domenica 29 marzo 2015

Se ti prendono a schiaffi è colpa della saliera

Il lunedì sera alla Vigna c'è sempre qualcuno che suona; nel lunedi in questione io e Farnedi eravamo lì per sentire il concerto di Honkeyfinger.
Appena arrivati c'è stata la solita trafila per trovare la tessera  Arci, in questo caso dal mio portafogli è saltata addirittura fuori la tessera 2014, prontamente cestinata.
Al bar abbiamo chiesto quali bibite avevano e sentedo che c'era l'Ubuntu l'abbiamo ordinata per entrambi, tutto sotto lo sguardo incredulo della barista la quale non poteva capacitarsi che qualcuno conoscesse il marchio (evidentemente non aveva mai letto il mio post Maglie zebrate e pozioni vudù: incursione nell'Ubuntu mondo)
A introdurre Honkeyfinger c'era un apposito gruppo spalla; quando hanno iniziato a suonare è stato come se dei tizi si fossero avvicinati senza preavviso e mi avessero preso a ceffoni, c'era un volume che a parole non si arriva a descrivere: un volume da stadio in una zona grande quanto un salotto.
A un certo punto il chitarrista ha chiesto che gli alzassero la voce perché non la sentiva; purtroppo, il pensiero di abbassare tutti gli altri strumenti non l'ha nemmeno sfiorato. Intanto le nostre orecchie sanguinavano.
Assolutamente inspiegabile come questi soggetti potessero non accorgersi che noi del pubblico stavamo morendo, le nostre facce parlavano sa sole (principalmente credo fossero madonne).
La spiegazione ha tardato un po' a palesarsi ma alla fine, osservando attentamente il cantante, ho notato che quel poverino aveva l'anulare infilato in un cilindro trasparente, evidentemente durante la cena gli era rimasto incastrato il dito in una saliera e la pressione sanguigna comprimeva qualche nervo importante rendendolo temporaneamente inabile al pensiero razionale. Un peccato. Per noi.
Quando finalmente è arrivato il momento di Honkeyfinger, i volumi sono diventati molto più umani e a un certo punto (ci sono testimoni) il chitarrista si è girato e ha abbassato il volume.
"Quando un chitarrista abbassa il volume, lassù in cielo due angeli si abbracciamo" (l'ha detto Farnedi).
A circa metà concerto è iniziato un momento psichedelico, ed è in momenti come questo che ti rendi conto che non sei abbastanza drogata per apprezzare appieno la performance; in situationi del genere dovresti avere delle visioni, rincorrere ectoplasmi o vederti in triplice copia, invece io mi ritrovavo a pensare che dovevo restituire i libri della biblioteca entro l'indomani, pena cazziatone della bibliotecaria.
Evidentemente la psichedelia non è per tutti.


P.S. Questo articolo è stato scritto per la mia rubrica L'angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Express

venerdì 20 marzo 2015

E non avevamo nemmeno iniziato...

Come mi è già capitato di osservare, ci sono casi in cui quando vai a lavorare è il lavoro la parte meno problematica.
In questo caso ero arrivata in orario (ore 8.30) e senza grossi problemi; Ilaria, la mia collega era già in postazione e tutto sembrava perfetto, poi ho deciso di andare in bagno e apriti cielo.
Nessuna di noi due aveva idea di dove fosse la toilette ma quanto può essere difficile trovare il bagno in un edificio pubblico? Siamo partite con totale fiducia nei nostri mezzi e nella cartellonistica ma non è durata a lungo: i super esperti che avevano scelto i cartelli erano di quelli che non si può usare il simbolo standard per il bagno, che cosa plebea! Quindi già capire quale fosse l'indicazione giusta ha richiesto un po' di tempo, poi abbiamo attraversato cortili interni, salito scale, sceso scale e alla fine siamo arrivate davanti a una porta, chiusa.
Il bagno era dentro un'aula che, secondo quanto ci hanno detto gli studenti seduti vicino alla porta, sarebbe rimasta chiusa fino all'inizio della lezione, ore 9. Peccato che fossero le 8.40.
Ora, era ovvio che c'erano altri bagni lì dentro ma, considerata l'odissea che avevamo appena affrontato, il solo pensiero di ricominciare da capo (da dove poi?) mi faceva digrignare i denti.
Evidentemente la mia faccia esprimeva perfettamente la mia frustrazione perchè dal gruppo di studenti in attesa della lezione è emersa una giovane compassionevole che ci ha guidato verso un secondo bagno attraversando un vero e proprio labirinto fatto di aule, biblioteche, di nuovo cortili interni e così via. Il mio regno per un gomitolo!
Una volta raggiunta l'agognata porta e ringraziata la nostra Virgilia 2.0, siamo entrate ognuna nel suo cubicolo ma nel mio c'è stato qualche intoppo: non c'era la chiave (evidentemente per i gestori dello stabile gli studenti universitari sono come i bambini, sanno chiudere la porta ma non come riaprirla) e qualche addetto alla pulizia un po' troppo zelante aveva riempito troppo il portarotolo della carta igienica, era impossibile farlo girare quindi carta, ciccia.
Una volta superate queste prove da Candid Camera mi sono ritrovata all'uscita del bagno, da sola. Chi mi conosce sa che io e l'orientamento non abitiamo sullo stesso pianeta ma a mia parziale discolpa vi posso assicurare che questo posto sembrava Hogwarts nei suoi momenti più folli, ci mancavano solo i ritratti parlanti.
Per parecchi minuti sono rimbalzata da una parte all'altra dell'edificio come una pallina del flipper, poi quasi per caso (togliamo il quasi) ho imboccato la strada giusta e trovato la sala della conferenza.
Erano sul punto di iniziare quindi mi sono messa le cuffie per tradurre e la moderatrice è partita con una breve presentazione dell'incontro che ha concluso scusandosi in anticipo per la traduzione.
Ma se non abbiamo ancora fatto un'ostia?!! Non c'è più la presunzione di innocenza?!
Solo quando la moderatrice ha ripetuto la presentazione in inglese abbiamo capito che si scusava per la SUA traduzione.


