martedì 21 gennaio 2014

L'inebriante profumo dell'ammore

Direi che è arrivato il momento: dopo aver sopportato quattro lunghe settimane di Natale del Mulino Bianco e in attesa dell'arrivo della maletta di San Valentino che sgardella gli zebedei anche ai più tolleranti, ci troviamo in un momento tranquillo in cui si può prendere il fiato in attesa della prossima battaglia, un po' come se fossimo nell'occhio del ciclone dove tutto è calmo e immobile ma sai già che non dura.
Siamo quindi nello stato d'animo più giusto per il post che va a incominciare. Rilassatevi e non pensate a niente ma tenetevi forte, quello di oggi è un tuffo nel magico mondo del fotoromanzo.
Come altre volte in passato, questa ventata di romanticismo arriva da una delle mie solite riviste da colazione, troppo spesso ingiustamente bistrattate.
Immaginate il nostro lui, tale Le Male, un tipo alto, fiero, con quel fisico asciutto che solo i lupi di mare possiedono; essendo tornato single decide di prendersi una vacanza e sceglie la novità della località sciistica e il glamour di Cortina a Natale. 
Appena arrivato in hotel si fionda verso il bar, (non sappiamo se per annegare la sua malinconia da single o a scopo pastura) e subito s'imbatte in due deliziosi quanto insoliti bocconcini: una è chiaramente una donna-giraffa thailandese con tanto di anelli d'oro al collo mentre l'altra, nonostante tenti di nasconderlo vestendo rosa da capo a piedi, probabilmente gioca professionalmente a rugby perché ha due spalle che neanche Schwarzenegger. La cosa lo manda inspiegabilmente su di giri (il fumetto recita così: "È la mia prima vacanza da single dopo tanto tempo. Da quel che vedo le distrazioni non mancheranno").
Neanche a dirlo, dopo una gufata così la prima tipa in cui s'imbatte al momento dell'aperitivo (lo deduciamo dalla mise più formale che indossa) è la sua ex, Valentina, che ancora spasima
per lui e che gli si para davanti tutta in pelle nera e stivalata impedendogli il passaggio e tentando un approccio da mangiauomini totalmente vanificato dal ridicolo cappellino sulle ventitre che indossa. 
Lui dal canto suo se la tira un casino e le rifila il classico "Restiamo amici" che è quasi un'istigazione alla badilata, lei però incassa senza fare una piega. 
Il giorno seguente al palazzo del ghiaccio il nostro Le Male trova un telefonino e, mentre sta slumando la foto della proprietaria,  la Venere in questione si palesa, sfrecciandogli davanti sui pattini da ghiaccio. 
Mon dieu! È la donna-giraffa! Deve assolutamente conoscerla! Qui entra in gioco il solito amico-spalla del bel tenebroso che col pretesto di restituire alla donzella il perduto cellulare, combina ai due un appuntamento al buio sulle piste innevate.
Inevitabile colpo di fulmine dei due protagonisti baciati dal sole e ammore per ogni dove. 
L'ultima immagine con cui i due cuoricioni si congedano dai lettori li vede circondati da tutti i loro amici  e romanticamente abbracciati su una slitta trainata da due renne, una delle quali, se la vista non mi inganna, ha il naso rosso.
FINE


P.S. Se questa storia non vi è piaciuta, si vede che non siete per niente romantici e non riuscite a sentire l'inebriante profumo dell'ammore.


martedì 7 gennaio 2014

Impara le carte e mettile da parte

Sono le cose che non ti aspetti quelle che davvero lasciano il segno, quelle che come diceva Shirley MacLaine in Tutte le ragazze lo sanno, "ti colpiscono al di sotto della tua percezione".

