mercoledì 26 giugno 2013

Attenzione ai tombini in agguato!

Il ritorno dalle ferie è iniziato col botto: sabato sera sono stata invitata a cena a casa Rinaldi per una serata spagnola a base di paella. Inizialmente la scelta del menu mi aveva lasciato un po' perplessa, sapendo che la Clodia non mangia né carne, né pesce, né tanto meno cipolla, non vedevo molto margine di manovra per la citata paella; mi sono tranquillizzata solo quando ci ha informate che per noi carnivore avrebbe preparato una paella tradizionale con cadaveri, mentre lei ne avrebbe mangiata una versione light.
La cena in questione era riservata esclusivamente alle signore; i baldi uomini si sarebbero invece riuniti nella casa in collina di Tommasoni per una serata ad alto tasso di virilità (leggi grigliata e birra).
Appena ricevuto l'invito ho chiesto quale contributo potessi dare al menu e la Rinaldi mi ha chiesto di occuparmi dell'aperitivo; a quel punto, sapendo che da giorni la Piraccini miscelava litri di sangria alla ricerca della ricetta definitiva, mi sono concentrata sulla parte mangereccia e, volendo rimanere in tema iberico, ho deciso di preparare una tortilla di patate.
Il giorno in questione sono arrivata in perfetto orario a casa Rinaldi esibendo con una certa soddisfazione la mia tortilla che, non solo aveva un ottimo aspetto, ma era anche cotta alla perfezione.
Orgoglio e fierezza a non finire.
La Clodia ha aperto la porta, ha guardato me, la tortilla, e mi ha chiesto:" Dov'è la cocacola?"
Non proprio la reazione che mi aspettavo.
Ne ho astutamente dedotto che dovessero essere attese per cena un paio di bocce di cocacola, bocce che evidentemente io non avevo meco: uno sfortunato fraintendimento. Da quel momento in avanti per tutta la serata ogni cinque minuti qualcuna sospirava, bofonchiando qualcosa che puntualmente finiva con ....ocacola. Son stati momenti difficili e, messa di fronte alle non proprio velatissime allusioni delle presenti, mi sono difesa con la vecchia scusa dell'imprevisto: avevo portato due bottiglie di cocacola ma mi erano cadute in un tombino proprio davanti a casa Rinaldi. Non so perché ma ho avuto la sensazione che non ci credessero, oggigiorno la gente non ha un briciolo di fiducia.
Nonostante la temperatura non proprio primaverile, abbiamo accolto la proposta della padrona di casa e ci siamo spostate sul balcone per l'aperitivo. Lì abbiamo potuto ammirare un vero miracolo della natura: alcune eroiche piante che resistevano tenacemente (alcune addirittura sembravano prosperare), nonostante la vicinanza della Rinaldi e del suo proverbiale pollice nero. Tra le mille ipotesi avanzate quella più accreditata è che fossero piante prese in prestito da un vicino in occasione della cena.
E per chi sta pensando che siamo delle malfidate, pregasi leggere La Squartatrice, Pollice Nero e Amor di Broccolo: il Ratto dell'Ikea. E' tutto scritto lì.
Tra una chiacchiera e l'altra la Clodia ci ha offerto il frushi, un sushi a base di frutta da pucciare (leggi intingere) nella marmellata made by Clodia; il piatto era buono ma, a detta di alcune, sarebbe stato meglio se accompagnato dalla cocacola.
Dato il clima rigido, la cena era servita all'interno e, almeno in questo caso, nessuno ha avuto il coraggio di dire che la paella sarebbe stata più buona se accompagnata alla cocacola, probabilmente temendo un fulmine  lanciato dal cielo, oppure via satellite dai giudici di Master Chef.
Tra una chiacchiera e l'altra la paella ha ceduto il posto al semifreddo di mandorle con crema calda di cioccolata (made by Concetta) che ha concluso il menu in grande stile; è stato a quel punto che la Piraccini indicando la televisione in zona salotto ha chiesto:"Ma quello che programma è?"
La tv, ancora accesa per motivi che al momento mi sfuggono, era sintonizzata sul canale Cielo e mostrava la scena di due che, nonostante fossero avvolti dalla penombra, stavano assolutamente e inequivocabilmente facendo sesso. Con tanto di chiappe al vento e via di seguito.
La mia prima reazione è stata di feroce e sacrosanta indignazione: sì perché quando a suo tempo trasmisero la sesta serie di Buffy l'ammazza vampiri su Italia 1, nonostante l'orario fosse il medesimo (le 23.30), le puntate venivano sforbiciate con lo stesso entusiasmo di Edward Mani di Forbice che pota le siepi, tutto allo scopo di rimuovere le peccaminosissime scene di sesso, scene in cui, anche a guardare con la lente, non si vedeva nemmeno un seno. E qui invece mi trovavo di fronte a una trasmissione che, con la scusa della terapia sessuale, mostrava molto di più e in maniera ben più gratuita. Allora mi chiedo: Dov'erano i mille comitati per la tutela della morale e degli occhi innocenti dei pargoli (che evidentemente vivono la vida loca fino a oltre mezzanotte) quando hanno approvato questo programma? Dormivano? E se dormivano, perché invece ardevano del sacro fuoco della censura quando il povero Buffy era sotto i riflettori? Ci sono scene intere che sono diventate comprensibili solo dopo aver visto la versione originale.
Ovviamente la mia indignazione non è stata sostenuta dalle altre commensali, che suppongo non abbiano apprezzato la serie quanto me, comunque l'assurdità delle scene è stata ampiamente commentata, nel senso che non c'è niente di sbagliato nel fare un programma serio che analizzi le difficoltà sessuali che le coppie incontrano, cercando di offrire informazioni e consigli, non vedo però l'utilità di far vedere dal vivo i due che mettono in pratica i consigli ricevuti, l'effetto è molto Grande Fratello in notturna.
Siamo rimaste sedute a chiacchierare fino a tardi, sapendo che la Clodia doveva aspettare le 3 di notte per andare a prendere suo nipote in uscita sabatoserale; quando, una alla volta, ci siamo congedate, ho salutato la padrona di casa raccomandandole di fare molta attenzione, questi tombini infingardi spuntano come funghi intorno a noi.
Giro la raccomandazione anche a voi, ovviamente siete liberi di fare come vi pare ma poi se vi trovate catapultati in un'altra dimensione popolata solo di calamari giganti viola con due bottiglie di cocacola non venite a lamentarvi con me.

