sabato 17 agosto 2013

Lo Spritz e il nuovo protocollo operatorio

Come spesso accade, la mia fonte d'spirazione per questo post è il numero 29 di Grazia, arrivato dritto dritto da casa degli antenati.
La mia attenzione si concentra sul pezzo a pag 66, potrebbe essere un'intervista a una topolona notata da un talent scout mentre cantava al compleanno della nonna e ora divenuta una superstar in Madagascar, oppure un servizio su due fratelli gemelli che, dopo essere stati rapiti dagli ufo, si scoprono dei superpoteri e decidono di emigrare a Parigi perché sulla Torre Eiffel i segnali alieni si ricevono meglio, la realtà è invece molto più banale: trattasi dell'ennesima inchiesta, Avete un corpo da spiaggia? seguita da una caterva di informazioni su come rifarsi tutto il possibile, dalla brachioplastica al lifting del sopracciglio, passando per la liposuzione al seno per gli uomini pettoruti, tutto ovviamente senza menzionare il numero di organi interni che vi dovreste vendere onde finanziare questa Grande Opera.
L'articolo in sé non è degno di particolare nota, quello che mi ha fatto alzare il sopracciglio (senza bisturi, per il momento) è la foto che lo accompagna e che trovate qui sotto.
A una prima distratta occhiata potrebbe sembrare tutto normale, una specie di sala operatoria, la paziente stesa e un'infermiera al lavoro; poi però guardando meglio cominci a farti delle domande, ad esempio:
1) perché la tipa stesa sembra essere su un lettino ginecologico, con quelle gambe là per aria? Che debba fare la Gigia-plastica?
2) cosa sono quella specie di stivali-calze di domopack? E perché la paziente indossa un reggicalze? E' il nuovo protocollo operatorio?
E non abbiamo ancora detto niente dell'infermiera, la quale indossa un vestitino trasparente e, in ossequio al rigido criterio della sterilità totale degli ambienti operatori, si è messa una minuscola fascetta bianca in testa e dei guantini alla Michael Jackson, sentendosi quindi libera di alitare in faccia alla malcapitata mentre tenta di soffocarla con una maschera di plastica trasparente il cui utilizzo non fa che creare nuovi interrogativi, tra cui quale fosse il vero articolo per cui la foto è stata scattata: le fantasie erotiche dell'italiano medio? Il role-play nelle coppie lesbiche?
Il principe dei dubbi resta però un altro: ma quanti bicchieri di Spritz si era bevuto quello che ha scelto questa foto a corredo dell'articolo?

giovedì 8 agosto 2013

Come perdersi in un bicchiere d'acqua

Quando una fa un lavoro come il mio, capita di trovarsi a tradurre in situazioni molto diverse: dal convegno sulle pale meccaniche alla convention sugli UFO; allo stesso modo si incontrano persone di ogni tipo e ci sono momenti (e persone) che ci si augura fortemente di non incontrare mai più anche se, a modo loro, alla fine anche questi figuri hanno qualcosa da dirci.
In questo caso torno con la memoria a un convegno di qualche tempo fa; avevo appena passato il microfono alla mia collega e mi godevo il meritato riposo quando ho assistito alla seguente scena: il relatore del momento, un uomo stagionato e infervoratissimo, parla della necessità di rinnovamento della sua istituzione, rinnovamento che sta già avvenendo grazie a questi giovani che arrivano con abbigliamento spigliato e gel nei capelli (un consiglio: evitate quest'espressione che vi fa sembrare più vecchi delle piramidi) a dare un nuovo impulso alle nostre iniziative.
Tutto preso dal suo discorso, l'uomo gesticola vivacemente, batte un pugno sul podio, tutta roba che alla lunga inevitabilmente secca la gola, quindi gli tocca bere ripetutamente e il povero bicchiere che ha di fianco è presto vuoto. A quel punto, mentre il nostro arringatore di folle continua la sua performance, una signora che fino ad allora se ne era rimasta in disparte in platea (immagino una hostess), sale quei tre gradini che la separano dal podio, prende il bicchiere e lo va a riempire al tavolo dei relatori a un metro da lui, poi torna, glielo appoggia sul podio e si dilegua, lasciando la bottiglia sul tavolo. La cosa mi confonde, se lui si fosse dimenticato di portare seco sul podio la bottiglia (era la mia ipotesi più solida), la tizia accorsa in suo aiuto gliela avrebbe portata insieme al bicchiere, ma riempirgli semplicemente il bicchiere mi pare assurdo, non è mica un bambino piccolo!
Ci penso e ci ripenso ma non ne vengo a capo, perché riempirgli il bicchiere? Una cortesia senza dubbio ma, dovuta a cosa? Quando finalmente ci arrivo, mi do della tonta per non aver capito prima: questo signore deve avere qualche tipo di disabilità che gli impedisce di riempirsi il bicchiere da solo, come ho fatto a non pensarci? Però poi, riflettendoci meglio, questa seconda soluzione non mi convince perché, a giudicare da come l'individuo gesticola, la mobilità degli arti superiori non mi pare ridotta e, se invece avesse problemi alle gambe, gli sarebbe sufficiente appoggiare la bottiglia sul podio di fianco al bicchiere.
Nel frattempo il relatore prosegue il suo discorso con rinnovato vigore e, inevitabilmente, il bicchiere si svuota di nuovo. Ed è a questo punto che la luce della comprensione squarcia la notte del dubbio e dell'incertezza: davanti ai miei occhi increduli, quest'uomo alza il bicchiere verso la hostess e le fa un cenno, come a dire "Qui c'è un bicchiere da riempire!"
Oh, questo pensa di avere la schiava, manca solo che le chieda di fargli vento con una piuma!

A conti fatti direi che la mia seconda ipotesi era giusta: in effetti l'handicap c'è, però non è del tipo che pensavo io.

W la modernità e il rinnovamento di questi giovani spigliati...ma solo fino a un certo punto.