martedì 29 ottobre 2013

Non è tutto burro quel che lucida

È iniziato tutto un paio di settimane fa, quasi senza che me ne rendessi conto; mi stavo guardando allo
specchio e mi sono improvvisamente resa conto di avere la pelle più lucida del solito. Ho scacciato la tentazione di accantonare il problema  nell'angolo "Disturbi stagionali" o in quello "stress", anche perché avrei continuato ad avere bisogno di passarmi lo Scottex sulla faccia a intervalli regolari. Per un brevissimo istante ho anche considerato la possibilità di prendere il toro per le corna, ammettendo a me stessa che ho la pelle grassa perché mangio quantitativi smodati di patatine fritte; questo però avrebbe aperto una porta pericolosa, quella che conduce a una revisione del mio regime alimentare, con conseguente riduzione della dose di droga patatinosa, una soluzione francamente inimmaginabile.
Alla fine ho scelto un compromesso accettabile: mi sarei fatta qualche maschera purificante per aiutare la pelle a tornare in forma (che buona che sono).
Perfetto, penserete voi, emergenza risolta. Magari, dico io che mi conosco. Il mio problema con questo genere di cose è che io parto con le migliori intenzioni, compro un tubetto/vasetto della magica pozione, me lo spalmo in faccia un paio di volte e poi me lo dimentico lì per sei mesi, quando mi torna in mente apro il barattolo e la roba dentro è fossile.
Evidentemente mi serviva un cambio di marcia; mentre mi scervellavo alla ricerca di un'alternativa, mi è tornato in mente che a casa mia, quei due o tre secoli fa, usava farsi delle maschere preparate sul momento usando yogurt e roba simile. Soluzione perfetta: si torna alla natura e al casalinghismo.
Ho fatto la mia ricerca su internet e, in pochi minuti, è saltato fuori un tutorial con la ricetta di una maschera che sembrava fare al caso mio: argilla, oli essenziali, miele, yogurt, riga. Ce la potevo fare.
Una volta acquistata l'argilla in erboristeria, sono tornata a casa, ho preparato gli ingredienti e cercato di nuovo su internet il tutorial che spiegava passo passo come fare.
Adesso, col senno di poi, riconosco che l'errore madornale l'ho commesso in quel preciso momento: c'erano molti video della stessa autrice e, spinta dalla curiosità ne ho aperto un altro. Non l'avessi mai fatto, invece del rilassante mondo del naturale fai-da-te, mi sono vista catapultare in un universo oscuro e terribile, popolato da terribili ingredienti sintetici che pare infestino la maggior parte dei prodotti cosmetici
comunemente in uso. Siliconi, parabeni, PEG, BHT, nomi lunghi quei sette-ottocento metri, che quando arrivi in fondo ti sei già dimenticato l'inizio, insomma un incubo.
Devo anche confessare che io non mi intendo minimamente di queste robe chimiche quindi, se da una parte non mi è difficile diffidare del silicone, soprattutto dopo il martellamento pluridecennale della pubblicità del Saratoga con la donna nuda sigillata nella doccia, non so bene come prendere queste profezie-armageddon in stile "la civiltà si estinguerà se usi quella crema corpo".
Ammetto però che qualche brivido me l'hanno fatto venire, ad esempio leggendo gli ingredienti del burrocacao. Fino a quel momento la sola avvertenza che adottavo nella scelta dello stick era evitare come la peste il prodotto in stile Labello Blu, quello che te lo dai e ti ritrovi con le labbra bianche da affogata (quel look Laura Palmer che francamente
dona a poche); invece leggendo la lista degli ingredienti ho scoperto che il primo componente del mio burrocacao è il Petrolato che, cosa volete che vi dica, anche nella mia chimica ignoranza, già il nome ha un suono che non promette niente di buono.
Continuo la lettura come un naufrago alla ricerca di un burroso salvagente ed ecco che laggiù, in settima posizione, fa capolino un tale Butyrospermum Parkii Butter, che scopro essere Burro di Karité.
Allora, qui ci dobbiamo decidere: se ci metti il petrolato lo chiami petrolburro, poche pippe!
Ma in che razza di mondo viviamo se non puoi fidarti nemmeno del tuo burrocacao?


P.S. La maschera all'argilla invece è andata benissimo. Patatine, a me!

sabato 12 ottobre 2013

Basta piovere sul mio post!

