martedì 30 agosto 2016

Tintarella sulla fiducia

Il balzo della fede serve più spesso di quanto non si pensi.
Qui a lato vedete l'inevitabile articolo sull'abbronzatura pubblicato su Grazia il 21 giugno (sto leggendo gli arretrati passatimi da mamma, devo recuperare il mese passato in terre straniere coi boccia); l'autrice ci rivela che quest'anno spopola il colore dorato in stile Copacabana, con effetti ambrati-dorati.
Fin qui tutto bene, però mi chiedo: se l'articolo deve servire a dare indicazioni a noi della plebe cosicché ci buttiamo su lozioni, pomatoni e integratori nella speranza di sentirci strafighi e molto vip, che senso ha metterci a corredo una foto in bianco e nero?
Perché noi del volgo non siamo mai passati da Copacabana con la cartella colori per capire qual è il pantone ideale per la tintarella di tendenza.
A mio avviso l'articolo, che in teoria dovrebbe spingerti a fare il mutuo per comprare i millemila prodotti che servono per l'abbronzatura vip (oltre agli spray vernicianti in caso i tentativi falliscano e ti ritrovi con un colore besciamella gratinata), con questa foto si dà la zappa sui piedi: ti fa vedere una giovine che, pur essendo innegabilmente grigia, fa comunque una gran figura
C'é il rischio concreto che qualcuno cominci a pensare che in fondo si può vivere anche senza tintarella ma allora tutti quei poveri pomatoni che fine farebbero?
 

domenica 14 agosto 2016

Vacanze fritte al di là della Manica: il Gran Finale

Bits and pieces: scampoli di impressioni forestiere.
- i boccia si lamentano in continuazione di tutto e si girano verso di te, con tono tra l'attonito e l'indignato (ricordano Barbra Streisand quando faceva Melinda ne L'amica delle cinque e mezza), pretendendo una spiegazione per qualsiasi cosa.
Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, praticamente ti considerano dio (o Jeeves).
Facciamo un esempio: improvvisamente, mentre viaggiamo tra due stazioni ferroviarie, il treno si ferma nel mezzo del nulla e uno dei boccia si gira subito verso di me:
"Chiara perché ci siamo fermati?"
Resta da capire in base a quale ragionamento io potessi saperne più di lui, eravamo seduti di fianco, non avevano fatto annunci nè avevo parlato con chicchessia. Con il senno di poi, forse avrei dovuto reagire con più tatto ma erano gli ultimi giorni e i livelli di tolleranza erano ormai bassissimi, quindi mi è scappato un "How should I know? Am I train guy now?"
- altra deliziosa abitudine dei nostri giovini è quella di seguire non le persone ma i piedi davanti a loro (un po' come gli anatroccoli che seguono gli stivali di quello che dà loro da mangiare), quindi a volte nella folla seguono la persona sbagliata e devi correggerne la direzione, prima che si perdano. Sospetto non sia molto diverso da quello che fa un pastore con il suo gregge, praticamente sono Peter.
- mi manca il cromosoma Y e si vede chiaramente quando giro con i boccia per Londra: quando si sente il rombo di una macchina sportiva io non alzo la testa come un felino in caccia, cercando di capire che macchina ne sia responsabile e snocciolando marche e caratteristiche come fossero le tabelline.
Per concludere, ecco alcune chicche dei genitori che ci fanno capire che la mela non cade lontano dall'albero:
- un padre mi ha chiamato per sapere se, nelle due settimane di soggiorno in Inghilterra era prevista la Giornata dei genitori;
- una mamma parlando di Londra mi ha chiesto:"Ma cosa facciamo con questi attacchi terroristici?" Ora, ripensandoci, mi rammarico di non aver avuto la prontezza di rispondere "Nessun problema signora, a noi dell'agenzia ci avvisano prima!"
- Last But Not Least (leggi Ciliegina Sulla Torta): il giorno prima della partenza un padre trafelato ha chiamato la mia collega per chiedere se il ritrovo in aeroporto era due ore prima della partenza o dell'arrivo.
M'inchino di fronte alla grande forza d'animo della sopracitata collega che non ha controllato di chi fosse il padre quest'uomo, per non penalizzare ingiustamente il figlio.

