giovedì 24 maggio 2018

Ma le taglie, chi le sceglie?

Arrivo in ditta e la prima cosa che mi dicono è che per girare devi indossare i DPI, anche noti come quelle robe scomode che però, se le metti, almeno non perdi un arto.
Vado dal responsabile che mi chiede il nome e poi mi allunga un casco con occhiale di protezione incorporato; tempo dieci secondi e due tentativi e l’amico casco viene restituito al mittente, perché non c’è modo di abbassare gli occhiali di protezione sopra i miei occhiali, almeno senza causarmi danni permanenti. 
Passiamo al camice: chiedo una S ma mi dicono che ci sono solo la S/M o la L/XL. Vabbè, vada per la S/M. 
Me la metto ed è enorme, se allungo le braccia vedo solo l’ultima falange, la manica ha inghiottito tutta la mano. E ci tengo a precisare che io non sono fatta in economia, evidentemente qui assumono solo energumeni.
Per le scarpe chiedo una misura 40, confidando di starci comodamente ma, una volta indossata, mi accorgo che il piede ci naviga dentro, questa cosa nei numeri unisex non è una gran bazza.
In fondo però la cosa non mi dispiace, mi basta stringere i lacci fino a interrompere la circolazione e il piede, seppur fermo ha le dita libere. Finché non cadono.
I tappi per le orecchie invece non mi hanno ancora dato problemi, ma solo perché lavoro in zone dove non è obbligatorio metterli.

A conti fatti, la mattina e la sera il processo di vestizione in azienda richiede almeno una ventina di minuti, mi sento un po' la Regina Elisabetta: cambio le scarpe, il vestito, metto i guanti e indosso pure un cappello giallo, proprio come piace a lei.

A conti fatti, faccio un lavoro molto regale, no?

domenica 13 maggio 2018

Hulk Hogan aiutami tu!

Ho ritrovato degli appunti, presi qualche tempo fa dopo una giornata di interpretazione tutto sommato normale ma, comunque, costellata di memorabili dettagli. 
Quindi, questo è quanto vi offro: pochi, memorabili dettagli.
Enjoy.


Mi sono appena seduta di fianco al relatore per cui dovrò tradurre in inglese per le prossime due ore; purtroppo, gli schienali delle sedie sono uniti in un unico blocco quindi, come su un tappeto elastico, ogni volta che quel marcantonio si lascia cadere contro lo schienale, è come se mi dessero un calcio volante nella schiena. Hulk Hogan, aiutami tu.

Onde non lavorare digiuna, prima di arrivare alla sede del convegno mi sono fermata in un bar e ho ordinato un panino che si è rivelato fecciosissimo: per fare un panino salame e formaggio hanno usato un panino dolce. Perché? Cosa gli ho fatto?
Oltretutto, al mio ingresso in sala, ho scoperto che c'era un pranzo a buffet gratuito.

Faccio subito un salto alla toilette, quando ancora non c'è fila ma scopro che l'accesso al bagno non è proprio facilissimo: qualche genio ha fatto passare un cavo elettrico in mezzo alla porta che, oltretutto, è una di quelle porte da saloon senza maniglie, porte sadiche che già di per sé sono complicate da aprire (vedi foto). 
Vista la situazione, le opzioni sono due, puoi scegliere se:
a) inciampare e romperti una caviglia o 
b) morire fulminato (Viva la 626).
Eventualmente, entrambe le cose.

Uscita incolume dal bagno, raggiungo il relatore sul palco dove i tecnici hanno deciso di impegnarsi a fondo e ci hanno puntato in faccia un migliaio di fari, neanche dovessimo fare un intervento a cuore aperto.
Alla mia destra trovasi il relatore, alla mia sinistra c'è un tizio pelato, il quale, per vedere meglio l'oratore di turno, decide di darmi le spalle e sposta la testa, arrivando con la suddetta a 20 cm dal mio naso, per poi iniziare a grattarsi ferocemente la pelata. 
Distolgo subito lo sguardo ma è troppo tardi, l'immagine della pioggia di forfora che cade sul quella giacca scura resta stampata a fuoco sulla mia retina, nevica in aprile.

Dato il freddo improvviso dei giorni scorsi, stamattina ho deciso di indossare una maglia di lana ma ovviamente in questa sala fa un caldo torrido, qualcuno deve aver acceso il riscaldamento a pieno regime.
Decido di togliere il cardigan ma sfortuna vuole che questa mattina abbia scelto di mettermi una camicia sinteticissima, quindi ogni volta che tento di sfilare la maglia si sente un crepitio preoccupante (Sempre Viva la 626). 

Quindi, per riassumere: oggi, per portare a casa la pelle e lo stipendio, ho dovuto fare fronte a: panini insensati, trabocchetti con cavi elettrici degni di Mai dire Banzai, nevicate di pelle morta, calci volanti e rischio autocombustione.

MacGyver fatti da parte, è arrivata la professionista.