Mi è sempre piaciuto quando fuori diluvia e tu sei in casa al calduccio e, con una tazza di tè in mano e una coperta sulle ginocchia, osservi la pioggia che cade e magari il pensiero corre sadicamente a quei diversamente fortunati i quali, per millemila motivi, devono uscire e affrontare il traffico con quel tempo da lupi.
Ovvio che le cose cambiano quando l'H2O che era fuori ti entra improvvisamente in casa.
Enrico è in cantina e sta osservando i rivoletti d'acqua che scendono lungo il muro; lo guardo e immagino che, al pari mio, stia maledicendo i costruttori di questa casa che, non sappiamo se per incompetenza o tirchieria, ci hanno lasciato in eredità una parete che in caso di piogge abbondanti e prolungate, come quelle di questi giorni, tende a familiarizzare un po troppo con l'elemento e invita in casa acqua mai vista prima. Screanzata.
Fortunatamente la diga di stracci che abbiamo approntato si è rivelata efficace e convoglia allegramente i torrentelli verso il tombino dove un'apposita pompa ributterà l'ospite indesiderato fuori di casa.
Dato che star qui a fissare la diga non è di grande aiuto, me ne torno di sopra e, dopo aver lanciato una rapida occhiata fuori dalla finestra (niente di nuovo, sempre e solo acqua a catinelle), decido di rendermi utile e fare il pane: peso la farina, scaldo l'acqua, aggiungo lo zucchero e prendo il lievito madre dal frigo.
Vorrei che qualcuno mi avesse avvertito dell'odore pestilenziale che sprigiona questo lievito del demonio; dicono che col passare del tempo ci si abitua a tutto, però quel pugno nel naso ogni volta che apro la busta non sembra perdere vigore. Lo si potrebbe paragonare a un tecnico del pronto intervento che mangia solo gorgonzola e cipolla cruda ma è molto bravo a far tutti quei piccini intorno a casa che saltano sempre fuori nel momento meno opportuno e rompono parecchio le balle: il rubinetto che perde, la serratura che non chiude bene ecc. Ecco, di fronte a questo lato enormemente positivo, il fatto che non sia proprio l'uomo Menthos passa in secondo piano e lo stesso accade con quel lievito: dopo aver assaggiato il pane prodotto da tale madre, ti tappi il naso e fai quello che devi fare, richiudendo la bustina il più presto possibile.
Una volta introdotti tutti gli ingredienti nella macchina secondo ricetta, spingo start e quella, con gemiti che sarebbero da registrare per la colonna sonora di un film horror, si mette al lavoro. Ottimo, non mi resta che dare una pulita e sistemare la cucina; afferro il sacchetto della farina integrale e, mentre lo sto chiudendo per riporlo, noto sulla parte posteriore dei forellini sospetti...no! No! Ti prego no! Svuoto con mani tremanti il contenuto del sacchetto in una ciotola e la verità è lì che se la ride sotto i baffi, tra la farina  ci sono degli
insetti.
Nel frattempo la macchina del pane sta impastando con entusiasmo e fortunatamente  i cigolii aiutano a coprire i lamenti e le madonne che produco io.
Setaccio attentamente la farina contaminata (ovviamente il problema non è con la farina bianca che si controllerebbe in due secondi ma con quella integrale che è piena di residui e pezzetti di cereali) e alla fine la sentenza è incontestabile, ho trovato tre farfalline.
E' a questo punto che gli anni della mia formazione scout fanno capolino, soprattutto le settimane di campeggio coi boccia, settimane in cui quei terroristi in  erba cercavano di togliermi di mezzo propinandomi pasta caduta per terra, sciacquata sotto l'acqua per togliere la terra e poi condita, soffritto carbonizzato e quindi cancerogeno, nonché fricò avec sputazzi. Essendo sopravvissuta agli orrori culinari più impensabili (ci farò un post prima o poi), non posso fare a meno di pensare che in fondo sono solo tre farfalline, tutte proteine, e poi in forno cuoceranno a 220 gradi per 35 minuti, cosa vuoi che sia! Però mi viene in mente che quel pane dovrebbe mangiarlo anche Rico e lui magari il crostino gusto farfalline non lo apprezzerebbe; poco a poco ritorno in seno alla civiltà e, pur tra sospiri e maledizioni, fermo la macchina del pane e getto il dannato impasto e la farina integrale avanzata nel bidone dell'umido. Fosse per me gli darei fuoco ma l'impasto è bagnato...
Vabbè, niente pane fresco per per cena ma il pane comunque ci vuole, mi rimbocco le maniche e ricomincio tutto da capo (stavolta tutta farina bianca, l'integrale è finita); questa volta le cose procedono senza intoppi; quando la macchina finisce di impastare accendo il forno per la seconda lievitazione ed estraggo il cestello, rovesciando l'impasto sul piano di marmo, peccato che si stacchi anche il perno impastatore. Resto lì per un po' a fissare questo ammasso bianco con un perno metallico che spunta proprio in mezzo; non sono in grado di affrontare subito anche questa tragedia tecnologica, meglio mettere da parte il fatto e concentrarsi sull'impasto. Elimino il corpo estraneo, lavoro l'ammasso per un po' e poi lo metto nel forno tiepido per la seconda lievitazione. Solo a quel punto raccolgo le poche forze rimaste e guardo in faccia la realtà: la macchina del pane si è rotta. Non è che la cosa sia poi così sorprendente, in fondo quando era arrivata a noi l'impastatrice aveva già un bel po' di chilometri, sapevamo che prima o poi sarebbe successo ma, mi chiedo: proprio oggi, proprio adesso, proprio dopo tutto il resto?
Guardo fuori dalla finestra la pioggia che cade senza sosta e vedo sfilare un corteo di macchine, sono quelli che oggi uscivano sotto la pioggia e adesso tornano alle loro casette asciutte e si mangiano il loro pane fresco per cena. Che altro dire: karma.

