mercoledì 26 dicembre 2018

La Tombola del Baffo

Non c'è Natale senza tombola. Per rispettare questa antica tradizione, la sera della vigilia di Natale sono andata con Piraccini e la Rinaldi al Magazzino Parallelo dove ogni anno si tiene la Tombola del Baffo.
Siamo arrivate ingenuamente alle 21.30, pensando di poter bere qualcosa prima dell'inizio della tombola ma il locale era già affollatissimo, non c'era un tavolo libero.
Forti nelle nostre conoscenze nell'ambiente, non ci siamo lasciate scoraggiare e abbiamo trovato posto dietro al bancone con le spine della birra, quello che si usa d'estate ma non d'inverno, abbiamo rimediato due sgabelli e approntato una sistemazione per la Rini, impilando le sedute di vari sgabelli sopra un fusto di birra.
Volendo accentuare l'atmosfera della tombola natalizia, nel corso della serata ho bevuto due tazze di vin brulè, caldo e profumatissimo; quanto vado a raccontare però non è frutto dei fumi dell'alcol ma della vita che, come sempre, ci supera.
Quando la tombola in questione ha finalmente avuto inizio, il centro dell'attenzione di tutto il circolo si è spostato sul banditore, che si sarebbe rivelato l'incontrastata star della serata.
Abbiamo capito subito che non sarebbe stata una tombola come le altre; l'uomo ci ha tenuto a precisare che i premi erano esclusivamente per ambo, cinquina e tombola, aggiungendo Per la decina andate al Lugaresi (un altro circolo dove evidentemente hanno un approccio più tradizionale).
La nostra star era già parecchio avanti con i lavori: estraeva una pallina, la guardava per un tempo infinito, come se non riuscisse a riconoscere quegli strani simboli e poi, finalmente, gridava il numero, seguito dalla sua personale versione della Smorfia, di cui trovate alcuni esempi qui sotto:

- Il numero uno - il Cesena
- 11 - i fratelli della morte
- 29 - il piscirillo (il pene)
- 19 - i carabinieri o, in alternativa, la comunista incarcerata
- 66 - e jeval (il diavolo)
- 78 la putena
- 45 il proletario.

Tra un numero e l'altro l'uomo ripeteva il valore dei premi in palio ma, causa l'avanzamento lavori etilici di cui sopra, non c'era una chiara distinzione tra i due momenti per cui, in più di un'occasione, mi sono ritrovata a chiudere la finestrella di uno dei numeri della mia cartella, solo per riaprirla dieci secondi dopo, quando capivo che non si trattava di un numero ma del valore del cesto.
Sono volate parole poco gentili.
Finita la prima tombola c'è stato un momento di pausa e, in quel momento, Paolo ci ha raggiunto; ci avrebbe rivelato solo in seguito che aveva deciso di venire pensando di passare una serata tranquilla senza fare troppo tardi. L'abbiamo già iscritto a un corso di recupero in chiaroveggenza.
Il momento più critico della serata è arrivato verso l'una, quando ancora dovevamo fare un ultimo giro di tombola: eravamo finalmente riusciti  a cominciare e il popolo, avendo ormai capito che la star aveva i suoi tempi (direi biblici), aveva deciso di eliminare la cinquina per velocizzare le cose.
Quand'ecco che, dal pubblico, si leva un grido: Barzelletta!
Siamo impalliditi tutti, memori delle due precedenti barzellette (una per ogni tombola), ci siamo forse ingobbiti un po' ma senza fare tragedie, pensando che in fondo era come un cerotto, lo tiri via e lì per lì fa un gran male ma poi è tutto finito.
Grosso errore, enorme.
La differenza sta in poche semplici parole: questa è una barzelletta che NON HA UNA FINE. Dopodiché è iniziata una storia in cui il protagonista copulava con chiunque gli capitasse a tiro, incluso un cane, e la cosa sembrava non voler proprio finire.
Io ogni tanto urlavo Numeri! oppure Mescola! sperando di riportarlo sulla retta via ma c'è voluto l'intervento del dj (Marco Turci, santo subito) che, alzando il volume di una canzone, l'ha  distratto quanto bastava per fargli dimenticare la barzelletta.
Quindi per riassumere: siamo stati al Magazzino dalle 21.30 alle 2 di notte, non abbiamo vinto niente, però io mi sono divertita un sacco (io e la tombola abbiamo sempre avuto un rapporto privilegiato), il vin brulè era buono e la compagnia altrettanto. Resta solo il rammarico di non aver trascritto le varie voci della Smorfia cesenate, la cultura merita sempre di essere condivisa.

venerdì 7 dicembre 2018

Mai chiedere cose strane, o forse sì?