martedì 18 giugno 2013

Gli dei sorridono sulla Notturna di San Giovanni, io meno.

Questo è un post assolutamente e innegabilmente sportivo, una novità per il mio blog dove siffatto argomento non è molto comune. A volte però succede l'inaspettato, come ad esempio che io decida di partecipare a una corsa. Mi riferisco alla celeberrima (perlomeno dalle mie parti) Notturna di San Giovanni, evento che si tiene in quel di Cesena da tempi immemorabili (nel senso che io non ho idea di quando sia iniziato).
La data dell'evento è quantomeno curiosa se si pensa che il giorno di San Giovanni, santo patrono della città, è il 24 giugno, mentre la Notturna si tiene il sabato precedente; però, a ben pensarci, con la fiumana di gente che cala sul centro cittadino il giorno del patrono, l'unica possibilità per i corridori sarebbe dotarsi di scimitarra e farsi largo menando fendenti e non oso immaginare poi la spesa per lavare via tutto il sangue dal porfido.
Per amor di precisione ci tengo a specificare che non ho partecipato alla temutissima corsa competitiva, quella a cui prendono parte cyborg, alieni in sembianze umane e tutta una gamma di Terminator di nuova generazione che a guardali sembrerebbero proprio persone, bensì alla camminata non competitiva da 10 e rotti chilometri. Inizialmente ero un po' dubbiosa ma, avendo comprovato nelle ultime settimane che riuscivo a correre 10-11 km senza infarti, ingenuamente mi sono detta che si poteva fare, senza minimamente considerare che io vivo sì a Zezena, ma trovomi nella parte piatta, quella lato mare, mentre la corsa ovviamente si infilava su per la collina. NON è la stessa cosa.
Alle ore 18.30 la Checca è passata a prendermi e, caricato in macchina il mio zaino invicta delle superiori (noi ormai si va verso il vintage) con i vestiti di ricambio, siamo partite verso il centro. Ovviamente fino a due minuti prima del suo arrivo io giravo per casa agitando le estremità come una bambina al suo primo giorno di scuola (devo portarmi un fazzoletto? Mi metto gli occhiali da sole? Il cappellino servirà?)
La corsa iniziava alle 20 ma già alle 18.50 Piazza Almerici straripava di podisti, umani e non; facendoci largo tra la folla abbiamo raggiunto lo stand dell'associazione Simone Grassi e individuato immediatamente Davide e gli altri ragazzi volontari che si occupavano dell'iscrizione. Poco a poco sono arrivati amici e parenti, tra cui Riccardo, anche lui votato alla 10 km, gli antenati, questa volta in veste di pubblico, e il clan Farnedi che optava invece per la camminata breve. A fare la competitiva con la Checca c'era anche l'Enrica che incontravo per la prima volta extra-facebook, in carne e ossa; ho anche scoperto che lei e Paolo sono lettori di questo blog e devo ammettere che è una gran soddisfazione quando qualcuno mi dice che si fa due risate leggendo quello che scrivo. Paolo mi ha anche stupito dicendomi che mi immaginava più piccola ed è stato buffo pensare che, pur con i miei piedoni, scrivo petite.
Tra una chiacchiera e una foto, l'ora della partenza era ormai giunta e io mi guardavo intorno alla ricerca della Claudia (da non confondere con la Clodia), l'unica del parentado oltre a me e Riccardo a correre la 10 km senza il turbo. Niente da fare, siamo partiti noi due soletti in un fiume multicolore lungo la strada che va verso
il teatro Bonci e che non ho idea di come si chiami (in fondo vivo qui solo da quando sono nata).