giovedì 3 ottobre 2013

Il mattino ha l'oro in bocca, il mattino ha l'oro in bocca, il matt....

Sono le 5.30 del mattino e me ne sto a letto col sonno in sciopero; ho provato a tenere gli occhi chiusi per fregarlo ma lui niente. Certo che una, almeno il giorno del suo compleanno, potrebbe farsi una bella dormita e magari alzarsi riposata e rilassata e invece ciccia.
Visto che non si rimedia niente, dopo essermi girata quelle cento volte, rischiando di strangolarmi con le coperte, decido di alzarmi e andare a farmi un tè. Apro gli scuri (non so bene perché visto che fuori è ancora buio) e il freddo mi ricorda che sarà anche il caso di vestirsi che sono in camicia da notte e in casa è un gran freddo. Mi vesto e poi scatto una foto a memoria di questo meraviglioso inizio di giornata, che neanche fosse un venerdì di quaresima.

Scendo in cucina, facendo il minimo rumore possibile, che Rico ieri sera lavorava e chissà a che ora sarà tornato a casa; sul tavolo trovo un biglietto in cui dice che si alza alle 9.30, tra più di due ore. Ho una fame che la vedo, non ce la faccio mica ad aspettare due ore per fare colazione, metterò su una gamella di tè, così intanto il mezzo litro di broda inganna lo stomaco.
Peccato che il mio stomaco sia come il sonno, mica si fa fregare così come niente, alla fine cedo e tiro fuori  i ventaglini di pasta sfoglia che si mangiano sempre volentieri ma dopo 4 o 5 mi viene quella sensazione che non so se è una cosa mia ma dopo 4 o 5 biscotti io già non ne posso più, tutto quello zucchero, tutto quel dolce, datemi del salame e dei ciccioli!
Mentre aspetto che il tè si diffonda per la gamella, accendo il computer; in realtà volevo finire di rileggere un libro di Paolo Nori che avevo letto anni fa (titolo: Si chiama Francesca questo romanzo) ma qui di sotto è ancora troppo buio e se accendo la luce mi sembrerà di essere in pieno inverno in un racconto di Dickens, una depressione che non ne esci più.
Allora andiamo col computer, magari mi collego a facebook che lì fai presto a far passare due ore. Apro Chrome e rimango senza parole di fronte al doodle di Google, è pieno di torte di compleanno e quando ci vado sopra col cursore mi dice Buon compleanno Estrema! 
Ecco, queste son le cose inquietanti che uno non vorrebbe vedere il giorno del suo compleanno, un po' come se ti suonassero alla porta, apri e c'è uno sconosciuto spaventoso che ti fa gli auguri, io chiamerei subito la polizia. Ovvio che non posso chiamarla e denunciare un doodle per stalking però...
Vabbè, adesso che mi sono sfogata con voi su questo inizio di compleanno un po' in salita mi sento meglio; mi viene anche in mente che oggi a pranzo sono invitata a casa dei miei e mia mamma fa la mia torta di compleanno, una variazione nocciolinosa del salame di cioccolato e, se ho fortuna, mio babbo mi avrà scritto una poesia di compleanno. E poi tra un po' si sveglia anche Rico. 
Tutto a posto, down rientrato, bevo il tè e guardo l'orologio pensando che, in caso la pazienza si esaurisca prima delle 9.30 posso sempre telefonare col cellulare al numero di casa, così Rico si sveglia prima, poi m'invento che erano quelli della Telecom...




P.S. Son due settimane che mia mamma mi tampina per sapere cosa regalarmi per il compleanno e, tra i vari pensieri che mi sono frullati per la testa, c'è anche quello che mi piacerebbe che questo blog avesse qualche lettore in più ma per quello lei non può aiutarmi, allora lo chiedo a voi: se conoscete qualcuno a cui pensate piacerebbe quello che scrivo, mandategli il link al mio blog, sarebbe davvero un gran regalo!