lunedì 29 luglio 2013

Per le Balle di Paglia citofonare Gatto

Cronaca di una domenica diciamo pienotta.
Da programma ci si trovava con un manipolo di amici (noti come gli Stanzonisti) all'ora di pranzo a Casalborsetti per un barbecue, per poi spostarsi la sera a Cotignola per vedere un concerto con Enrico Farnedi e Riccardo Lolli all'Arena delle Balle di Paglia.

Il viaggio è stato sorprendentemente privo di imprevisti e traffico (la domenica mattina sulla riviera romagnola, praticamente un miracolo), quindi abbiamo raggiunto la prima destinazione della giornata in perfetto orario; trattavasi del Bar Lamone a Casalborsetti ove, per la modica cifra di 2,50 euri a cranio, ti mettono a disposizione postazioni, legna e griglie e tu puoi trastullarti per qualche ora carbonizzando della ciccia.
Non so voi ma io associo la parola barbecue all'idea dell'uomo con grembiule e forchettone, quello che assume il comando della situazione con il piglio di chi  affronta belve a mani nude anche quando sta semplicemente grigliando dei wurstel di tacchino, quindi davo per scontato di trovare in loco dei virili maschioni che si sarebbero incaricati di domare le fiamme e nutrire il popolo.
Immaginatevi la delusione quando al nostro arrivo abbiamo scoperto che erano ancora tutti allegramente in spiaggia mentre la nostra postazione barbecue se ne stava lì sola e abbandonata.
Fortunatamente noi si arrivava forniti di un corposo sacchetto di patatine che in quel frangente si sono rivelate molto utili per zittire la fame, essendo che il fuoco era ancora da accendere e quindi aspettare la ciccia era un po' come aspettare Godot.
La situazione l'ha salvata il marito della Carlotta che ha deciso di immolarsi per la causa e ha iniziato con mani esperte a comporre la capannina di legna che poi, poco a poco ha trasformato un un robusto fuoco.
A questo punto lasciatemi dire che chiunque accetti di stare in bocca alle fiamme a sgardellare ciccia quando ci sono trenta gradi  è un eroe assoluto, io mi sono limitata a bucare le salsicce sul fuoco per fare uscire il grasso e già così mi sembrava di essere all'inferno, forse anche a causa dell'unica forchetta disponibile (di plastica) che dovevo usare con estrema attenzione onde evitare che fondesse.
Il resto del tempo l'ho passato a ripetere come un mantra "La prossima volta insalata di patate!"
Ovviamente a fine grigliata odoravo pesantemente di salsiccia ma un bel bagno in mare (grazie Marzia per il bikini) mi ha dato una prima sgrassata, completata poi da una toilette completa grazie alla Valentina che ci ha offerto casa sua e, nello specifico, la sua doccia.
Prima di entrare in casa sua siamo stati avvertiti della presenza del suo gatto che, in quanto felino, forse non avrebbe gradito l'intrusione nei suoi possedimenti (per esperienze simili vedi E un giorno ti svegli e sei il Gatto con gli Stivali); in realtà quel micione rosso che risponde all'azzeccatissimo nome di Gatto, ci ha annusato e leccato persino le dita.
Porto questo dettaglio a ulteriore conferma del fatto che eravamo completamente rivestite di grasso animale, Gatto ha visibilmente apprezzato.
Oltre a darmi asilo, la Valentina mi ha anche generosamente vestito perché, da quel genio che sono, mi ero dimenticato a casa le scarpe e, obiettivamente, i sandali bianchi da spiaggia col calzino nero non potevo proprio metterli, mi avrebbero tolto la cittadinanza.
L'Arena delle Balle di Paglia di Cotignola è stata una vera rivelazione; ci si arriva dopo 15 minuti di cammino nel silenzio dei campi e si attraversano le scenografie più diverse, dalla casa di campagna alla barca in mezzo al fiume, fino ad arrivare all'arena vera e propria, un'enorme spazio verde trasformato in arena da un numero spropositato di balle di paglia, appositamente collocate da un gruppo di eroici volontari.
Il concerto è iniziato di lì a poco e, nonostante la folla, siamo riusciti a trovare balle sufficienti per accomodarci tutti e dieci. Ammetto che per i primi dieci minuti non sono riuscita ad ascoltare davvero, ero troppo distratta dal pensiero di quelle enormi rotoballe artisticamente impilate proprio dietro il palco che immaginavo sarebbero franate da un momento all'altro sugli ignari musicisti, i quali musicisti però non sembravano minimamente turbati dal pensiero di quella bionda montagna che incombeva su di loro. Si vede proprio che siamo diversi.

