martedì 20 agosto 2019

Le Cascate valgono bene un latte aromatizzato

E finalmente partiamo per quello che è il vero motivo per cui ho accettato di tornare a Nuova York per la seconda volta: vedere le Cascate del Niagara.
Il pullman è stipato di boccia fino al tetto quindi mi tocca condividere il viaggio con una tipa bionda che ascolta musica e lo farà ininterrottamente fino a destinazione. Ammiro la perseveranza, compatisco i timpani.
Alla prima curva del pullman, un raggio di sole le illumina le gambe che sbriluccicano furiosamente, questa si è data la crema con i brillantini per il viaggio di otto ore in pullman. Perché? Non ho risposte, solo domande.
Dopo un po' inizia un'altra fase: si fa un selfie col cellulare, poi controlla com'è venuta e si sistema i capelli, poi si fa un'altra foto, ricontrolla com'è venuta e si risistema i capelli. Così per più di mezz'ora, mi sembra di essere ne Il Giorno della Marmotta.
Va là che se c'era ancora la pellicola...
In questo caso i miei boccia si sono distinti dalla massa; consigliavo da giorni di indossare qualcosa di pesante per difendersi dalle otto ore di aria condizionata polare ma, vedendoli entrare ovunque mezzi nudi, non nutrivo grandi speranze; e invece la mattina della partenza una di loro mi ha fatto vedere lo zaino con dentro una copertina di pile. "È per il pullman" mi ha detto. Mi sono commossa. 
Arriviamo a destinazione in tempo per fare un giro nel parco sopra le cascate e un trilione di foto, prima di dover uscire per raggiungere l'inevitabile Hard Rock caffè per cena. All'interno del locale c'erano come sempre quei 16 gradi ma, forte delle precedenti esperienze, ero armata di sciarpone pesante quindi sono andata con un filo di gas e il pollo fritto preso al posto dell'ennesimo hamburger era buono. Tutto considerato, poteva andare peggio.
Dopo cena abbiamo visto le cascate illuminate e i fuochi d'artificio e devo ammettere che le cascate di notte con quell'illuminazione fanno un gran effetto.
Finiti i fuochi partiamo diretti verso l'albergo con l'inevitabile delirio al check in, però non mi lascio turbare da queste quisquilie, l'importante è che questa sarà l'unica notte in cui dormiremo in un letto degno di questo nome, invece di quei letti a castello da caserma che ci toccano a New York.
foto di Free-Photos da Pixabay
Salgo in camera e il termometro segna 66 gradi Fahrenheit, 18 gradi nostri, un freddo becco e un letto con solo il  lenzuolo e un copriletto tipo ostia. Li maledico fino alla quarta generazione e poi affronto lo scatolino dell'aria condizionata che ovviamente non ha le istruzioni; armeggio un po' e, non so come, riesco a far partire il riscaldamento. 
La situazione è a dir poco surreale: è fine luglio e mi tocca accendere il riscaldamento in camera da letto perché questi fulminati vogliono mantenerci eternamente giovani mediante surgelamento. 
Il giorno dopo viviamo un altro momento indimenticabile: in hotel la colazione è disponibile dalle 6 alle 9 mentre la partenza col pullman è alle 8.30, quindi l'astuta capogruppo scende a fare colazione alle 7.10 e trova scones con marmellata, cinnamon roll (sembrava una di quelle trecce tedesche con la cannella), tanta frutta e un bel tè caldo. Non così gli incauti tineggers che se la prendono comoda e quando arrivano alle 7.45 trovano una fila lunghissima composta da altri tineggers svegli quanto loro; oltretutto, più della metà della roba è finita e tarderanno un po' a riportarla. 
Li osservo dal mio tavolino dove sto gustando una lauta colazione e rifletto sul fatto che queste sono le famose esperienze formative di cui tanto sentiamo parlare, la prossima volta si daranno una mossa prima.

Rileggendo quanto scritto, mi rendo conto che forse il quadro che ho dipinto del gruppo di boccia a me affidati è un zinzino troppo idilliaco, quindi concludo con un crudo bagno di realtà.
Stiamo tornando dalle Cascate del Niagara e abbiamo appena fatto una sosta per pranzare; risaliamo sul bus e, mentre tutti si siedono, si svolge la seguente amena conversazione tra la sottoscritta e uno dei miei boccia:

Boccia: Chiara quarda!
Sottoscritta: Cosa?
Guardo dove mi sta indicando e noto delle gocce di liquido bianco per terra e sulla sua gamba, concludendo che l'invornito avrà comprato uno di quegli cartoni di latte aromatizzato che ogni tanto i boccia bevono e si sarà sbrodolato. 
Boccia osservando le gocce: Qualcuno mi dev'essere venuto sulla gamba.
Difficile non chiedersi se queste cose captano anche agli altri o sono proprio io che attiro tutti i soggetti speciali.
Sottoscritta: Mi dispiace per te ma pulisci subito!
Boccia: Chi, IO???
Sottoscritta: Non guardare me, io non sono stata di sicuro!


