venerdì 19 giugno 2015

Dai che manca poco! Gomme permettendo...

In questi giorni sto stringendo i denti e lavorando agli ultimi convegni, mentre la mente corre verso le agognate ferie, mai tanto agognate come quest'anno; nell'attesa colleziono un altro simpatico sassolino da aggiungere al già corposo mucchio di cose di cui nella vita si farebbe volentieri a meno.
Nella giornata in questione dobbiamo tradurre in simultanea a un covegno uber-stra-ultra-tecnico e l'unica cosa che ci hanno fatto avere è il programma; sono previsti almeno dodici interventi ma, nonostante le nostre richieste di ricevere materiale,(es. file, slide, anche due appunti scritti su un tovagliolo), nessuno si è degnato di mandarci alcunché. 
Ormai  queste cose le prendiamo con filosofia, facendo spallucce e ripetendoci che faremo il meglio possibile con quello che c'è (cioè zero), ovviamente dopo aver maledetto i relatori fino alla nona generazione ed esserci astenute dall'uso di bamboline vudù solo perché non abbiamo mai visto in faccia sto branco di lavativi, troppo pigri per digitare un indirizzo e cliccare "invia mail". Che li possino...
La mattina arriviamo in sala mezz'ora prima dell'inizio e la troviamo deserta, eccezion fatta per un tipo seduto in un angolo che supponiamo essere il tecnico.
Salutiamo, ci presentiamo ed entriamo in cabina ma, quando cerco di accendere il PC, mi accorgo che l'impianto di traduzione è ancora spento; metto il naso fuori dalla cabina e chiedo al tecnico se per favore lo può accendere ma lui mi risponde che non sa come si fa.
Non so se il concetto è chiaro: il tecnico della simultanea NON SA come si accende l'impianto. 
Un po' come se il vostro idraulico non sapesse come si chiude l'acqua.
Dopo qualche smanettamento a caso del nostro uomo, l'impianto miracolosamente si accende ma la nostra fiducia non riesce a riemergere dalla Fossa delle Marianne dove è precipitata, se il buon giorno si vede dal mattino...

Dato che l'accensione dell'apparecchiatura già poneva dei problemi, non chiediamo di testare i microfoni per non sembrare crudeli, pensando che se non si sente benissimo, pazienza, faremo con quello che c'è.
Ovvio che però qualcosa deve esserci e invece, quando inizia la conferenza, in cuffia non si si sente assolutamente nulla, il moderatore sta parlando ma in cabina tutto tace; proviamo tutti i microfoni a disposizione ma non c'è niente da fare, silenzio assoluto.
Per i successivi 10 minuti si assiste a una specie di minuetto tra la sottoscritta e il tecnico che cerca di far funzionare il sistema, che evidentemente non conosce, con risultati surreali: prima si sente, poi c'è un fruscio, poi silenzio, poi fischi, tutto nel giro di un minuto; nel mezzo di questa baraonda scopriamo che lui non è affatto il tecnico della simultanea, l'hanno mandato quelli della fiera come rimpiazzo perché il tecnico della simultanea non si è visto. Conscio del macello che aveva fatto con l'impianto, il debosciato si sarà dato alla macchia temendo rappresaglie.
Dopo l'ennesimo tentativo fallito, l'uomo corre a chiamare rinforzi mentre io elaboro possibili piani B, tutti invariabilmente defenestrati perché una traduzione consecutiva a un convegno del genere è impensabile, o simultanea o morte. 
Quando il nervosismo ha ormai raggiunto vette himalayane, ecco materializzarsi un altro tecnico con un microfono a gelato e, dopo vari spippolamenti in zona mixer, qualcosa almeno si sente. 
E così finalmente possiamo iniziare la nostra meravigliosa conferenza i cui relatori, come da copione, si presentano ognuno con il proprio file di minimo cinquanta pagine.
Che care persone, gli auguriamo ovviamente ogni bene.

Concludo col botto: alla prima pausa vado in bagno e lì trovo il cartello che vedete qui a lato, appeso sopra un lavandino dentro cui è infilata una gomma verde di quelle da giardino, collegata a un rubinetto che esce dal muro.
Quel dopo averla usata continua a tormentarmi, usata per fare cosa? Nel bagno di un centro congressi? Si fanno il bidet? Lavano la macchina attraverso la finestra?