La serata era dedicata all'etichetta Brutture Moderne e a tutti i suoi artisti, il nostro gruppo però si trovava lì per due motivi ben precisi: volevamo sentire il concerto di Farnedi e anche la performance di Riccardo Lolli che avrebbe cantato un brano scritto da Eloisa Atti, Scilla e Cariddi, una delle dieci canzoni dedicate al mito di Ulisse e riunite nel cd Penelope.
Dopo una prima performance prettamente strumentale su musiche di Francesco Giampaoli, siamo passati a Eloisa Atti e al suo Penelope: ironico, tragico, malinconico, hai l'impressione che ti trasporti in mille direzioni diverse ma poi torni sempre a casa. E, finalmente, è arrivato il momento di Riccardo Lolli e di Scilla e Cariddi.
Protagonista della canzone è un babbo nelle cui figlie si sono reincarnati i due mostri mitologici del titolo e, cosa volete che vi dica, a me è piaciuta un sacco; mi è piaciuta anche molto l'interpretazione di Lolli che navigava tranquillo in quel mare di note facendolo sembrare semplice (bambini, non provate a farlo a casa).
Cameo coristico di Giulio, figlio di Lolli, e Giulia, figlia del chitarrista Marco Bovi.

A chiudere la serata di Brutture Moderne ci ha pensato Farnedi con un suo mini concerto; in questo caso vorrei concentrarmi su quell'ultimo pezzo, Quanto piangere, che ha riunito sul palco tutti i protagonisti della serata. Non so bene come spiegare questa cosa ma, le emozioni che mi ha dato quel la canzone mi hanno colto totalmente di sorpresa; avendola sentita uno stramilione di volte, non me l'aspettavo e la cosa mi ha dato da pensare . La canzone era sempre la stessa, col suo velo di malinconia, quindi cosa c'era stato di diverso?
A corrermi in soccorso è stata la tecnologia di Riccardo Lolli, il quale ha video-documentato tutta la serata. Se osservate il video di quest'ultima canzone vedrete che tutte le persone che stanno suonando di tanto in tanto si guardano, sorridono, c'è della felicità nell'aria e, secondo me, sono stati proprio quella felicità e quell'entusiasmo che i musicisti sul palco sono riusciti a trasmettere anche a noi che eravamo dall'altra parte del fossato.
La felicità evidentemente è contagiosa, come la varicella ma senza le crosticine.





P.SQuesto articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press

lunedì 15 luglio 2013

A volte in spiaggia si rischia la pelle

A volte capita di fare un viaggio quando meno te lo aspetti; sei lì che fai colazione sfogliando Grazia per distrarti dai mille impegni della giornata e, improvvisamente, ti trovi catapultata nel bel mezzo di un dramma umano, una tragedia che si consuma tra le onde e la sabbia di terre lontane.
In questo caso l'eroina del nostro dramma è una giovine e avvenente fanciulla che ha deciso di dare una svolta al suo look e buttarsi sulla pelle; investe quindi uno stramilione di euri in un nuovo guardaroba e, una volta a casa, si trova di fronte al classico dubbio che attanaglia chi è reduce da sciopping compulsivo: e adesso di tutta sta roba cosa me ne faccio? Non ci è dato di sapere quale sia il processo mentale che la porta a individuare proprio la spiaggia come luogo ideale ove sfoggiare il suo nuovo biker look ma ce ne facciamo una ragione e la seguiamo mentre entra decisa nella sabbiosa arena, inguainata in un miniabito color liquirizia.
Essendo donna prudente e consapevole dei rischi dell'esposizione selvaggia al sole, la nostra amica si è applicata una generosa dose di crema protettiva (o forse è olio solare che faciliterà la successiva rimozione di tutte quelle aderenze) e indossa un berretto con visiera che fa molto Village People.
Completa il tutto un bracciale con quelle due tonnellate di pietre che, ci auguriamo, sposterà a intervalli regolari anche sull'altro braccio, in modo da esercitare entrambi gli arti ed evitare l'effetto Hellboy che poi ti tocca far modificare le camicie.
Così bardata la nostra amazzone fa il suo ingresso da star sulla battigia però, inspiegabilmente, i due manzi che la incrociano sulla passerella non si degnano neppure di girarsi a guardarla. Ma che modi sono?
O forse il look non è quello giusto?! Per fortuna lei abita nei paraggi e può correre a casa, tuffarsi nell'armadio e riemergerne con un nuovo stile: abbandona il berretto e, sempre strizzata in un miniabito di pelle e taccata da dominatrice, si drappeggia artisticamente su una sedia a sdraio per vedere di nascosto l'effetto che fa.
Non abbiamo modo di sapere se il virile maschio che le sfreccia di fianco stia correndo perché al chiosco lì vicino offrono saraghina gratis o se stia più semplicemente andando a farsi una nuotata, fatto sta che non se la fila nessuno neanche stavolta.