Ah, la poesia della giovinezza!

mercoledì 7 agosto 2019

I Boccia, lo stalking e l'aria condizionata

Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Questo è il primo post del mio diario di viaggio negli USA. Enjoy

Arrivo a Roma incolume nonostante l'autista BlaBlaCar che risponde al telefono con le mani, le stesse mani che dovrebbe usare per guidare, specialmente sull'E45 a corsia singola.
Iniziamo col botto già alla partenza da Fiumicino: arrivati al gate, uno dei boccia si accorge di aver lasciato la borsa con il biglietto ai controlli di sicurezza. Nella borsa c'è il biglietto per New York.
La Coppa Fenomeno va però a un altro boccia, fermato ai controlli di sicurezza perché nell'astuccio oltre a penne, matite e gomma aveva pure un cacciavite, sai mai si debba riavvitare la portiera dell'aereo in volo.
Una volta arrivati sull'aereo, si entra in un universo parallelo in cui per otto ore sei circondata da gente che nella vita normale tireresti sotto con la macchina e oltretutto ti portano il pranzo alle 15.30. Almeno però i cannelloni sono commestibili (poco Masterchef, molto supermercato) e con parmigiano e cracker (da noi noti anche come i creck) non puoi sbagliare.
Tra una dormita e un film degli Xmen il tempo passa, l'unica seccatura è la confusione: l'aereo sembra la piazza del paese il sabato pomeriggio, c'è un costante viavai di boccia che parlano a volumi insostenibili. Mi scopro a desiderare una turbolenza che faccia accendere il segnale ALLACCIARE LE CINTURE e li costringa a sgombrare i corridoi.
Però in fondo li posso capire, sono a chilometri di distanza dall'autorità (leggi i genitori), sono in vacanza e circondati da un centinaio di coetanei, c'è un tale turbinio di ormoni che, volendo, potrei cambiare sesso.

Una volta al campus, i primi giorni sono di assestamento: qualcuno si chiude fuori, qualcuno si dimentica di chiamare casa e dopo due giorni ricevo messaggi delle madri in ansia, ci sono i soliti quattro ritardatari cronici, insomma, tutto nella norma. 
Il giorno della prima gita a Nuova York la temperatura si aggira intorno ai 7000 gradi e registro la prima sorpresa della vacanza: sì perché, dopo un po' che fai questi viaggi, pensi di sapere come vanno le cose e invece i boccia riescono sempre a spiazzarti, a ribaltarti i cliché che non sapevi di aver fatto tuoi. 
Tu ti sei fatta l'immagine dell'adolescente bradipo, che si veste come capita o al massimo come va di moda e invece, nel mezzo di un caldo umido da giungla asiatica, uno dei boccia tira fuori un ventaglio e inizia a sventagliarsi vigorosamente, mentre noi boccheggiamo attaccati alla bottiglia di minerale. A breve la gente farà a gara per farsi prestare il ventaglio che di lì a poco andrà inevitabilmente rotto.

Secondo giorno di gita: siamo allo Strawberry Field Memorial e una delle ragazze chiede:"quindi John Lennon è quello che ha fatto quella canzone lì?" riferendosi al musicista che suonava Imagine lì vicino; poco dopo ha aggiunto che l'unica Imagine a lei nota era la canzone di Ariana Grande. 
Potete prendervi un momento, se il colpo è stato troppo forte.

Nel gruppo abbiamo anche alcuni fotografi che mi fanno dannare durante i tour perché restano indietro per fare la foto definitiva, quella che cambierà la storia della fotografia. 
Questa cosa degli smartfon che fanno foto non è sempre positiva, i boccia fanno 6000 foto al giorno e quando si fissano su un tema è finita. In questo caso, alcune boccia hanno iniziato a paparazzarmi, facendomi foto a tradimento in qualsiasi momento. Nella maggior parte non sembro neanche normale. 
L'unica soluzione è rifiutarsi di guardarle, anche perché a volte lo choc è in agguato: tu sei tutta fiera dello sciarpone di cotone grosso che hai portato dall'Italia per difenderti dalla maledetta aria condizionata yankee, pensi che in fondo non ti stia neanche male, poi vedi sta foto in cui sembri una profuga che si copre con quel poco che ha. La verità a volte, anche no. 
Foto di Wendelin Jacober da Pixabay
Concludo questa prima parte con un momento di raccoglimento e gratitudine per il campus manager, Joel, a cui abbiamo rotto parecchio le balle durante il soggiorno; lo chiamavo così spesso che si poteva considerare stalking. 
Le mie telefonate cominciavano sempre con :"Joel, I'm sorry but..." a cui seguiva il marone combinato dai boccia in quella specifica occasione. 
Si andava dagli invorniti che puntualmente si chiudono fuori dalla camera (e quindi serve qualcuno della security del campus che venga ad aprire la porta), a quella che decide di fare i popcorn nel microonde e:
- legge male le istruzioni,
- li carbonizza,
- il microonde manda fumo,
- scatta l'allarme antincendio.

La sottoscritta, che se ne stava in camera a riposare, esce, vede il fumo, smadonna, fa aprire tutte le finestre (quel poco che si aprono), cazzia chi di dovere e chiama ANCORA il povero Joel. Il tutto sempre dopo le dieci di sera, altrimenti che gusto c'è?