mercoledì 11 marzo 2015

Sono le tre di notte...Auguri Alberta!

Sono le tre di notte quando finalmente io, Rico e Alex Monogawa chiudiamo la porta della Vecchia Stazione e andiamo verso le macchine, con l'andatura tipica dello zombie. Onestamente non so come riusciamo ancora a tenerci in piedi, sarà che fortunatamente l'adrenalina è ancora in circolo, speriamo lo rimanga per il tempo che serve ad arrivare a casa.

Per tornare invece alla cronaca della serata, inizierei col dire che, essendo la prima volta che Farnedi era accompagnato da una decina di musicisti, tra band e ospiti, la logistica è stata un po' un delirio (e non fatemi ripensare alla via crucis del panno nero, vedi Il panno nero, se lo conosci lo eviti).
Siamo arrivate (io e la Piraccini che per l'occasione sfoggiava un paio di scarpe taccatissime) in loco cariche di bottiglie d'acqua, lattine di coca e birra per rifocillare la truppa e, dopo aver salutato un po' tutti, ci siamo sistemate nelle nostre postazioni di lavoro.
La suddivisione dei compiti mi aveva assegnato la vendita di cd e magliette, un compito per cui sono assolutamente portata, come dimostra il seguente dialogo:
Lei - Ciao, questo è il cd nuovo?
Io - Sì
Lei - E quello invece?
Io - Quello è il suo primo CD.
Lei - Quale mi consigli? Io non le canzoni non le conosco...
(si noti come qui entrano in gioco le mie grandi capacità di vendita)
Io - Se fossi in te io prima di comprare un CD aspetterei di ascoltare il concerto, dopo decidi quale dei due prendere.
Lei - E queste compilation?
Io - In ognuna c'è un pezzo di Enrico, però quei pezzi puoi trovarli anche nei due cd che ti dicevo.

Se fossi una venditrice pagata a commissione sarei morta di fame da un pezzo.


Il concerto è iniziato da lì a poco con un'entrata stilosissima di Farnedi con giacca di paillettes viola ed è poi proseguito per un'ora e mezza senza interruzione; io me lo sono visto tutto seduta sul mio sgabello e circondata da tanti amici e anche da un termosifone rovente che pensavo mi avrebbe trasformato a breve in una mummia.
Ci sarebbero tante cose di cui parlare ma la logorrea è in agguato, quindi mi limito a dire che si è creata un'atmosfera bellissima e particolare, la sensazione di assistere a un evento davvero speciale, reso speciale non tanto o non solo dalle canzoni, dai musicisti e da Farnedi, ma soprattutto da tutti quelli che erano lì, dal loro entusiasmo, dalla voglia di ascoltare e perché no, anche di cantare.
I cori che ho sentito su Lena, Quanto piangere e Corso Sozzi avrebbero commosso una pietra.
Di tanto in tanto mi guardavo intorno e osservavo le persone, le loro facce sorridenti, pensando che un pezzettino di quei sorrisi era anche merito mio. Sono pensieri che fanno bene.