A questo punto è iniziato il dramma, la tragedia che potrei riassumere in una sola parola: falsopiano. Mi avevano avvertito che c'erano da affrontare due salite molto ripide, raccomandandosi di non correre su per la salita (non mi aveva neanche sfiorato il pensiero), però nessuno mi aveva avvertito che il percorso che collegava le due massacranti salite non era pianeggiante, era, come mi ha specificato DOPO mia sorella, un falsopiano. Falso...intendo il piano, perché se lo fai in macchina sarà anche piano, ma se la strada la fai di corsa è una di quelle salitine bastarde, lievi e costanti che nessuno ha il coraggio di chiamarle col loro nome rischiando di farsi dare del pappamolla, allora hanno inventato sta parola falsopiano che te lo dice già da sola che ti stanno prendendo in giro. Fatto sta che, dopo qualche chilometro di falsopiano e maledizioni lanciate a indirizzo ignoti, siamo arrivati alla salita annunciata, una semi-mulattiera che a guardarla la prima cosa che pensi è dov'è Heidi? e poi ti guardi intorno cercando la seggiovia. Quando alla fine realizzi che ti devi inerpicare con le tue gambine, lì hai il primo tracollo psicologico ma tieni duro, almeno fino a tre quarti della salita quando quell'unico neurone che ancora funziona ti fa tornare in mente Marco Masini che canta perché lo fai disperata ragazza? e quello ti dà il colpo di grazia.
Ho liberato il povero Riccardo, che correva praticamente sul posto pur di mantenere il mio passo, e mi sono fermata un paio di minuti a prendere fiato.
E, misteriosamente, da quel momento in poi le cose hanno preso tutta un'altra piega: tornata padrona del mio destino mi sono avviata decisa su per la salita, anche se con un'aria non proprio pimpante. Proprio in quel momento gli dei mi hanno mandato un segno tangibile della loro approvazione: è arrivata una macchina su per la strada e mi ha costretto a fermarmi per almeno un minuto in attesa che passasse (una sofferenza atroce); mentre lamentavo a gran voce questo contrattempo che mi obbligava all'immobilità una ragazzina, ridendo, mi ha offerto le ciliegie del suo albero, ciliegie che ho accettato con gioia, calcolando nel frattempo che il coglierne anche solo una mi avrebbe concesso un altro meraviglioso minuto di riposo. Insomma, il cielo ha approvato senza se e senza ma.
Avevo ormai percorso quasi tre quarti del tragitto quando mi sono sentita chiamare per nome e voltandomi indietro ho visto uno sconosciuto che correva verso di me e indossava una maglia gialla fosforescente, di fianco a lui c'era....la Claudia! Era partita in ritardo e questo sant'uomo (che aveva già concluso la gara) l'aveva aiutata a raggiungermi. Da quel momento in avanti il nostro motivatore ci ha accompagnato per il resto del percorso, incoraggiandoci e spronandoci costantemente (rilassa le braccia che altrimenti domani ti fanno male! va più piano che ti stanchi!). Io dal canto mio ne dicevo di ogni, cosa volete, ognuno reagisce a modo suo. Verso la fine del tragitto, mentre si guadagnava la seconda maledetta salita, abbiamo incorporato nel gruppo un misterioso uomo in azzurro e, una volta usciti incolumi dalla discesa sull'acciottolato davanti all'anagrafe abbiamo tagliato gloriosamente il traguardo. Quando però ci siamo voltati per ringraziare il nostro leader, di questi non v'era più traccia. Dileguossi.
Non ero ancora ferma del tutto che già un omino mi cazziava perché non avevo il dannatissimo tagliandino da
riconsegnare per avere in cambio un altro tagliandino con cui andare a ritirare il pacco regalo. Il lasciapassare A38 non muore mai.
Alla fine della trafila, sto benedetto pacco regalo conteneva mezzo chilo di pasta (che fa sempre comodo), quattro biglietti omaggio per l'ippodromo (l'unica volta che sono andata alle corse facevo le superiori) e una maglietta, termine assolutamente inefficace per descrivere il lenzuolo che mi sono ritrovata tra le mani. Essendo tra gli ultimi a tagliare il traguardo, erano rimaste solo una marea di XL. L'obesità sarà in aumento in Italia ma evidentemente non lo è tra i corridori, neanche quelli della domenica.
Per finire l'avventura secondo il vero stile podista, io e la Checca ci siamo cambiate nel parcheggio vicino alla macchina e, ovviamente, proprio in quel momento ci sono passate di fianco almeno tre auto mentre, in equilibrio su una gamba sola, tentavo di infilarmi i pantaloni senza cadere. Da podista che si rispetti non mi sono lanciata di traverso sui sedili di dietro, me ne sono rimasta lì in mutande, evidentemente su per quelle salite oltre a un polmone avevo perso anche la vergogna.