Siamo stati invitati per una merenda-cena a casa dell'Elisa e Gianluca e, come sempre, avendo preso le cose con un po' troppa calma siamo arrivati tra gli ultimi (per una volta non proprio gli ultimi, grazie Claudia e Filippo).
Il primo problema si è presentato appena parcheggiata la macchina, la casa di fronte a noi aveva due campanelli diversi e non era chiaro quale dovessimo suonare. Ci siamo avvicinati al primo campanello ma una rapida occhiata non ha fornito alcun indizio, "Sarà questo?" ho chiesto dubbiosa a Rico. Prima che potesse rispondere, una voce che pareva venire dall'oltretomba ha squarciato il silenzio: "Entrate da qui, poi girate intorno alla casa" Poltergeist, Non aprite quella porta e Mary Poppins, tutto insieme.
Appena varcata la soglia si è chiarito il mistero: avendo scoperto che il campanello non funzionava (c'era chi era rimasto fuori per parecchio), l'eroico padrone di casa se ne stava attaccato al videocitofono in attesa degli ospiti.
Dopo il rituale scambio di auguri con tutti gli amici e parenti presenti abbiamo preso posizione intorno al tavolo dei dolci con una tazza di cioccolata calda in mano mentre la chiacchiera dilagava.
Dato l'alto numero di bambini presenti, i padroni di casa avevano organizzato una tombola e preparato alcuni premi (rigorosamente per i bambini, noi vecchi siamo sempre discriminati); io ovviamente non mi sono lasciata sfuggire l'occasione di liberarmi di uno dei premi più orrendi che mi erano rimasti attaccati dall'ultima tombola degli orrori che si era tenuta a casa nostra la vigilia di Natale.
Ci tengo a precisare  che la sottoscritta in quell'occasione aveva goduto del favore degli astri, non vincendo alcun premio, peccato che una certa altra persona che non stiamo a nominare avesse vinto la qualunque (vedi foto); a questo si aggiunge il fatto che alcuni lestofanti proprio prima di andarsene avevano imboscato i premi vinti un po' ovunque. Il premio che mi accingevo a sbolognare era stato scoperto appeso allo specchietto laterale della mia Fiesta: una deliziosa collana con pendente, il pendente essendo il cambio di una bicicletta. Molto Mad Max.
Una volta archiviata la tombola (l'ambito pendente è andato alla padrona di casa) ho raggiunto Rico che stava facendo un solitario con le carte romagnole e così, per divertirmi, mi sono offerta di leggergli le carte con un metodo assolutamente infallibile insegnatomi alcuni lustri fa (non diciamo quanti) da una compagna alle elementari.
Il metodo è così strutturato: io mescolo le carte mentre colui (o colei) a cui leggo le carte pensa a quella che gli piace (metodo delle elementari). Successivamente il colui di turno alza il mazzo e io lo ricompongo pronunciando la magica formula: corno, bicorno, tricorno. Compiuto l'indispensabile rituale scopro le carte due a due e, se escono due carte uguali, le metto da parte per poi interpretarle. Il tutto va ripetuto tre volte, un metodo chiaramente a prova di bomba.
Ho iniziato la lettura e dopo un po' qualcuno si è avvicinato per ascoltare. "Ma sai leggere le carte?" mi hanno chiesto. Io ho risposto ridendo che mi stavo inventando tutto eppure, poco a poco, si sono avvicinati altri e mi hanno chiesto di leggere le carte anche a loro; era iniziata come uno scherzo ma ho avuto come l'impressione che in qualche modo quello che stavo dicendo potesse essere preso sul serio, nonostante io continuassi a ripetere che era una roba che facevamo alle elementari.
Dopo l'ennesima lettura in cui un cinque di coppe è stato in grado di infiammare gli animi, mi sono
sentita chiedere ancora:"Ma dici sul serio?!" Al che ho sgranato gli occhi e ribattuto."Ma no! Me lo sto inventandooo!!"