Son momenti decisamente difficili ma la nostra eroina non ci delude: dopo un rapido cambio d'abito torna in pista e, individuata la sua preda (questa volta un atletico esemplare intento a scolpire il fisico), si ferma proprio un attimo prima di saltargli in braccio e lo fissa provocantissima in tutta quella pelle.
Per tutta risposta il primate maschio in oggetto si rivela molto più interessato alla sua tartaruga che a qualsiasi femmina bardata nei dintorni e non la considera neanche di striscio.
Pluf! Altro buco nell'acqua.
A questo punto, la fiducia della fanciulla comincia a vacillare ma lei non si lascia scoraggiare, ha ancora qualche cartuccia da sparare. Il guardaroba è ormai un po' sguarnito ma regala ancora qualche perla; indossati i colori di guerra, la nostra torna alla carica ma la attende una brutta sorpresa, la spiaggia si sta spopolando, si è ormai fatta ora di pranzo...
Tentando il tutto per tutto (come indicano chiaramente gli...stivali?, sandali? Fate voi), si avvicina a un gruppetto di maturi villeggianti (evidentemente già mangiati), sperando che almeno loro la notino; purtroppo questi due sono talmente presi dal racconto della recente colonoscopia subita dal tipo sulla sedia blu, da non accorgersi neppure della sua presenza.
Viene da chiedersi in che diavolo di mondo viviamo se una povera fanciulla, pur mettendoci tutto il suo impegno, non riesce a strappare neanche un'alzata di sopracciglia. O tempora, o mores!
Ormai sconfitta, la giovine sta per fuggire in un mare di lacrime verso il divano e un chilo di gelato ma il pensiero di quell'ultimo outfit che aveva provato davanti allo specchio la trattiene, in fondo - si ripete - la strada va percorsa fino in fondo, è sempre meglio il rimorso del rimpianto. 
In questo suo ultimo e disperato tentativo non è particolarmente selettiva: si piazza davanti alla prima attempata bagnante che incontra e improvvisa una sfilata togliendosi pure il giubbotto, sperando almeno in uno sguardo d'invidia; la signora in effetti la osserva e si lascia sfuggire un commento:
"Bambina mia copriti che, bianca come sei, ti viene l'eritema!"

Come ogni tragedia degna di questo nome, anche questa ci lascia un prezioso insegnamento: mai andare coi sandali di pelle in spiaggia, che poi ti suda il piede, la sabbia si appiccica e ti vengono le vesciche.

mercoledì 3 luglio 2013

Non vorrei avere avuto un sinistro!

In questo post parleremo di cambiamenti, cambiamenti di prospettiva, capovolgimenti, di tutte quelle modifiche che ci fanno vedere il mondo da un altro punto di vista, e per fortuna!

Qualche giorno fa mi è stata presentata da Farnedi una proposta che definirei ardita, quasi sovversiva, proposta che alla fine, dopo attenta riflessione ho deciso di accettare. Ricevuto il mio assenso, Farnedi si è messo in moto e ha cambiato le corde del mio ukulele, trasformandolo in strumento per mancini.
Premetto che io scrivo con la destra ma, nel corso degli anni, il dubbio di poter essere una mancina mancata è cresciuto in maniera significativa e, una volta ammessa anche solo la possibilità, mi sono tornati in mente molti ricordi che sembravano tutti confermare quest'ipotesi.