mercoledì 12 giugno 2013

Ibiza sempre a spizzichi e a bocconi - parte 3

Riprendiamo la sintesi delle vacanze da dove avevamo interrotto; ci tengo a precisare che, comunque vadano le cose, questo sarà l'ultimo post sulla vacanza, ce ne sono altri che premono per essere scritti.

5) Bar - poco a poco abbiamo trovato dei bar dove, come da spagnola consuetudine, facevano anche da mangiare e ce ne siamo serviti con entusiasmo provando un po' di tutto, dalle zuppe coi legumi alle alici marinate, fino alle mie adorate albóndigas (le polpette, preparate in cento modi diversi). Unica perplessità, la paella che ci hanno servito con sopra un pezzo di granchio gigante; era buonissima ma quei robi là in cima sembravano le dita di Alien
Un amichevole avvertimento: la salsa alioli è buonissima, soprattutto se fatta in casa, però è anche molto fedele, dopo averla mangiata quel retrogusto di aglio rimane con voi per tutto il giorno (e anche la notte). Lettore avvisato... 
Consiglio anche i panini imbottiti, li sanno fare con maestria in molti posti, particolarmente valido quello con prosciutto cotto, brie e peperoni verdi grigliati.
Tornando alle nostre avventure, quella mattina in centro a Ibiza, dopo aver spazzato via la famosa paella Alien alla trattoria Can Costa,  Rico ha chiesto:"Avete il caffè?" Risposta del proprietario: "Non lavoro mica in un bar!"