Torno a scrivere per raccontarvi di una trasferta di lavoro che ha fatto di tutto per diventare
indimenticabile; questa volta mi trovavo in un piccolo paesino delle Marche per tre giorni di simultanea in una ditta e, avendo bisogno di un posto dove dormire, avevo prenotato un appartamento vicinissimo al posto di lavoro che, oltretutto, aveva un prezzo molto conveniente.
A una prima occhiata dal vivo, l'appartamento in oggetto si sarebbe potuto definire vintage, volendo essere molto, molto positivi: arredamento da casa dei nonni, mobili massicci e ninnoli ovunque, il tipico set da film dell'orrore. Mi aspettavo in ogni momento che da qualche angolo buio saltasse fuori una vecchia con un coltellaccio; per fortuna, non c'erano bambole vestite di pizzo sul comò, altrimenti non sarei riuscita a chiudere occhio per tutta la notte.
L'impressione era che in quelle stanze da parecchi decenni nessuno avesse fatto migliorie, tutto era rimasto come allora e vi lascio immaginare come chiudono bene gli infissi agé. Per lo stesso motivo ho evitato di usare la cucina a gas, non volendo rischiare di saltare per aria proprio prima di Natale, perderei i cappelletti in brodo di mia mamma e sarebbe un peccato.
Un altro problema è emerso al momento di caricare il telefono: immaginate la sottoscritta che gira per l'appartamento come un cane da tartufo alla ricerca di una presa di corrente post Concordato e alla fine si trova costretta a staccare la televisione dall'unica spina a disposizione in camera da letto, rinunciando a vedere la tv dopo cena.
Avrei scoperto solo dopo che l'apparecchio comunque non funzionava.

Appena entrati nell'appartamento, io e il proprietario avevamo constatato che sua moglie era passata a pulire ma si era dimenticata di accendere il riscaldamento.
Volendo vederla positivamente, potevo stare tranquilla in merito a topi e compagnia bella, solo La Cosa sarebbe sopravvissuta a quelle temperature.
Il tipo aveva immediatamente acceso il riscaldamento ma, essendo io impegnata con la valigia e la borsa del pc, non avevo prestato sufficiente attenzione alla manovra e quindi alle 2 di notte, quando il clima era ormai diventato tropicale, non sapevo come spegnere il riscaldamento.
Ho tentato di chiudere la manopola del singolo termosifone ma, per quanto la girassi, il termosifone in questione non si è fatto influenzare e ha continuato a lavorare alacremente, neanche dovesse scaldare l'Inferno.
La cena è stata un altro momento memorabile; su consiglio del proprietario sono scesa alla trattoria a conduzione familiare lì vicino e mi sono trovata in quello che sembrava un salotto di casa: a parte un paio di clienti seduti a un tavolo, c'era solo una tavolata di persone che guardavano Striscia la Notizia e sembravano gente di casa. Mi sono sentita in colpa per essere arrivata così, senza una bottiglia di vino o un mazzo di fiori.
Per quanto riguardava il menu, mi era stato dato un consiglio un po' preoccupante: non chieda cose strane, quindi per stare dalla parte del sicuro ho optato per un primo del luogo e mi sono ritrovata a mangiare pasta tipo capelli d'angelo con un ragù di non so quale bestia, magari era fatto bene ma a me non piaceva; per alleggerire un po' il pasto, di secondo ho chiesto solo un'insalata verde, insalata che è arrivata, già condita e annegata in un Missisipi di aceto.
A volte la vita è matrigna.
Dopo cena ho chiesto il conto e la signora mi ha risposto che per pagare sarei dovuta salire al bar per una scala interna; una volta al bar ho spiegato che volevo pagare la cena e la barista mi ha fatto aspettare mentre telefonava al ristorante di sotto per chiedere quanto dovevo pagare.

Il bagno merita un discorso a parte:
1) gli asciugamani erano di quegli anni là, quindi ti asciugavi e ti esfoliavi allo stesso tempo,
2) c'erano due asciugamani da bidet e uno da viso, telo da bagno non pervenuto,
3) le due estremità del porta-asciugamani erano ricoperte di carta stagnola (vedi foto), non ho avuto il coraggio di sollevarla per scoprirne la ragione,
4) c'erano i tappetini intorno a water e bidè (sentitevi liberi di rabbrividire),
5) niente doccia, solo una vasca da bagno con telefono della doccia vintage e quindi intasato di calcare giurassico, acqua spruzzata dai pochi fori non ostruiti, con una violenza di getto inaudita.
6) in bagno c'era la seconda e ultima presa di corrente utilizzabile, sarebbe stata utilissima per asciugarsi i capelli, se solo non mi fossi dimenticata il phon. Per un attimo ho considerato la possibilità di asciugarmeli davanti al calorifero scalda- Inferno.


Rileggendomi, non credo che sarei riuscita a inventare una storia con una trama così assurda neanche se mi ci fossi messa d'impegno, mi inchino alla realtà.