Tutto è iniziato constatando il fatto che la mia calligrafia è da sempre fonte di pesanti critiche (hanno anche ragione, scrivo proprio male); inizialmente mi ero rassegnata alla cosa, come una si rassegna ad avere un naso troppo lungo o le gambe storte, poi però mi sono chiesta E se il problema fosse che scrivo con la mano sbagliata? Qui a lato vedete alcuni tentativi che ho appena fatto, il nome Estrema che è sottolineato in
rosso l'ho scritto usando la mano destra, tutto il resto è con la sinistra. Ditemi voi...
Vediamo anche qualche altro esempio:
1) qualche anno fa ho fatto da cavia per una ricerca sulla lateralizzazione; il questionario poneva tutta una serie di domande su quale mano, piede, occhio si predilige per compiere certe attività e ho notato che in molti casi la mia risposta era a sinistra, ad esempio: quando mangio il coltello lo uso con la sinistra, quando spazzo la mano che "guida" è la sinistra, ecc.
2) ho insegnato inglese all'interno di un corso di formazione per estetiste e alcune studentesse erano convinte che fossi mancina perché mi hanno detto che, quando parlavo alla classe, guardavo quasi sempre in alto a sinistra,
3) sono andata a fare uno di quei massaggi di riflessologia plantare e la signora dopo aver dato un'occhiata alle piante dei miei piedi  mi ha detto:"Sei mancina, vero?" e mi ha spiegato che dalla pianta del mio piede sinistro si vede chiaramente che il peso del corpo lo sostiene quel piede lì,
4) tempo fa disegnavo con le mie nipotine su una lavagna con i gessetti; essendo in tre c'era poco spazio e se l'erano preso quasi tutto loro per cui io ero relegata a sinistra; così per ridere ho preso il gesso con la sinistra e mi sono messa a disegnare e posso affermare di non sapere disegnare con la sinistra proprio come con la destra, sono negata ma non si notano grosse differenze,
5) Non posso dire di giocare bene a ping pong ma almeno perdo con sufficiente dignità; quando mi è capitato di provare a giocare con la sinistra, dopo un paio di partite non c'era poi così tanta differenza tra giocare con una mano o con l'altra.
Alla luce di tutti questi fatti (e del mio impedimento a fare i ritmi sull'ukulele con la destra) mi sono detta: "Proviamo..." e ho preso in mano lo strumento, sprofondando inizialmente nel panico assoluto perché le posizioni degli accordi, per quanto speculari, non riuscivo proprio a ricordarmele, le mie dita non ne volevano sapere. Dopo dieci minuti ho smesso per non deprimermi e solo il giorno dopo, in assenza dell'occhio vigile del trainer, ho riprovato, scegliendo "Singer of songs" di Johnny Cash che posso fare con due soli accordi e un ritmo molto semplice; ho ottenuto qualche risultato in più ma anche in quel caso dopo altri dieci minuti ho smesso, alquanto sconfortata.
Il giorno dopo Rico, notando che avevo spostato l'ukulele, mi ha chiesto: "Ma... hai suonato?" E io tutta fiera ho preso l'ukulele per fargli vedere che qualcosa ero riuscita a combinare. Bene, in quel momento non so esattamente cosa sia successo (non era neanche Pentecoste, ho controllato) ma il sacro fuoco dell'ukulele mi ha preso e, nel mio modo assolutamente sgraziato e penoso, sono però riuscita a cantare e suonare tre strofe della canzone tutte di fila. Ero incredula.
Ho alzato gli occhi sgranati verso il maestro e mi aspettavo perlomeno un grido del tipo:
"SI PUÒ FARE!!!!" 
come Gene Wilder in Frankenstein Junior.

Invece Farnedi mi guarda e dice:" Brava! Sei stata proprio brava, però adesso devi lavorare sulle dita perché nel FA le metti giù in ritardo, in questo caso non è un problema, dà un colore in più, però in altri casi può essere un problema..."
Sono questi i momenti in cui mi dispiace che il salotto sia al primo piano mentre il giardino, dove tengo la badila, è al piano terra, ci sono situazioni in cui certe cose le vorresti avere a portata di mano...

Comunque, pur con i suoi alti e bassi, l'esperimento continua e solo il futuro ci dirà se stiamo andando nella direzione giusta. In ogni caso, sul terrazzo qui al primo piano c'è uno sgabuzzino perfetto per la badila....


P.SQuesto articolo è stato scritto per la rubrica L'Angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Ex Press