6) Siamo andati al cinema varie volte, vedendo almeno in un caso una boiata pazzesca (The Host), con il preciso intento di fare esercizio con lo spagnolo e abbiamo avuto la bella sorpresa di trovare a San Antoni un cinema vecchio stile, con tanto di sipario che si apre a inizio proiezione e un'atmosfera che quei casermoni dei cinema moderni se la sognano. Ammetto però che gli zombie che parlano spagnolo mi fanno uno strano effetto. Per vivere appieno l'esperienza del cinema abbiamo comprato le golosinas, le loverie da cinema. Ho sempre preso anche un generoso bicchiere di pop corn (anche solo per il gusto di dire la parola palomitas), però quello dovevamo finirlo tutto prima dell'inizio del film altrimenti, con tutto quello scrocchiare si rischiava di non capire una mazza.

7) L'ultima settimana abbiamo deciso di trasferirci in un altro appartamento più vicino al centro di Ibiza e questa volta la sorte non ci è stata molto amica; avevamo comunque una bella vista mare ma l'appartamento disponeva di cucina come quella della casa di Barbie, era per bellezza più che da usare. Ce ne siamo accorti la mattina al momento della colazione quando, volendo far bollire l'acqua per il tè abbiamo cercato un bricco ma, non trovando altro, ci è toccato usare la pentola per la pasta, quella da cinque litri. Le bustine del tè han fatto una regata.
Nonostante l'appartamento non fosse il massimo, la compagnia era però di alto livello: birri nerboruti e tatuati infestavano la zona piscina, mettendo in mostra i muscoli e sedendo in pose plastiche, ci mancava solo che facessero la ruota. Mi piacerebbe poter abbattere il vecchio stereotipo del tizio muscoloso senza cervello, però ammetto che la realtà non sempre aiuta. Proprio in quei giorni mi è capitato sotto gli occhi uno di questi campioni, il quale è arrivato in piscina in costume e ciabatte e, sedendosi sul bordo, ha messo a mollo le gambe senza farsi previamente la doccia, come richiesto da regolamento. Zonzo! - penserete voi. E invece quest'uomo è andato ben oltre il semplice concetto del lurido zotico che non si lava prima di entrare in zona comune: quando si è calato nelle celesti acque della piscina, i suoi delicati piedini calzavano ancora le ciabatte! Gli ha dato una bella sciacquatina, poi si è alzato e ha iniziato a fare flessioni, addominali e tutto il repertorio Rocky. 

8) Concludiamo con un sondaggio.
Sento spesso dire che un'immagine vale mille parole; per testare questa ipotesi vi chiedo cortesemente di osservare la foto dei cartelli posti a lato dell'ascensore in quel simpaticissimo albergo. Vorrei che vi concentraste sull'immagine in alto a destra, da me ribattezzata l'uomo barrato. La domanda su cui ci siamo arrovellati per giorni è la seguente: che vol dì? 
Ovviamente in una settimana di permanenza di ipotesi ne sono nate molte, però sono generosa e ve ne elenco solo qualcuna, fatemi sapere per cosa votate:
1) vietato l'ingresso agli uomini senza un braccio,
3) chi fa casino la sera ci seghiamo un braccio.
4) chi entra nell'ascensore verrà usato come valletto nel numero che chiude lo spettacolo di animazione serale del mago Chorizo in cui sega a metà una bara con cavia umana dentro.




giovedì 6 giugno 2013

Ibiza a spizzichi e bocconi - parte 1

Riprendiamo il discorso vacanze da dove l'avevamo lasciato (per chi volesse leggere il primo vero post sull'argomento: Si va là dove nessuno sano di mente andrebbe): ci troviamo in quel di Ibiza all'inizio di maggio.

Ci tengo a precisare che in quelle tre settimane mi sono divertita assai, lo dico adesso perché, dopo quello che leggerete qui sotto, sarete portati a dubitarne ma mi appello all'ormai logoro i gusti sono gusti.