Allora le cose sono due: o io ho un enorme potenziale come cartomante oppure il bisogno di sapere qualcosa del futuro è più forte di quanto pensassi. Tutto considerato, tra le due preferisco la prima, d'ora in poi chiamatemi Estrema Veggenza.

mercoledì 1 gennaio 2014

Calimero a Natale sugli anelli di Saturno

Sono le 18.45 e sono in salotto in attesa che passino a prendermi per andare al Pappafico: oggi è il D-day (per l'antefatto vedi La Genesi dei Biscotti). Nel corso dell'ultima settimana ho alternato momenti di panico (noncivadononcivadononcivado) a brevi momenti di panico (noncivadononcivadononcivado), tutti rientrati anche grazie alle parole confortanti di Farnedi: sarà una cosa divertente, pensa che siamo tra amici, è come una festa.
Il coro di ululati canini che si alza all'improvviso è più efficace di qualsiasi campanello, devono essere arrivate. La macchina mi aspetta col motore acceso, la Piraccini è al volante mentre nel posto del morto c'è la Gloria, fresca di laurea. Io mi sistemo dietro un po' intimidita, sul sedile di fianco a me c'è una Birkin bag e mi chiedo se devo accennare una riverenza, o magari baciare il manico, il galateo della it-bag ancora non mi è chiaro, cerco almeno di star seduta composta, sai mai...
Essendo il 23 di dicembre, l'invasione di lucine natalizie è ormai completa e il semplice tragitto Cesena-Cervia offre scorci a dir poco impressionanti, per me ci vedono dallo spazio.
Arriviamo al Pappafico mentre il gruppo sta finendo di sistemare gli strumenti, non senza qualche difficoltà (i musici sono in cinque e non c'è molto spazio) quindi in attesa che siano pronti ci sediamo intorno a un tavolo a far due chiacchiere. Dopo un po' Farnedi mi chiama per provare le DUE canzoni a cui parteciperò; sì, perché qualche giorno fa mi ha chiesto di cantare anche una canzone di Natale (si tratta in fondo del concerto natalizio), o meglio, LA canzone di Natale, quella sulla renna Rudolph che io adoro (vedi  l'ukulele con la barba bianca è una renna col naso rosso). Può sembrare assurdo ma cantare questa canzone da solista mi fa meno paura che cantare un coro ne "L'odore dei biscotti", immagino sia il fatto che la conosco bene e sento che potrei cantarla anche sotto un bombardamento, mentre l'altra è nuova nuova e ogni volta che provo sto benedetto coro, riuscire a farlo giusto è un po' un terno al lotto.
Tornando al presente, mi avvicino ai musici, sperando vivamente di non finire fulminata da uno dei millemila cavi che corrono per ogni dove e mi sistemo a destra di Gasperoni, il quale mi porge il suo microfono, peccato che questo emetta fischi assordanti ogni volta che sbatto le ciglia o respiro, l'unica posizione che sembra tollerare è quella in cui sono girata verso la cucina. Farnedi medita sul problema tecnico per qualche secondo, poi se ne esce con: se ti metti qui davanti il fischio non c'è di sicuro! Eh, certo, il gruppo sta dietro e io lì davanti da sola nella fossa dei leoni, ci manca solo l'occhio di bue, non credo proprio!
L'uomo pirulla un po' col mixer e mi fa dire cose al microfono poi proviamo la canzone dei biscotti. Giuro che per tutta la canzone non mi sono mai sentita, cioè, non è che il microfono fosse semplicemente spento, la sensazione era che ingoiasse la mia voce, io cantavo ma mi pareva di non produrre nessun suono, sembrava un episodio di Ai confini della realtà.
Altro pirullamento di manopole del mixer e poi proviamo Rudolph e alla fine il commento è: "ok, siamo a posto" A posto? Ma dove? Ma se non mi sento? Ma fai apposta?  Vedo che fa sul serio quindi me ne torno a sedere un po' dubbiosa ma comunque rincuorata dalla decisione che ho appena preso nella privacy della mia testa: se non sono sicura del coro taccio e riprendo appena possibile, a volte la migliore musica è il silenzio.