Concludo con un wow, una serata così proprio non me l'aspettavo. E non mi sto riferendo
semplicemente al fatto che sono venute talmente tante persone che a un certo punto alla cassa hanno dovuto attaccare alla porta il cartello che vedete nella foto (son soddisfazioni); lo stupore e la gratitudine sono per tutti gli amici che sono venuti da lontano, sciroppandosi ore di macchina e di treno, quelli che si sono organizzati in modo da esserci nonostante tutto e tutti, quelli che non essendoci più sedie sono rimasti in piedi, sfidando il caldo tropicale, insomma quelli che ci hanno fatto capire, in un modo o nell'altro, che volevano davvero esserci.  Grazie.



mercoledì 4 marzo 2015

Il panno nero, se lo conosci lo eviti.

Consiglio: per poter apprezzare appieno questo post è necessario aver prima letto Tenere botta e Auguri Alberta


Alle 5 di sabato 28 febbraio io e Farnedi eravamo seduti al tavolo della cucina davanti a una tazza di camomilla e un pacco di biscotti; la cosa in sé non è poi così sorprendente se è uno di quei giorni in cui avete il cervello talmente sovraccarico che, appena riprende coscienza anche solo per un attimo, parte in quarta e inizia ad arrovellarsi sulle cose da fare, le persone da contattare, i problemi da risolvere. In queste condizioni, dormire è proprio fuori questione.
Inizialmente avevo proposto a Rico di fare due passi prima di pranzo per rilassarci un po' ma, con tutto quello che c'era da fare, l'ora di pranzo è arrivata e passata senza che avessimo il tempo di mangiare e alle 14.30 ho salutato Farnedi che con la macchina stracarica di strumenti partiva digiuno verso la Vecchia Stazione.
Mentre mangiavo qualcosa al volo e controllavo la pagina di Auguri Alberta per assicurarmi che non ci fossero messaggi o richieste di informazioni, mi è arrivato un messaggio dalla Piraccini:
MAURO DICE DI AVERE PROBABILMENTE LASCIATO UN PANNO NERO DI SOTTO. SE GLIELO PORTI CHE GLI SERVE PER SUONARE.
Smadonnando profusamente sono scesa in cantina, dove i musici ieri avevano provato tutto il giorno, e mi sono guardata intorno ma di panni neri neppure l'ombra. Ho notato un fagotto scuro dentro la grancassa e, essendo Mauro il batterista, mi è venuto il dubbio che intendesse quello; dato che il cellulare in cantina non prende, sono risalita fino al salotto (due piani sopra) e ho risposto che qua da me, di teli neri, neanche l'ombra, però c'era un robo scuro dentro la grancassa.
Tempo dieci minuti è arrivato un secondo sms:
DOVREBBE ESSERE RIPIEGATO IN ZONA BATTERIA, CREDO SIA QUELLO.
Ok, allora sono scesa di nuovo di sotto e ho tentato di togliere il telo dalla grancassa. Peccato che il buco della grancassa non sia molto grande e il fagotto in questione non fosse un semplice telo ma una corposa giacca di velluto. Dopo l'ennesima profusione di madonne sono finalmente riuscita a estrarre il dannato robo.
Ho rifatto i due piani di scale e comunicato che trattavasi non di telo, bensì di giacca.
Nuovo sms.
MAURO DICE CHE È UN PANNO PIEGATO IN ZONA BATTERIA O NEL MOBILETTO ALL'ENTRATA...O IN MACCHINA DA LUI. IO SONO INNOCENTE STRUMENTO DI QUESTO DELIRIO.
Il primo pensiero è stato ma non poteva dirmelo prima che sto maledetto straccio poteva essere nel mobiletto dell'ingresso? Poi il cervello è entrato a pieno regime: nella sua macchina? Prima di farmi fare le scale millemila volte non si è scomodato a controllare se l'aveva semplicemente lasciato in macchina?! Lo ammazzo!
Alla fine, più per scrupolo che per altro sono scesa a controllare il mobile dell'ingresso che naturalmente conteneva di tutto ma panni neri, ciccia.
Onde risparmiare alla Piraccini l'ingrato compito di mediare tra me e Gazzoni, tornata di sopra ho mandato un sms direttamente a Farnedi che supponevo essere nei dintorni di Mauro.
UNICO TESSUTO NERO VICINO A BATTERIA È STUPIDA GIACCA DENTRO GRANCASSA, NELL'INGRESSO NON C'È NULLA.
In risposta ho ricevuto un sms non da Rico ma ancora dalla Piraccini.
CE L'AVEVA IN MACCHINA...A DOPO

Avevo già la schiuma alla bocca e non ero ancora neppure a Forlì. La serata si preannunciava interessante.
Continua...



P.S. Questo articolo è stato scritto per la mia rubrica L'angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Express