P.S. Apprezzerò qualunque ipotesi che getti luce sul mistero  :)



mercoledì 10 giugno 2015

A volte cerchi una griglia e trovi una zucca

A bordo di un bolide condotto con mano sicura dalla Piraccini, stiamo andando a vedere i Good Fellas che suonano alla Festa della Birra di Villafranca di Forlì.
Nonostante ci sia già un sacco di gente, troviamo un posto vicinissimo, qualcuno probabilmente è appena uscito; facciamo appena in tempo a rallegrarci dell'inaspettato colpo di fortuna, quand'ecco che la bmw davanti a noi fa una retromarcia repentina e  s'infila a tradimento nel parcheggio.
Mentre la Piraccini prosegue digrignando i denti, io mi dico che bisogna sempre reagire in modo positivo e costruttivo alle ingiustizie della vita e propongo di rigargli la macchina. Purtroppo l'immediata scoperta di un altro parcheggio libero spazza via la mia proposta. Gli è andata bene a quel rubaposti a tradimento.
Dopo una rapida e gustosa cena (per loro, io digiuno causa pranzo pantagruelico che mi ha quasi ucciso) inizia il concerto e, come spesso accade (vedi Il mio regno per il figlio di un vetraio), la gente poco a poco si assiepa in piedi davanti al nostro tavolo, senza neppure porsi il problema delle persone sedute dietro, della serie siete pure seduti, cosa volete di più?
Tra le particolarità della serata vorrei segnalare un uomo con maglia rosa che se ne sta in piedi davanti a noi e dondola. Dondola senza sosta e sempre alla stessa velocità, indipendentemente dalla canzone che il gruppo sta suonando, viene il dubbio che stia cercando di ipnotizzare qualcuno.
Fa comunque piacere vedere che costui ha molti amici che nel corso della serata si avvicinano per fare due chiacchiere, sempre rigorosamente in piedi, peccato non ce ne sia uno basso, evidentemente i bassi si sono seduti e anche solo per questo, noi li apprezziamo. 
Stremati ci spostiamo un po' più in là ma la iella ci segue, un tizio s'infila tra i tavoli e si mette davanti a noi in piedi; è da solo in mezzo ai tavoli circondato da gente seduta ma lui no, lui sta in piedi da solo e si distingue. Viene da pensare che se l'obbiettivo è quello potrebbe distinguersi anche buttandosi da un palazzo ma evidentemente non gli è venuto in mente. Peccato.
Mentre tentiamo di seguire il concerto tra una testa e l'altra, Gasperoni ci fa notare una giovine in piedi e quello che qualcuno definirebbe il suo lato B, essendo però che ella non è un disco, noi preferiamo chiamarlo sedere. Il sedere in questione è inguainato in un paio di leggins (leggi calze grosse) e fatto benissimo, con tutte le sue cose al posto giusto; deve essersene accorto il vecchietto in camicia scozzese seduto dietro di lei, ha l'espressione rapita di chi dubitava che la vita gli avrebbe riservato ancora belle sorprese, speriamo ci sia un'ambulanza nei paraggi in caso l'emozione sia troppo per il suo cuoricino.
Siamo nel bel mezzo del concerto, intorno alle 23 e, come un fulmine a ciel sereno, annunciato dal tipico casino della ferraglia stagionata, ci compare davanti un simpatico camion che, dopo un paio di incerte manovre, si posiziona di fianco al palco. Scopriamo che l'autista è venuto a portare via l'enorme griglia rotante usata per la carne ed evidentemente non poteva aspettare la fine del concerto, quella mezzoretta che presumibilmente manca, chissà forse a mezzanotte la griglia si traforma in una zucca.
Intanto al bar/cucina quelli dell'organizzazione fanno un casino inimmaginabile tra brindisi e cori alcolici, una roba che neanche gli ultras del Cesena quella volta che andammo in serie A. C'è da rimpiangere che non ci siano quelli della squadra opposta a menarli.
A un certo punto escono dalla loro gabbia e vengono a rompere le balle di fianco al palco, il pensiero che le loro urla di ubriachi non siano apprezzate quanto la musica del gruppo non li sfiora. L'ho scritto "ubriachi" vero? Per domani gli auguriamo tutto il variegato repertorio di postumi da sbronza: diarrea, nausee, vomito e aggiungerei anche un'unghia incarnita, il tutto senza rancore alcuno, ovviamente.
Inspiegabilmente il Cenerentolo alla guida del camion, pur avendo caricato tutto da almeno un quarto d'ora, è ancora in mezzo alle balle; chissà, forse pensa che la sua voiture aggiunga un tocco di classe alla serata.
Siamo ormai rassegnati alla nostra situazione quindi si ascolta il concerto allungando il collo a destra e sinistra, a fine serata saremo tutti fenicotteri; e invece, come per magia, tutti quelli in piedi davanti a noi poco a poco si dileguano e finalmente laggiù si vede il palco!
In quel momento finisce la canzone che i Good Fellas stavano suonando, Lucky saluta tutti e annuncia l'ultimo pezzo.
Si vede che era destino.