Una volta iniziato il concerto, il mio fragile equilibrio ha iniziato a dare segni di cedimento; forte del fatto che le mie canzoni erano piuttosto avanti sulla scaletta, riuscivo ancora a tenere a bada l'ansia ma la situazione degenerava rapidamente; forse riuscite a farvi un'idea del mio stato d'animo se vi confesso che la Piraccini aveva lasciato lì mezzo piatto di patatine fritte e io non l'ho neanche degnato di uno sguardo.
Quando Farnedi mi ha fatto cenno che era arrivato il mio turno mi sono alzata un po' a fatica (in questo caso a paralizzarmi non era tanto il panico quanto tutta quella gente ovunque che non riuscivi neanche a spostare la sedia per alzarti), aggrappandomi al pensiero che la prima canzone era Rudolph, ce la potevo fare.
Chi mi osservava mi ha poi raccontato che sembravo la versione, diciamo matura, di Calimero. Con il senno di poi avrei dovuto preparare un cartello con su scritto NON FATE DEL MALE ALLA MIA FAMIGLIA.
L'unica cosa che ricordo della canzone è che non sapevo dove guardare, c'era sempre della gente che mi fissava; fortunatamente il manipolo di amici presenti mi aveva portato una mascotte con cartello di supporto e la cosa mi ha molto confortato (e comunque il locale era imballato di gente, di scappare non se ne parlava...), ho cantato Rudolph dall'inizio alla fine e, vista la situazione, per me era già un successo...
Compiuta la prima erculea impresa mi sono accasciata sulla sedia tentando di non pensare che la vetta più alta era tutta da conquistare, in fondo mancavano ancora parecchie canzoni...
Presto, troppo presto, sono stata richiamata su ed è andato tutto come la volta prima: mi sono alzata, ho affiancato Gasperoni e afferrato il microfono. A quel punto e solo a quel punto Farnedi si è girato verso di me e senza un pensiero al mondo ha pronunciato le seguenti parole: "No, va là, Estrema torna a sederti, adesso facciamo venire su l'Eloisa Atti a cantare una canzone, tu canti dopo"
Mentre tornavo al tavolo il mio primo pensiero è stato: a l'ho da mazè*. La seconda riflessione era un po' più articolata: mi tocca andare su a cantare dopo che ha cantato l'Eloisa, a l'ho da mazè**
Pensavo di aver raggiunto la stratosfera dell'ansia quando l'uomo ha aggiunto: "Poi già che è venuta a trovarci, facciamo un pezzo anche con la Gloria Turrini"
A quel punto l'ansia poteva toccare gli anelli di Saturno.
Della parte dopo non ricordo molto, so solo che ho iniziato bene ma poi, non so come, a un certo punto non sapevo più dove mi trovavo e dalla mia bocca son venute fuori cose che voi umani...
Sono ristrisciata verso la mia sedia e mi sono accasciata lì come uno straccio bagnato, in un modo o piuttosto nell'altro, il dado era tratto.
Anche se il mio ultimo post su Stonehand è piuttosto recente, ho deciso di scrivere immediatamente il resoconto della serata onde mantenere un minimo di obiettività sulla faccenda; già quella sera Farnedi aveva cominciato a dire che in quel punto avevamo stonato tutti (Lolli no che non è capace), che ci aveva confuso lui attaccando con una nota diversa, insomma, a lasciarlo continuare avrebbe tentato di convincermi che io non c'entravo niente, che era tutta colpa sua, magari che era stato lui a insegnarmi le note sbagliate giorni prima...
Alla fine, guardando la cosa da una certa distanza, sono contenta; certo non è venuto un gran bel lavoro ma, nella lunga battaglia per sconfiggere il panico da canto in pubblico, ho assestato un buon colpo al nemico e poi non dicono forse che è la goccia che scava la roccia?


* Traduzione dal romagnolo all'italiano: lo devo uccidere.
** Per chi non avesse chiaro il motivo di tanta ansia è sufficiente pensare a come si sentirebbe se lo chiamassero, per una serie di coincidenze, a tirare rigori per intrattenere il pubblico nell'intervallo di una partita di serie A e, arrivato il suo turno, gli dicessero:" Aspetta un momento che prima facciamo tirare Francesco Totti e Rodrigo Palacio" (conosco solo questi due nomi qui, chiedo scusa agli appassionati).

P.S. Se volete sentire la canzone vera (lo dico soprattutto per chi era al Pappafico) cliccate qui
P.P.S. Questo articolo è stato scritto per la mia rubrica L'angolo dell'Estrema Riluttanza su Stonehand Express