1) Il Viaggio - l'unica cosa degna di nota del viaggio in aereo è il fatto che siamo partiti in ritardo; sentendo la
voce che annunciava il ritardo, il sentimento più diffuso è stato il sollievo perché, almeno per questa volta, ci saremmo risparmiati di sentire l'immancabile trombetta della ryanair che suona allegramente scassandoti gli zebedei dopo ogni atterraggio, suppongo per festeggiare  il fatto di non esserci sfracellati tutti.

2) L'Alloggio - devo ammettere che abbiamo avuto un colpo fortuna di proporzioni cosmiche: quando siamo arrivati, l'appartamento che volevano assegnarci non era ancora stato pulito, quindi ce ne hanno dato uno di categoria superiore, con una vista meravigliosa sul mare al tramonto e, cosa più importante, con una cucina fornita di tutto e di più, dal bollitore al tostapane, dal microonde al forno tradizionale. E tra le posate c'erano pure dei coltelli che tagliavano, roba da svenire.
Tra i contro di questi posti c'è il fatto che hanno la malsana abitudine di volere fare le pulizie tutti i giorni, senza considerare minimamente che tu sei in ferie e vorresti dormire fino a tardi, quindi ti trovi nella posizione assurda di doverti scusare con la signora delle pulizie che non può pulire perché sono le dieci e tu sei ancora in pigiama intenta a fare colazione. Sembra di essere tornati alle superiori quando facevi tardi il sabato sera e la domenica mattina ti beccavi l'inevitabile ramanzina.
E poi viene anche da chiedersi: ma c'è proprio tutta sta necessità di pulire ogni giorno? Quanto pensano che potremo sporcare in 24 ore, cosa siamo Pig Pen?
3) I Dintorni - il nostro residence trovavasi fuori San Antoni, una zona che potremmo definire, con un eufemismo, brutta come un colpo.
L'area brulicava di turisti inglesi e nordeuropei, cosa che abbiamo intuito facilmente quando al bar, ordinando una caña (generalmente un bicchiere di birra grande come un nostro bicchiere di vino da osteria) ci hanno portato l'equivalente di una birra da 33 cl. 
Quando poi andavi a fare una passeggiata sul lungomare, ti imbattevi regolarmente nel nordico e incauto turista addormentatosi sotto il sole senza protezione, parevano tutti dei biscotti Ringo, però con la fragola al posto del cioccolato.

4) Trasporti - ci siamo avvalsi sempre del trasporto pubblico che ci ha portato ovunque senza grossi problemi, l'unica pecca era che non si riusciva a capire il sistema da seguire: in alcuni casi pagavi sul bus, in altri invece dovevi andare in biglietteria e, ovviamente, le prime volte l'abbiamo scoperto (insieme a tanti altri compagni di sventura) solo dopo aver passato mezz'ora in fila indiana in attesa del bus. Volavano talmente tante madonne che serviva un controllore di volo.
La cosa bella è che, non so se per merito degli isolani o di tutti quei turisti nordici, la fila era sempre rispettata, salvo da qualche baluba, ovviamente italiano che cercava di passare avanti. Una volta due facce di bronzo paurose hanno tentato di saltarsi almeno venti persone, noi inclusi; a quel punto mi sono girata verso Enrico e, fingendo di non aver capito che erano italiane, sono sbottata "Se ste due provano a passarmi davanti non ho nessun problema a dirgliene quattro". Le due tizie hanno saggiamente deciso di desistere.


Per il momento è tutto, mi congedo con un ultimo dettaglio: avendo il forno in appartamento non siamo riusciti a resistere alla tentazione di farci la pizza e devo dire che, pur privi di strumenti di misurazione e facendo quindi le dosi un po' alla boia, siamo riusciti a produrre una pizza che, non avrebbe vinto alcun concorso, ma faceva  comunque il suo dovere e la farcitura a base di fuet (salame catalano) e olive nere si faceva voler bene.

Il resto alla prossima puntata. ¡Hasta pronto!