Concludiamo con la vera chicca della serata: durante tutto il concerto la gente non ha mai applaudito, sono stati sempre seduti ad ascoltare, alcuni cantavano le canzoni ma poi quando il pezzo finiva mi diventavano statue di cera.
Io, la Piraccini e Gasperoni, applaudendo con vigore, siamo riusciti a ricordare a qualcuno l'esistenza degli applausi ma saranno stati massimo una quindicina, e gli atri? Tutti monchi? Artritici? Edward mani di Forbice?
Il mistero continua.






lunedì 1 giugno 2015

La fede salta fuori quando meno te lo aspetti

La psiche della folla è un mistero insondabile, all'aumentare della densità umana in una stanza diminuisce inspiegabilmente il QI, un fenomeno noto ai più come invornimento collettivo. 
Arriviamo in aeroporto e raggiungiamo il gate ancora deserto (hostess non pervenute), trovandoci
davanti una fila interminabile di gente e trolley. 
In passato avrei trovato questa scena estremamente divertente ma perlomeno comprensibile, chi viaggiava con Ryanair infatti non aveva il posto assegnato e quindi se proprio volevi sederti accanto a qualcuno non ti restava che infilarti un pugnale tra i denti e gettarti nella mischia per accaparrarti due posti vicini; negli ultimi tempi invece la situazione è cambiata radicalmente con l'introduzione da parte della compagnia aerea del più civile sistema del posto numerato. 
Oddio, cambiata si fa per dire, almeno a giudicare dall'anaconda di passeggeri e bagagli che ho davanti agli occhi. 
La scena mi fa tornare in mente quella volta a Cuba che io e Rico decidemmo di prendere l'autobus per andare in spiaggia; anche in quel caso avevamo i biglietti numerati ma la gente continuava a spingere a destra e a sinistra tentando di avvicinarsi alla porta. A un certo punto, temendo che mi fosse sfuggito qualcosa causa lingua straniera, ho consultato una signora vicino a me: 
"Scusi, ma non abbiamo tutti i posti numerati?" 
"Sì"
"Ma allora perché tutti spingono, tanto entra solo chi ha il biglietto giusto!"
"Abitudine"
Evidentemente tutto il mondo è paese.
Iniziano finalmente a imbarcare e, dopo una buona mezz'ora, quando l'anaconda si è ormai ridotta a un'anguilla, io e Sara, la mia collega, ci alziamo e passiamo il gate pronte a salire sull'aereo, peccato che una volta varcato il maledetto cancelletto scopriamo che l'anaconda di cui sopra non è affatto scomparsa, si snoda allegramente per ben quattro rampe di scale, fin dentro all'aereo.
Tutto sto casino è dovuto al fatto che ci fanno salire solo dalla porta anteriore e ci vuole una vita, questo nonostante le posteriore sia già in posizione, il mistero s'infittisce.
Ci mettiamo tutti in fila rassegnati, pare che la cosa andrà per le lunghe... Inizia pure a cadere una leggera pioggerella, un po' come in Frankenstein Junior:
"Potrebbe andare peggio"
"E come?"
"Potrebbe piovere"
Finalmente ci danno il permesso di usare anche la porta posteriore e io che ho il posto numero 25 non me lo faccio dire due volte; guadagno finalmente il portellone d'ingresso e sto per sospirare di sollievo ma qualcosa non va, nonostante ci provi non riesco ad arrivare al mio posto perché parecchia gente con i posti dal 20 in poi è entrata dalla porta anteriore quando quella dietro ancora era bloccata e ora vuole che io mi faccia da parte per raggiungere il proprio posto. Credo che si chiami impasse.
Alla fine, grazie a un fine lavoro di coltello (leggi mettendomi di traverso e strisciando come una biscia) conquisto l'agognato posto e collasso, non ne ho proprio più da spendere...
Una penserebbe di averne avute abbastanza per una sola giornata e invece le sorprese continuano; all'arrivo in hotel scopriamo, per puro caso, che il convegno non si terrà i quell'albergo ma altrove, peccato che nessuno si sia preso il disturbo di informarci. Alla reception non sanno nulla ma hanno sentito altri ospiti parlare di una navetta alle 8 di mattina. Ringraziamo e  diamo la buonanotte, domani saliremo su quel maledetto pullman e speriamo che sia quello giusto altrimenti chissà dove finiamo...
In camera mi faccio una doccia e mi infilo a letto. Sono sul punto di spegnere quando mi arriva una mail dell'organizzatrice che, a mezzanotte e venti, ci manda gli interventi del giorno dopo e ci tiene a precisare che stava per dimenticarsene.
È così bello quando ti fanno sentire importante.
Faccio l'una per leggere almeno il primo intervento poi li maledico fino alla terza generazione e spengo la luce ripetendomi che domani è un altro giorno.
La sveglia suona alle 6.30, devo leggere almeno un altro discorso e farmi una doccia prima di uscire.
Li odio tutti.
I testi non sarebbero così difficili se fosse pomeriggio e io fossi comodamente seduta sul divano di casa mia ma la mattina presto in pigiama e con cinque ore di sonno all'attivo mi sembrano incunaboli.
Scendo a fare colazione e poi via sul pullman verso la misteriosa destinazione; almeno in teoria perché per minimo venti minuti ce ne stiamo seduti ad aspettare gli inevitabili ritardatari. Penso a quanto mi avrebbero fatto comodo venti minuti di sonno in più  e ricomincio a maledirli sottovoce, penseranno che sto recitando il rosario.
Non credo serva descrivere il resto della giornata, va da sè che una volta sopravvissuta a tutto quello che ho descritto mi poteva abbattere solo Godzilla. E almeno lui, grazie a Dio, aveva altro da fare.