E anche quest'anno è andata!


lunedì 8 agosto 2016

Vacanze fritte al di là della Manica - Il diploma

Ultimo giorno nel nostro college inglese perso nel nulla (ci vogliono due ore per arrivare in qualsiasi posto degno di nota), domani si parte per Londra e quindi oggi ci è toccato sorbirci la consegna dei diplomi.
Ci era stato detto che la cerimonia si sarebbe svolta alle 17.15 nella mensa vicino ai nostri alloggi, quindi in tanti siamo arrivati rilassatissimi alle 17.14 (l'interesse per simili cerimonie è pari a quello per la vernice che si asciuga sul muro.) 
Senza alcun preavviso è piombata su di noi la direttrice del corso per informarci che, causa imprevisto (leggi: quelli del talent show serale dovevano fare altre prove in sala mensa), tutto veniva spostato in altra sede a noi sconosciuta.
La suddetta direttrice è poi partita a tutto gas verso la nuova destinazione, senza curarsi di controllare che qualcuno la stesse effettivamente seguendo (mi chiedo a chi avrebbe dato i diplomi se noi fossimo rimasti in mensa.) 
Una volta compreso che la velocista in fuga era l'unica a conoscere la nuova sede, ci siamo lanciati all'inseguimento e in qualche modo siamo arrivati a destinazione; peccato che la volpe non avesse pensato alla necessità di lasciare in mensa qualcuno che potesse spiegare la strada ai ritardatari e quindi tutti quelli che sono arrivati in mensa con qualche minuto di ritardo (e non erano pochi) hanno vagato per il campus smadonnando per mezz'ora alla ricerca della maledetta sala. 
I diplomi non ritirati causa studenti non pervenuti li hanno ovviamente rifilati a noi capigrupo e io li ho tirati nella schiena dei ritardatari quella stessa sera in mensa.
Nonostante i millemila contrattempi, alla fine questa benedetta cerimonia di consegna dei diplomi è iniziata. Trattasi di una di quelle tradizioni molto britanniche/americane che faccio sempre un po' fatica ad abbracciare: ti chiamano per nome, tu scendi tra gli applausi della folla e la direttrice sorridendo a 32 denti ti stringe la mano,  congratulandosi con te per aver completato il corso di...20 ore di inglese. Mah.
Come stavo dicendo, la cerimonia è iniziata ma, tra la pronuncia della direttrice che con i nomi turchi e italiani aveva delle difficoltà e gli applausi di ordinanza dopo ogni nome, i ragazzi non capivano quale nome avessero chiamato, nel dubbio scendevano i gradini ma poi venivano rispediti al posto dalla direttrice con un frettoloso "no, no, non sei tu"
Dopo un po' di queste scenette qualcosa è scattato nella mente della direttrice e la signora ha deciso di chiamare cinque nomi per volta e poi fare l'applauso a tutti, così si snelliva il processo, cosa alquanto desiderabile se si considera che il mio gruppo doveva essere in mensa per cena alle 18, erano ormai le 17.50 ed eravamo dall'altra parte del campus.
La fame fa nascere nella tua mente pensieri che non pensavi di poter concepire, ad esempio l'idea che
con un semplice accendino si sarebbe potuto far scattare l'allarme anticendio, obbligando tutti ad evacuare l'edificio; da una parte questo avrebbe messo fine alla cerimonia, dall'altra l'inevitabile confusione avrebbe permesso alla sottoscritta (gli studenti li avrei abbandonati al loro destino senza pensarci due volte) di scivolare non vista verso la mensa, mangiare in santa pace e poi millantare di essere dovuta tornare alla mensa perché non mi sentivo bene e il paracetamolo è meglio prenderlo a stomaco pieno.
Un piano perfetto, rovinato irresponsabilmente dalla conclusione della cerimonia.
Mai una gioia.