlustrazioni infruttuose, la nostra perseveranza è stata finalmente premiata e ci siamo sbarazzate del mezzo.
A quel punto il mio principale problema era ricordarmi dove avevamo messo la macchina, onde evitare di passare una mezzora a girare per le strade come una deficiente; è vero che la Ste per queste cose ha una memoria di ferro ma mi scocciava dover sempre chiedere come una palla persa, quindi mi sono guardata intorno alla ricerca di un punto di riferimento e sono stata fortunata, la via di fronte a noi era via Sozzi, cognome praticamente indimenticabile dopo il video di Farnedi.
L'unica cosa che mancava era un riferimento per la via in cui ci trovavamo, essendo che era una delle mille traverse del lungomare. Con il senno di poi mi rendo conto che la preoccupazione era fuori luogo, appena arrivate all'incrocio col lungo mare, il bramato punto di riferimento si è palesato (in effetti era evidente come un dito in un occhio).
Il bar sulla nostra destra aveva pensato di rendere più artistica la zona all'aperto posizionando qua e là alcune leggiadre statue in gesso; fin qui nulla di strano, peccato che poi le statue in questione fossero state letteralmente incatenate onde impedirne l'appropriazione indebita da parte di terzi.
Ovviamente posso comprendere il naturale desiderio del proprietario di assicurarsi la permanenza in loco delle citate sculture, però date un'occhiata alla foto e ditemi voi se vedere la figura di una giovine, seppure in gesso, incatenata a un palo, non tende a incrinare la leggiadria del momento....

Noi comunque i nostri problemi logistici li avevamo risolti, quindi con animo leggero e senza un pensiero al mondo ci siamo incamminate sul lungomare verso la Colonia dell'Agip; i pensieri però sono arrivati quasi subito, risvegliati dal casino infernale prodotto dalla marea di auto e moto d'epoca parcheggiate lungo il viale; per dio sa quale motivo, molti di questi mezzi erano in moto e, oltre a fare un rumore assordante, immettevano nella sanissima aria marina quantità di CO2 degne di una Milano nell'ora di punta. 
W l'aria buona del mare.
Una volta attraversato il girone dei cromati si arrivava all'ingresso della Colonia e al centro dell'evento; un palco sulla nostra destra ospitava un gruppo in pieno concerto e, sparse un po' ovunque c'erano bancarelle con oggetti di ogni tipo: serbatoi disegnati, giubbotti di pelle, caschi, tatuatori, ecc, tutte posizionate tatticamente in modo da evitare il vento che soffiava con entusiasmo su tutta la zona.
Mi sono avvicinata a una bancarella che vendeva magliette e ne ho notata una gialla che non mi dispiaceva affatto, me la sono appoggiata addosso guardandomi allo specchio e confesso che mi immaginavo già con la maglietta addosso, poi però l'immaginazione è stata costretta a una rapida marcia indietro quando mi hanno detto che la gigina costava 25 euri; non che sia un prezzo assurdo, se mi avessero detto 10 o 15, l'avrei presa senza pensarci un momento, il pensiero dei 25 euri invece mi ha fatto riflettere per alcuni secondi che mi sono stati fatali, nel senso che mi è venuta in mente la montagna di magliette che avevo già a casa e quindi sulla maglietta in questione è calata una cappa di piombo, come se l'avessero incatenata. Addio acquisto spensierato. 
Dato il caldo, abbiamo deciso che una bevuta ci stava bene; al bar le bariste si producevano in urla belluine ogni tre per due e non mi sento di dar loro torto, se fin dalla mattina ti trovi in mezzo a un gran casino, con musica a palla, vento sferzante e gente che reclama a gran voce la birra, una valvola di sfogo la devi avere, altrimenti, di fronte all'ennesimo baluba che si lamenta che c'è troppa schiuma, parti e fai una strage.
Mentre sorseggiavo la mia cocacola ho notato un cambio di scena sul palco: evidentemente era arrivato il momento del burlesque. Non so voi ma io associo sempre lo spogliarello a un contesto notturno, un po' velato, quindi vedere ste ragazze in piedi sul palco sotto un sole battente mi faceva un po' strano, però devo dire che le condizioni atmosferiche davano decisamente una mano, tutte le volte che una si toglieva qualcosa, il vento lo faceva allegramente volar via, il problema sarà stato il recupero dei pezzi a fine spettacolo...
Noi comunque non siamo rimaste oltre, quello che c'era da vedere l'avevamo visto quindi siamo ripartite, abbiamo riattraversato il girone dei cromati, dove i motori erano accesi e si sgasava come se la benzina non costasse quello che costa, e, forti dei nostri punti di riferimento, abbiamo ritrovato la macchina al primo colpo.
A conti fatti è stata, come previsto, un'esperienza. E poi volete mettere tutta l'aria buona che abbiamo respirato?